Articolo pubblicato il 5 Dicembre 2024 da Christian D’Avanzo
Nightbitch è un film che mescola la commedia e il body horror, diretto da Marielle Heller, regista conosciuta per Copia originale (2018) e per Un amico straordinario (2019), entrambi presenti agli Oscar. Quest’ultimo suo lavoro è ispirato dall’omonimo romanzo del 2021 della scrittrice Rachel Yoder, mentre la stesura della sceneggiatura è frutto della collaborazione tra la Heller ed Amy Adams, produttrice e protagonista del film. In Italia non si sa ancora qual è la data ufficiale di distribuzione di Nightbitch, ma è stato presentato in anteprima fuori concorso al TFF 2024. A tal proposito, di cosa parla il film di Marielle Heller e com’è qualitativamente? Di seguito la trama e la recensione di Nightbitch.
Di cosa parla Nightbitch? La trama del film con Amy Adams
Nightbitch è un film commedia, con un elemento body horror, abbastanza atteso dal pubblico statunitense, sia per il nome della regista che per l’attrice protagonista, qui al suo primo lungometraggio di questo genere. Entrando in più nello specifico, di cosa parla Nightbitch? Di seguito la trama del film con Amy Adams, così come riportato sul sito ufficiale del TFF 2024:
“Diventata madre, un’ex artista si è trasferita nei sobborghi, dove si prende cura del figlio e aspetta che il marito torni dal lavoro. Esausta per la fatica e la solitudine, comincia a cercare qualcosa di diverso fuori dalla sua abitazione, sentendo emergere un po’ alla volta qualcosa di primordiale e selvaggio. E se fosse la sua vera natura quella di somigliare sempre più a un animale? Amy Adams sconvolgente in questa ironica, devastante riflessione sulla maternità.”
La recensione di Nightbitch, un film che perde progressivamente credibilità e si trasforma in retorica spicciola
Un esempio di cinema che non fa leva sulle immagini, ma anzi, le offusca per far primeggiare le parole. Nightbitch corrisponde a tale descrizione, poiché l’ultimo lavoro di Marielle Heller sacrifica del tutto la forma per far prevalere un contenuto fortemente ampolloso. Nonostante l’indubbia qualità dell’attrice protagonista, ovvero una Amy Adams sul pezzo che riesce comunque a caricarsi il film sulle spalle sin dalle prime battute, Nightbitch è un prodotto che perde progressivamente credibilità e si trasforma in retorica spicciola. L’incipit fa delle promesse che non vengono poi mantenute, dato che l’umorismo grottesco e stranamente (in positivo) cinico messo in scena dalla Adams si perde in un nulla di fatto, così come il body horror, fattore che qui risulta essere soltanto un mero pretesto.
Infatti, la narrazione di Nightbitch in 98 minuti circa si prende la briga di mostrare la (anti)climatica trasformazione fisica della protagonista, madre frustrata e rilegata tra le mura domestiche mentre il marito è al lavoro, ma diluendola con fare superficiale. La bestialità non prende mai davvero il sopravvento sull’istinto materno, al contrario, a dominare è un perbenismo formato da stereotipi fin troppo pedanti. L’assenza di forza, che il film avrebbe dovuto invece trovare nella sua componente body horror, crea un cortocircuito tra il simbolismo dell’opera e il suo nucleo narrativo: tutto, ad un certo punto del lungometraggio, verte esclusivamente sul rapporto tra moglie e marito. Il messaggio sulla maternità arriva chiaramente a chi osserva, anche perché c’è un asfissiante voice over a spiegare con costanza il significato delle immagini, come se non ci si potesse arrivare in autonomia.
Nightbitch conclude la sua goffa parabola con una sequenza da “e tutti vissero felici e contenti” dove la protagonista riscopre se stessa, accompagnando le immagini con un monologo ripetitivo e stantio. La trama non acquisisce mai la potenza auspicata, risulta vacua nella speranza che prima o poi prenda una direzione ben precisa, e alla fine si limita a riportare in auge cliché matrimoniali senza alcuna ispirazione artistica. Insomma, si tratta di un modo di fare cinema quasi pedagogico, per nulla stimolante e per di più respingente per la sua verbosità. Marielle Heller avrebbe forse voluto realizzare un film “particolare”, e invece cade nella trappola della rappresentazione convenzionale pur di strappare qualche lacrima e qualche risata, soprattutto a chi è genitore, probabilmente.