Esce nelle sale italiane il 1 gennaio 2025 Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim, un film anime ispirato dalle opere letterarie di Tolkien e diretto dal regista giapponese Kenji Kamiyama. L’operazione artistica in questione è senza ombra di dubbio peculiare, a partire dalla bizzarra associazione tra l’epica saga fantasy e il genere anime. Altro elemento curioso è costituito dal cast interamente composto da attori britannici (tra cui spicca un ottimo Brian Cox come Helm), senza contare poi come, per gli standard attuali, il budget stanziato di 30 milioni sia risibile visto il calibro della produzione. Sembra che questi elementi non stiano tuttavia favorendo l’opera al botteghino, infatti al suo esordio negli Usa ha raccolto una magra cifra di 4 milioni di dollari. A tal proposito: com’è Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim? Di seguito la recensione del film.
La trama di Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim, film diretto da Kenji Kamiyama
Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim è l’ultima opera del regista giapponese Kenji Kamiyama, un film che torna a calcare la Terra di Mezzo ideata da Tolkien facendo necessariamente i conti con l’estetica della trilogia di Peter Jackson, nonostante sia ambientato centinaia di anni prima. Ma di cosa parla effettivamente il film? Segue la trama di Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim:
Ambientato 183 anni prima degli eventi della trilogia originale, “Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim” racconta il destino della Casata di Helm Hammerhand, il leggendario re di Rohan. Un attacco a sorpresa da parte di Wulf, un astuto e spietato signore del Dunlending in cerca di vendetta per la morte di suo padre, costringe Helm e il suo popolo a organizzare un’audace ultima resistenza nell’antica roccaforte di Hornburg – una possente fortezza in seguito conosciuta come il Fosso di Helm. Trovandosi in una situazione sempre più disperata, Héra, la figlia di Helm, deve trovare il coraggio di guidare la resistenza contro un nemico mortale intenzionato alla loro totale distruzione.
La recensione di Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim, di Kenji Kamiyama con Brian Cox
Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim ha sicuramente il pregio di essere un’operazione artistica che, nel sempre più omologato panorama odierno composto da sequel, prequel etc. fatti con lo stampino, sceglie di incamminarsi lungo una strada poco battuta, riadattando esteticamente dei canoni ormai fissi da 20 anni. Bisogna tuttavia premettere per onestà intellettuale che, come già successo con Gli anelli del potere, questo anime è profondamente debitore nei confronti della trilogia di Peter Jackson, a partire dalla colonna sonora (di cui fa un sapiente uso), e di conseguenza è necessario rassegnarsi al fatto che svincolarsi totalmente dall’estetica di quell’universo narrativo è pressoché impossibile e una vera propria cesura potrà essere messa in atto soltanto da una nuova generazione di artisti che, approcciandosi alla materia tolkeniana, non saranno cresciuti tenendo come punto di riferimento le meravigliose e irraggiungibili immagini create dal cineasta neozelandese.
Nonostante questo forte legame l’opera riesce, fatta eccezione per una scena di apertura piuttosto traballante, a reggersi sulle proprie gambe, persino migliorando con l‘avanzare del minutaggio. In tal senso Kamiyama si rivela essere un artista molto coraggioso ma mai sprovveduto, infatti prende di petto l’immaginario di riferimento, lo assimila e lo fonde con quello relativo al cinema anime di matrice puramente nipponica, dando vita a un’avventura fantasy a tratti profondamente coinvolgente. Oltre alle immagini, come già accennato, l’artista giapponese fa uso a piene mani della colonna sonora della trilogia di inizio millennio. Questa scelta avrebbe potuto avere esiti disastrosi, dal momento che per sorreggere la portata di una musica così magnificente si ha bisogno di immagini di pari calibro. La scommessa , per quanto concerne l’estensore di questa recensione, è stata vinta con un mix di ottimo design e astuzia registica. Kamiyama era infatti pienamente consapevole di non poter fare conto su di un ruggente apparato visivo, considerato l’esiguo budget, e ha quindi optato per una messa scena in cui le grandi masse e le scene di combattimento fanno spesso da cornice a duelli tra i protagonisti. Questa limitazione spinge l’autore a concentrarsi, con ottimi risultati, sulla cura dei dettagli e la creazione di atmosfere suggestive (nello specifico rimangono impresse le shakespeariane lugubri e spoglie sale del fosso di Helm, un crocevia di fantasmi e streghe) che sono in grado dopo pochi minuti di far riassaporare la vecchia Terra di mezzo e i suoi mistici paesaggi. Va messo in evidenza come non sempre le animazioni sia realizzate in modo impeccabile, tuttavia questo difetto di scusa ben volentieri tenendo a mente il budget risicato e la comunque ottima qualità del voice acting, messo in risalto da un Brian Cox sugli scudi.
Dal punto di vista della scrittura il film riesce egregiamente a reggersi sulle proprie gambe e nonostante i protagonisti non siano tutti irreprensibili, si ha la sensazione ancora una volta di assistere a una narrazione significativa dalle tinte epiche. Sfortunatamente due inserti finali, che risultano piuttosto avulsi rispetto al resto della narrazione, minano leggermente un epilogo che avrebbe potuto essere più incisivo. Fatta eccezione per questo particolare però il film procede senza intoppi e con un piglio avventuroso mette in scena una lotta tra famiglie che si tramuta in una per la sopravvivenza. Kamiyama farcisce tutti questi elementi con spunti visivi tra i più disparati (all’apparizione di una determinata creatura sarà impossibile non pensare all’estetica dello studio Ghibli), senza mai perdere però la sua identità. Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim, come già avvenuto per la tribolata trilogia dello Hobbit, rappresenta una piacevole appendice all’opera maestra diretta da Peter Jackson.