Articolo pubblicato il 10 Dicembre 2024 da Christian D’Avanzo
Better Man è un film di genere biografico, drammatico, commedia e musicale scritto e diretto dallo stesso regista di The Greatest Showman (2017), Michael Gracey, distribuito nelle sale cinematografiche Italia e a partire da giovedì 1° gennaio 2025 grazie a Lucky Red. Proprio tramite un’iniziativa della nota casa di distribuzione, è stato possibile prendere parte all’anteprima del lungometraggio, il quale è basato sulla vita del cantante britannico Robbie Williams, nei The Space Cinema di tutta Italia venerdì 6 dicembre 2024, in collegamento con l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma. Tra l’altro, all’interno dell’Auditorium si è esibito Robbie Williams dopo la proiezione del film, mentre prima si è tenuto un Q&A moderato da Alessandro Cattelan. Com’è e di cosa parla il film biopic su Robbie Williams? Di seguito la trama e la recensione di Better Man.
Better Man: la trama del film biopic su Robbie Williams
Tramite un espediente estetico-narrativo alquanto particolare, Robbie Williams decide di condividere con il pubblico i passaggi chiave della sua vita e della sua carriera. La popstar inglese si racconta facendo sì che l’ordine cronologico della narrazione segua gli eventi così come percepiti, ma soprattutto opta per conferire a se stesso l’aspetto di una scimmia, la quale sembra provenire direttamente da un film reboot della famosa saga fantascientifica.
La trama di Better Man comincia dall’infanzia del cantante passando al fondamentale periodo con i Take That, fino ai grandi successi e ai record raggiunti e superati come artista solista, senza dimenticare, nel mentre, le sfide, le sofferenze, i dolori, le dipendenze sviluppate da Williams. C’è anche spazio per un brano originale, tra parentesi candidato nell’apposita categoria ai Golden Globe 2025, intitolato Forbidden Road. La voce della scimmia protagonista è, in originale, di Robbie Williams in persona, che tra l’altro nel 2002 pubblicò la canzone Me and My Monkey.
La recensione di Better Man: si tratta davvero di un biopic rivoluzionario?
Quando ci si approccia ai biopic basati sulla vita dei cantanti più conosciuti al mondo, c’è sempre la paura di osservare racconti edulcorati, cinematograficamente piatti e senza alcuna vera funzione se non quella esclusivamente celebrativa. Gli esempi sono numerosissimi, e giusto per citarne un paio appartenenti alla casistica sopradescritta, si possono allora tirare in ballo Bohemian Rhapsody (2018), Rocketman (2019) e il più recente Elvis (2022). Se quest’ultimo nella prima parte elabora un interessante parallelismo tra la figura della rockstar e quella moderna del supereroe, accentuato come si deve dallo stile di Baz Luhrmann, nella seconda parte cade strutturalmente e diventa un biopic tradizionale come gli altri due film citati, nel senso dispregiativo del termine. Sembra allora che, poco dopo il successo al botteghino di Bohemian Rhapsody e il plauso della critica con tanto di premi Oscar (e non solo) assegnati al lungometraggio dedicato ai Queen, questo filone biografico abbia già stancato un po’ tutti.
Qual è, di conseguenza, la mossa per tentare di rivitalizzarlo sul piano artistico quanto su quello economico? Giocare con un espediente narrativo in grado di destare clamore, prima di tutto in ambito mediatico. Vedasi Piece by Piece, distribuito al cinema in Italia dal 5 dicembre 2024, che racconta la vita di Pharrell Williams in versione Lego; ma si arriva poi a Better Man, che ci interessa in questa sede, dove Robbie Williams assume invece le sembianze di una scimmia per tutta la durata del racconto. Inizialmente tale scelta poteva indispettire per il suo apparente nonsense, o avrebbe potuto causare un distacco emotivo per l’eventuale assenza di empatia tra gli spettatori e il protagonista, eppure la CGI è sempre credibile, mette anzi in risalto l’espressività di Williams tramite i suoi occhi, qui scannerizzati e inseriti sul corpo dell’animale. Dunque, il fatto che la popstar non compaia mai è un pregio, sia per evitare cadute stilistiche relative alla probabile scarsa recitazione, che per lasciar emergere al meglio alcune sfumature sentimentali e intime.
La scimmia è un modo per osservare la vita del cantante da un’altra prospettiva, e Williams sembra aver voluto condividere con tutti il suo essersi sentito quasi sempre alienato rispetto alla società e, di conseguenza, in confronto agli altri individui, che nel film sono persone umane non a caso. Al contrario, è altamente probabile che se ci fosse stato un attore a interpretare il cantante inglese, con un’altra voce, il pubblico avrebbe fatto fatica a empatizzare con lui, anche solo a credere al racconto della sua vita. Come se non bastasse, Robbie Williams è riuscito a imprimere la sua personalità al film, per cui si è ottenuta una miscela esplosiva dove si passa da un genere all’altro con una coesione, o talvolta con una frantumazione delle immagini, davvero interessanti: ci sono infatti sequenze comiche, altre drammatiche, alcune da musical, tra cui si alternano momenti di coesione fluida e frantumazioni intenzionali che risultano particolarmente suggestivi per l’effetto dinamico che creano. Il montaggio da questo punto di vista gioca un ruolo cruciale, poiché offre una continuità estetico-narrativa d’impatto, con dissolvenze e raccordi invisibili, dato che si tende a riprendere il movimento di un personaggio o la forma di uno specifico oggetto da un’inquadratura all’altra, o con stacchi contrastanti ma immersivi.
Ciò giova enormemente all’aspetto drammaturgico del film, conferendogli persino leggerezza in alcuni momenti, come ad esempio la sequenza da puro musical ambientata, girata e coreografata in Regent Street, che è davvero travolgente. In Better Man non manca il sapiente uso delle canzoni, qualche volta si abbatte persino il confine tra film e videoclip, riassumendo determinate fasi salienti della vita del protagonista con immagini e melodie famose. Si tratta di un’intuizione furba, e in positivo, poiché la maggioranza dei biopic di questo tipo cadono nella fretta di raccontare tutto in pochi minuti con un tono serioso, adottando una soluzione abbastanza goffa. Il film su Robbie Williams è allora una rivoluzione per il genere a cui appartiene? No, o almeno non fino in fondo, poiché sarebbe stato affascinante poter godere di più sequenze da musical puro, alla Wicked per citare un altro prodotto recente, o di altri elementi inaspettatamente da film horror, come quello proposto nel film, quando c’è un altro sé scimmiesco a incarnare la paura di fallire, il sentirsi sempre inadeguato (non ricorda, alla lontana, Smile 2?), tanto che verso la fine prende vita un mirabolante scontro all’ultimo sangue durante un concerto.
Nel guardare Better Man, ci si trova di fronte un’opera stimolante ma che finisce comunque col condividere alcuni difetti tradizionalmente appartenenti ai biopic. Di fatto, soprattutto nel finale del film, varie sottotrame vengono risolte in maniera troppo semplicistica, giusto perché si deve chiudere la narrazione e il prodotto in questione non può presentare una durata di quasi 2 ore e 30. Ciò che si recrimina a Better Man è dunque la gestione delle persone che hanno gravitato attorno la figura di Williams, proprio perché assumono i connotati negativi di personaggi secondari che entrano ed escono di scena senza lasciare effettivamente granché. Diventa allora un one man show sopra la media, con una comunicazione intima e visivamente impattante nella sua essenza teatrale (come è Williams), essendo in grado di comunicare ciò che l’artista, insieme al regista, ha voluto trasmettere al mondo. Si traggono le conclusioni affermando che Better Man è un biopic suggestivo e non edulcorato – la droga e i suoi effetti si notano -, e già questo è un ottimo risultato considerando i precedenti, ma è anche un’operazione dal grande potenziale; peccato solo per non aver osato ancora di più.