Articolo pubblicato il 12 Dicembre 2024 da Bruno Santini
Con il suo consueto appuntamento, DanDaDan giunge al suo 11esimo episodio, ad uno dal termine della prima stagione. L’anime, che porta sullo schermo il manga omonimo di grandissimo successo tra i lettori, sta ottenendo un grandissimo numero di visualizzazioni e, soprattutto, una fortissima attenzione da parte degli spettatori, considerando anche il lavoro di animazione realizzato da parte di Science SARU, qui impegnato in una fine opera dal punto di vista tanto estetico quanto cromatico. Ma qual è il risultato dell’undicesimo episodio DanDaDan, dal titolo Il primo amore, che porta sullo schermo un nuovo personaggio pronto ad essere protagonista del futuro dell’anime? Per scoprirlo, si indica di seguito la trama e la recensione di DanDaDan 1×11, Il primo amore.
La trama di DanDaDan 1×11, Il primo amore
Prima di proseguire con la recensione dell’undicesimo episodio di DanDaDan, è importante considerare innanzitutto la trama di quest’ultimo, dal titolo Il primo amore: come visto alla fine del decimo episodio, alla porta di Momo-Ayase e sua nonna si presenta un nuovo ragazzo, di nome Jiji, che conosceva la protagonista dell’anime quando i due andavano alle elementari e che è stato il primo amore di quest’ultima. Il motivo per cui Jiji si trasferisce a casa di Momo è legato alla presenza di strani spiriti nella sua casa, che hanno portato alla morte dei suoi genitori e al suicidio di tre medium che hanno tentato di sconfiggerli: sarà Momo-Ayase, con Okarun, a dover comprendere come fare per liberarsi di queste presenze sinistre. Intanto, il nuovo ragazzo si integra all’interno dell’istituto con le classiche dinamiche scolastiche di DanDaDan, fino all’arrivo di un nuovo particolare spirito che sembra non essere interessato a danneggiare i protagonisti dell’anime, pur avendo con sé l’altro testicolo di Okarun.
La recensione dell’undicesimo episodio di DanDaDan: un breve filler intriso di citazionismo
Si avvicina sempre più il tanto atteso finale di stagione di DanDaDan, per il quale si è sicuramente molto trepidanti, a seguito di quanto di buono è stato osservato su Netflix (e non solo) nel corso delle settimane. La storia di Okarun e Momo-Ayase, arricchita per qualche episodio anche dall’intercedere di Aira, è diventata adesso una narrazione a quattro, che prevede anche l’introduzione del personaggio di Jiji, che porta con sé alcune dinamiche classiche dello shonen (attrazione femminile, atteggiamento grottesco, muscolatura pronunciata) e di uno stile di racconto e di animazione particolarmente gradito allo spettatore orientale. Per questo motivo, non ci si deve sorprendere se parte della narrazione non prosegue spedita com’è solito accadere nel contesto di DanDaDan, ma si accontenta piuttosto di una componente filler che appare certo fuori forma e posto, alla fine di una stagione, ma che sembra riflettere più a proposito del futuro dell’anime: archiviata gran parte dell’esperienza della prima stagione, in effetti, DanDaDan si è confermato come anime assolutamente eccezionale e, soprattutto, in grado di conquistare spettatori in itinere, non soltanto in virtù del suo meritatissimo passaparola positivo, ma anche per la maturità con la quale sa cambiare tono e tipologia di racconto costantemente.
È nello stesso episodio di Il primo amore che ci si può rendere conto di quanto grande sia la versatilità dell’anime, che sa far evolvere e involvere continuamente e vorticosamente i suoi personaggi, in questo caso coinvolgendo la figura di un Jiji che passa dall’essere portatore di sana ironia al diventare il messaggero di un messaggio piuttosto complesso e minaccioso. Questa costante evoluzione si avverte non soltanto grazie al grandissimo lavoro di caratterizzazione dei personaggi, ma anche dalla banalissima (ma pur efficace) tendenza al dettaglio in termini di disegno e di animazione, là dove alcuni dettagli grossolani del momento più goffo lasciano poi spazio alla cura estetica di ogni minimo elemento grafico quando il racconto ha, invece, bisogno di un’attenzione maggiore. E, in tutto ciò, ritorna anche un altro valore aggiunto dell’anime, che ha sempre sorpreso per la sua capacità di citare in maniera sana e convinta, immettendosi all’interno di una cultura occidentale a cui certamente strizza l’occhio, non risolvendo mai la citazione in un qualcosa di becero e fine a se stesso, ma ben caratterizzandola e, anzi, conferendole il giusto spazio e valore, quasi come se si trattasse di un omaggio o di una dichiarazione d’intenti. Lo spirito che a tinte viola tiene gli occhi di Jiji aperti per farsi osservare è, allora, un palesissimo omaggio alla cura Ludovico di Stanley Kubrick nel suo Arancia Meccanica, mentre il mostro che corre con il suo corpo per metà robotico e per metà privo di pelle e carne riporta alla mente il Gigante Colossale di Attack On Titan, costantemente omaggiato all’interno della serie, specie quando si mostra la corsa dei personaggi (e, non a caso, si tratta di un demone molto veloce).
Certo è che chi mal sopporta i filler potrebbe obiettare dicendo che l’undicesimo di DanDaDan è uno sterile elemento di passaggio, ma bisogna pur sempre – e costantemente – costruire la propria narrazione dalle fondamenta, per giustificare poi quelli che saranno i temi determinanti del roseo futuro che ci si aspetta: a proposito di temi, ad esempio, ritorna quello del remix di Kensuke Ushio dell’overture finale del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini, che era stato già presentato in occasione del quarto episodio e che aveva stupito gli spettatori per la sua capacità di unire delle realtà così apparentemente distanti tra loro. Con un finale di puntata che, illuminando i due personaggi alieni intrisi del loro amore e della passione che si esercita tra corpi non vivi e una discarica sullo sfondo, sembra quasi essere il manifesto di ciò che DanDaDan può e vuole essere, ci si riaggiorna allora al finale di stagione con il dodicesimo e ultimo episodio dell’anime.