Articolo pubblicato il 4 Dicembre 2024 da Andrea Barone
Dopo la conclusione di The Acolyte: La Seguace, l’universo di Star Wars torna in una linea temporale molto più familiare, per quanto i protagonisti siano completamente inediti rispetto a tutte le altre storie raccontate fino ad ora sia al cinema che in televisione. Si sta parlando della serie Star Wars: Skeleton Crew, rilasciata dalla LucasFilm come un appuntamento spaziale perfetto da vedere nel periodo di Natale, ma sarà davvero così? A seguire la recensione dei primi due episodi, intitolati rispettivamente Questa Sarebbe Una Vera Avventura e Lontani Dalla Barriera, entrambi attualmente disponibili sulla piattaforma streaming Disney Plus.
La trama di Star Wars – Skeleton Crew 1×01 e 1×02
Star Wars: Skeleton Crew è ambientato dopo la fine degli eventi di Star Wars: Il Ritorno Dello Jedi e fa parte del Mandoverse, universo condiviso che tiene conto delle vicende avvenute in The Mandalorian, The Book Of Boba Fett e Ahsoka, anche se non è ancora chiaro se e quanto questa nuova serie avrà delle connessioni con i progetti appena menzionati. Infatti i primi due episodi presentano la seguente trama:
“Sul pianeta di At Attin vivono Wim e Neel, due bambini che frequentano le medie e sono entrambi amanti delle storie riguardanti i Jedi, soprattutto Wim che, diversamente dal suo compagno molto dedito allo studio, sogna di diventare un cavaliere e spera, prima o poi, di vivere una grande avventura. Dall’altra parte del quartiere vivono Fern e KB: la prima è una ragazza che adora fare cose spericolate per ravvivare le sue giornate noiose, mentre l’altra è un’appassionata di robotica che aiuta la sua amica a trovarle gli attrezzi più adatti alle sue imprese. Un giorno entrambe le coppie si incontrano e si ritrovano all’interno di un rifugio tecnologico abbandonato, salvo scoprire poi che si tratta di un’astronave che per errore viene attivata. I quattro bambini, bloccati all’interno del veicolo, sono improvvisamente persi nello spazio e devono trovare un modo per tornare a casa, nella speranza di non cadere nelle grinfie di pericolosi pirati spaziali.”
La recensione dei primi due episodi di Star Wars – Skeleton Crew
Per quanto riguarda il lato visivo, la serie parte in modo sicuramente soddisfacente. Le riprese di Jon Watts e soprattutto quelle di David Lowery sono molto efficaci perché le inquadrature sono ad altezza di bambino, specialmente nei momenti in cui i protagonisti esplorano luoghi sconosciuti, facendo percepire il senso di straniamento e di impotenza rispetto alla grandezza delle scenografie e all’aspetto delle creature. A tal proposito, gli animatronics sono perfetti ed hanno una tecnica impressionante, che siano creature mostruose o robot altamente sofisticati. Straordinaria l’interazione di Neel con gli altri bambini protagonisti, poiché il piccolo alieno munito simile ad un elefante è straordinariamente espressivo nonostante gli occhi giganteschi e la lunga proboscide, con una grande armonia tra corpo e movimenti facciali tenuti insieme da parti meccaniche encomiabili che lo rendono uno dei costumi prostetici più convincenti che siano stati realizzati nelle produzioni audiovisive degli ultimi anni. Buoni gli effetti in CGI, i quali sarebbero migliori se non fosse per le fastidiose soluzioni di fotografia, la quale viene resa più scura e grigia per cercare di mantenere l’illusione dell’assenza di green screen. L’effetto non è sgradevole, ma è indubbio che altre serie abbiano saputo ottenere la cosa in modo decisamente più efficace. Non sorprende che la serie sia paragonata a Stranger Things, dal momento che fin dalle prime immagini è piuttosto evidente l’omaggio a I Goonies che già era espresso nell’opera Netflix.
Infatti l’opera inizia esattamente allo stesso modo, con l’azione incentrata sui probabili villain della storia, con la differenza che qui si tratta di pirati spaziali che assaltano una nave piuttosto che di criminali che evadono di prigione sfuggendo alla polizia. Gli attori bambini scelti per il casting sono perfettamente calati nella parte, dando sempre l’impressione di divertirsi sul set senza tralasciare mai il lato drammatico delle loro performance, causati dalla tipica insicurezza infantile. Ognuno di loro ha una precisa personalità: Wim è un bambino perennemente entusiasta con la testa fra le nuvole e profondamente impulsivo, mentre Neel è un piccolo alieno molto più razionale e più inerente a spaventarsi con facilità, ma è un amico leale che prova un grande affetto per Wim. Fern invece è la più tosta del gruppo, nonché la più furba perché molto brava a costruire menzogne, anche se la sua sfrontatezza nasconde una profonda paura ed è probabile che i successivi episodi esploreranno maggiormente questo lato, così come il legame che c’è con KB, il personaggio che più di tutti richiama ad uno dei bambini presenti nel già citato classico Richard Donner, poiché è un piccolo genietto molto simile a Richard Wang. Questi quattro personaggi così diversi tra loro hanno un’alchimia incredibile e permettono tante immedesimazioni nei giovani spettatori. Inoltre sembra una cosa scontata, ma è molto bello il fatto che quattro giovani personaggi appartenenti ad etnie e generi diversi (uno di loro è persino un alieno che con gli umani sembra c’entrare poco e nulla) interagiscano con normalità, a prescindere che quest’ultima sia accompagnata da abbracci o litigi. L’idea quindi abbraccia totalmente la base di Star Wars, in cui individui fisicamente diversi si conoscono fin dall’infanzia ed è un ottimo esempio per i piccoli spettatori che vengono ispirati dalle storie, esattamente come Wim urla “Wow” ad ogni pirata o astronave che vede.
L’avventura di Star Wars – Skeleton Crew
Durante la visione della saga di Star Wars, quanti spettatori, che hanno visto i film da bambini, hanno sognato di partire verso le stelle ed entrare nel mezzo dell’avventura, giocando a comportarsi da adulti ed affrontando mostri misteriosi? La serie è la trasposizione fisica di questo concetto, con l’immaginazione dei ragazzi che estende i propri orizzonti. La ricerca di una meta ispirata alle storie dei propri eroi sembra anche toccare corde molto sensibili del significato del cinema, con Wim che sogna in grande anche per collimare l’assenza del padre, il quale lavora tanto e sta lontano dal figlio nonostante tenga a lui. Il rifugio del sogno però è in contrasto con la società più razionale e non sembra esserci spazio per un bambino che sente il peso delle aspettative su di lui (deve superare un esame attraverso cui verrà determinato il proprio futuro già ad 11 anni). Infatti il viaggio verso casa, realizzato involontariamente anche per sfuggire allo stress di uno studio, sembra dunque una forma di ribellione per inseguire la ricerca di sé stessi. Se Wim sembra un ragazzo che non vuole crescere e che deve affrontare nuove responsabilità (come il Peter Parker di Jon Watts, ideatore e showrunner) ma che allo stesso tempo prova repulsione nel crescere (come il Peter Pan di David Lowery), Fern sembra una ragazza che invece sembra cresciuta troppo in fretta ed è interessante il modo in cui risponde a tono per ottenere attenzione. Gli altri bambini probabilmente riceveranno una migliore caratterizzazione con il passare delle puntate. I primi due episodi di Star Wars: Skeleton Crew riportano la saga creata da George Lucas al principio di base, ricordando che le Guerre Stellari sono nate come rifugio per far sognare i giovani spettatori contro una realtà che opprime l’immaginazione, esattamente come il film stesso nel 1977 voleva differenziarsi dalla cupa Nuova Hollywood. Questa lettera d’amore a Lucas, che si rifà poi anche al cinema di Steven Spielberg e a quello di Richard Donner, risulta essere non solo tenera, ma anche spettacolare, fondendo la claustrofobia dello spazio con l’eccitazione dell’avventura attraverso momenti spettacolari e gag divertenti in una storia che risulta potenzialmente avvincente.