Recensione: Star Wars – Skeleton Crew 1×03: Un Interessante Problema Di Astronavigazione

La recensione della terza puntata di Star Wars – Skeleton Crew, attualmente disponibile su Disney Plus.
Star Wars Skeleton Crew: la recensione del terzo episodio

Articolo pubblicato il 12 Dicembre 2024 da Andrea Barone

Le prime due puntate di Star Wars: Skeleton Crew hanno riportato la saga creata decenni fa da George Lucas su un’impostazione che omaggia il cinema d’avventura degli anni 80 grazie alla scelta dei giovani protagonisti e delle atmosfere. Dopo aver dettato le basi visive, le nuove scelte della storia continuano a mostrare una narrazione convincente o cominciano a far notare i primi tentennamenti? A seguire la recensione del terzo episodio della serie, intitolato Un Interessante Problema Di Astronavigazione ed attualmente disponibile sulla piattaforma streaming Disney Plus.

La trama di Star Wars – Skeleton Crew 1×03

Le vicende di Star Wars: Skeleton Crew sono ambientate dopo la fine di Star Wars: Il Ritorno Dello Jedi ed anni prima degli eventi di Star Wars: Il Risveglio Della Forza, con una timeline che è coerente con quella del Mandoverse, anche se non è ancora stato specificato quanto il capitolo sarà collegato all’universo condiviso creato da Dave Filoni. Con la nuova puntata ci sono ulteriori approfondimenti sulla mitologia di Star Wars ed infatti questa presenta la seguente trama:

Su At Attin, Wendle, Fara, la madre di Neel, Nooma, e i genitori di KB, Maree e Garree, vengono informati da un droide di sicurezza che, poiché i ragazzi hanno oltrepassato la barriera, la zona è fuori dalla giurisdizione dei droidi. Jod aiuta i ragazzi a fuggire dalla prigione, ma si rifiutano di andarsene senza SM-33. Inoltre, nonostante Jod sia capace di usare la Forza, Fern e KB non sanno se fidarsi di lui: chi è davvero questa strana figura che ha bisogno di scappare dal pianeta?

Star Wars Skeleton Crew la recensione della terza puntata

La recensione del terzo episodio di Star Wars – Skeleton Crew

Al di là dell’eccellenza tecnica, con scenografie maestose ed effetti analogici che non fanno dubitare una sola volta che le creature mostrate siano vere (anche la CGI non presenta più dei difetti di luce evidenziati nelle puntate precedenti), le atmosfere scelte continuano ad avere un’impostazione più che convincente. Un esempio è l’utilizzo di SM-33, un robot che somiglia ad uno scheletro vivente con una carica espressiva eccezionale. Il personaggio è una creatura altamente tecnologica, eppure l’atteggiamento e le movenze sono quelle di un pirata burbero, senza contare il già citato design che potrebbe tranquillamente essere una creatura di Ray Harryhausen proveniente da Il Settimo Viaggio Di Sinbad. Questa unione tra la fantascienza moderna ed il più classico dei racconti d’avventura per ragazzi (i quali, prima del lancio sulla Luna, andavano a parare sui pirati, sui cavalieri e sugli eroi del Far West) ricalca in modo egregio quel ritorno alle atmosfere originali della saga di Star Wars che, paradossalmente, risultano essere una boccata d’aria fresca per il franchise che negli ultimi anni ha preso una direzione più seria e cupa per quanto riguarda l’ambito seriale.

Il personaggio di Jod, interpretato da un eccellente Jude Law, sembra ricalcare la figura di John Silver nell’opera letteraria L’Isola Del Tesoro scritta da Robert Louis Stevenson: un personaggio che ha carisma per cui è facile tifare, ma che nasconde oscuri segreti che potrebbero compromettere l’incolumità dei protagonisti. Eppure, nonostante il personaggio sia visibilmente razzista nei confronti dei droidi, quest’ultimo non sottovaluta mai i bambini e mostra rispetto per loro, affidando incarichi che in un altro contesto sarebbero follia pura (sebbene ciò sia dovuto anche alle circostanze fortuite). In questo modo la serie continua sull’idea di sogno vivente attraverso cui lo spettatore bambino si immedesima in uno dei protagonisti perché vorrebbe stare al suo posto (infatti l’immersione di Wim, che si esalta nell’entrare nel vivo dell’azione, è una delle sequenze più rappresentative dell’intera saga creata da George Lucas). Su questo punto è interessante anche il fatto che Wim, in quanto bambino più sognante e affascinato dai miti, si lasci subito trascinare dalla figura di Jude Law che ricorda quella di un Jedi, mentre Fern, la quale è da sempre più razionale del suo compagno, vede molto di più il suo lato da canaglia. Wim è troppo ingenuo oppure Fern è troppo chiusa? Sarà interessante vedere se la serie calcherà questo contrasto tra la speranza e la consapevolezza del mondo crudele (rappresentato da Star Wars da quando lo stesso Lucas ha inserito impianti più realistici nella trilogia prequel).

Star Wars Skeleton Crew: episodio 3, recensione

L’identità di Star Wars – Skeleton Crew

Con il proseguire dei vari colpi di scena, ci sono nuovi approfondimenti dell’universo di Star Wars, i quali mostrano come diversi mondi sembrino quasi distaccati da ciò che è avvenuto nella trilogia originale, cosa che spiega per quale motivo At Attin appaia come un pianeta immerso nelle leggende. Al di là dell’interessante concetto di chiusura tra varie culture e il rifiuto di aprirsi al futuro per paura dei pericoli, il quale potrebbe continuare il discorso già citato che confronta la speranza con la razionalità, la cosa è un interessante pretesto per trasformare il pianeta in una meta simile a quella di un’isola da raggiungere perché c’è un tesoro sepolto. Se per Jod il tesoro da raggiungere è probabilmente qualcosa di fisico dal valore inestimabile, per i ragazzi il tesoro significa tornare a casa. Tutto ciò è un’idea paradossale, dal momento che l’intera serie si basa su dei giovani protagonisti che si sentono distaccati da una società cinica e bramano la voglia di affrontare nuove avventure, richiamando appunto all’idea cinematografica di Steven Spielberg in cui i giovani sognatori si immergono in una storia tramite l’esplorazione di nuovi mondi che permette la ricerca di sé stessi.

Eppure il ritrovamento dell’identità e della crescita sembra stavolta coincidere con la ricerca della propria casa, richiamando il bisogno di rivedere i propri cari e ritrovare una certezza nel luogo in cui si è nati esattamente come il percorso di Dorothy nel lungometraggio Il Mago Di Oz diretto da Victor Fleming, altro classico del cinema per ragazzi. A questo punto ci si chiede in che direzione la serie andrà a parare, dal momento che fare amalgamare due ideologie opposte non è semplice, ma proprio per questo ciò risulta estremamente intrigante e mostra che la semplicità della serie presenta anche ambizioni più alte. Il terzo episodio di Star Wars: Skeleton Crew non rende solo la storia divertente grazie all’ottima tecnica che fa sognare i giovani spettatori in un trionfo di effetti pratici ed un sapiente utilizzo di CGI, ma getta anche una base molto interessante per creare un’unione tra più concetti che riflettono sulle generazioni future, rifacendosi alle più importanti opere del cinema per ragazzi che riportano una nuova luce nel franchise.

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