Articolo pubblicato il 2 Gennaio 2025 da Bruno Santini
Il 2025 di Netflix in Italia si apre con Mica è Colpa Mia, film distribuito sulla piattaforma di streaming a partire dal 1 gennaio del nuovo anno. Umberto Riccioni è dietro la macchina da presa per un film scritto da Loris De Luna e prodotto da Gennaro Formisano, con le interpretazioni di Antonio Folletto, Laura Adriani, Vincenzo Nemolato e Saverio Picozzi. Un risultato molto semplice e genuino, in una commedia dai buoni sentimenti che permette di superare quella barbarie degli ultimi prodotti napoletani che finivano per credersi ciò che non sono e non possono essere: ma procediamo con ordine per mezzo della trama e della recensione di Mica è Colpa Mia.
Mica è Colpa Mia: la trama del film Netflix, di che cosa parla la commedia napoletana?
Nel sottolineare quale sia la recensione di Mica è Colpa Mia, il nuovo film Netflix che porta Umberto Riccioni dietro la macchina da presa, è certamente utile indicare innanzitutto quale sia la trama del lungometraggio in questione; si parla di Vito e Antonello, due fratelli che vivono di stenti e che si trovano in gravi difficoltà economiche: il primo è lavapiatti e cameriere in un ristorante, il secondo fa i “pacchi” tentando di racimolare qualche soldo. La loro situazione cambia quando arriva un avviso di pignoramento della casa di proprietà in cui vivono, cosa che potrebbe portare Vito a perdere l’affidamento esclusivo di suo figlio Napoleone: un’idea di Antonello potrebbe però cambiare le cose in meglio.
La recensione di Mica è Colpa Mia: genuinità e sentimenti in una commedia sufficiente
Il 2024 ha visto l’uscita al cinema, in due momenti dell’anno in cui l’attenzione per le sale cinematografiche è particolarmente elevata, di due film di Alessandro Siani: Succede anche nelle migliori famiglie e Io e te dobbiamo parlare, quest’ultimo con Leonardo Pieraccioni all’interno del cast. In entrambi i film l’attenzione riserbata al racconto è pressoché minima, con i due prodotti che hanno due soli obiettivi: il primo è quello di massimizzare i profitti dalle sale cinematografiche che hanno occupato massivamente nei giorni catartici e di grande attenzione del pubblico; il secondo è quello di costruire una narrazione Siani-centrica, che non avesse nessun elemento di costruzione narrativa, estetica o quanto meno morale, con elementi che vanno dalla famiglia all’omosessualità, dal lavoro all’economia, dal cibo alla cultura, totalmente vituperati entro una forma-sketch assolutamente disturbante, montata male e architettata peggio.
Perché si dice tutto questo, in apertura di recensione di Mica è Colpa Mia? Perché molto spesso c’è la tendenza che porta a pensare come la commedia napoletana, un genere che probabilmente sopravvive da molto più rispetto alle elaborazioni successive di commedie e rom-com nel nostro paese, sia ascrivibile soltanto a questa forma-monologo che in Alessandro Siani ha trovato il suo massimo interprete. In realtà, si scopre bene che ci sono tanti altri rappresentanti che perseguono questo scopo e che portano a personalizzare così tanto la funzione del cinema da relegarlo a mero fattore secondario, rispetto al rigonfiamento del proprio ego. Ecco, Mica è Colpa Mia ragiona piuttosto impoverendo e svestendo questi elementi, tornando piuttosto ad un’elaborazione semplice e genuina del cinema: quello spaghetto a vongole che Siani tanto immagina e di cui vorrebbe farsi portatore in Io e te dobbiamo parlare, ponendosi a contatto con la gente (quale?) e mostrandosi popolano e popolare pur se intriso di una certa arroganza spocchiosa. Il film di Umberto Riccioni incarna certamente la napoletanità nel suo semplice racconto: non soltanto perché si utilizza la lingua napoletana (o’ dialett’, come si dice nel film) o perché si inquadra la vivissima città nei suoi vicoli e nelle sue costruzioni più antiche, ma anche perché comprende un elemento spesso ignorato o travisato della forma dell’umorismo napoletano, che si ritrova nella semplicità e nel modo di giocare d’immediatezza, di mimica, di “arrangiamento” nella propria vita: stereotipi o topoi, per certi versi, ma che si fermano sulla soglia che separa l’edulcorazione del napoletano medio e l’insulto della cultura di cui si è portavoci. Il napoletano, in quanto soggetto rappresentabile o osservante, non è necessariamente un Pulcinella che grida o si rotola nel fango, non è un soggetto da slapstick reiterato e non è (questo va detto a caratteri cubitali) sicuramente stupido come invece gran parte del cinema nostrano tenderebbe a fare.
In Mica è Colpa Mia, evidentemente, lo si comprende: non è un racconto elaboratissimo, quello del film, e di sicuro non si ravvedono dei prodigi tecnici che facciano urlare al perfettamente riuscito. Il lungometraggio si risolve tutto in inquadrature semplici e schematiche, riprese con drone e camere fisse per la rappresentazione degli interni, ma è negli intenti puramente emotivi che si ritrova una certa sapienza, se non altro nella conoscenza della materia che viene trattata; Napoli è (anche) un luogo di gravi disastri edilizi e di problematiche urbanistiche, come viene sottolineato all’interno del film, dove il problema delle gare d’appalto si risolve molto spezzo in mazzette e corruzioni. I tre protagonisti del film gravitano, allora, in un micro-universo fatto di immediatezza e di sketch leggeri, mai dozzinali o esagerati nella loro messa in scena: qualche battuta che fa genuinamente ridere (come la paura di donnine basse e con vestiti a fiori), una storia d’amore verosimile, una sana armonia e chimica tra i personaggi. Nei poco più di 100 minuti totali, che sottolineano un problema e trovano la soluzione – e non importa se si riconosce quella forma di idealizzazione che comunque si confà al genere della commedia e alla sua pretesa di lieto fine -, c’è spazio per un’interazione semplice e riuscita tra i personaggi, che si uniformano bene ad un racconto che anche sul palcoscenico funzionerebbe perfettamente, suscitando ilarità nello spettatore. In fondo, allora, basta poco: sembra come la commedia, in Italia, debba necessariamente inventare chissà che cosa quando, in realtà, gli elementi esistono e funzionano perfettamente; lo dimostrava Sidney Sibilia con il suo Mixed by Erry e lo conferma Umberto Riccioni con un Mica è Colpa Mia che appare decisamente convincente.