Articolo pubblicato il 2 Dicembre 2024 da Bruno Santini
Giunta al suo terzo episodio, Dune: Prophecy è arrivata a metà del suo percorso, uno step particolarmente atteso dagli spettatori in vista di ciò che può riserbare il futuro della miniserie che porta sullo schermo quanto raccontato da Brian Herbert e Kevin J. Anderson nel ciclo di Legends of Dune. Attraverso l’episodio La Sorellanza prima di tutto, che rinuncia a mostrare alcune figure come quelle di Vorian Atreides, Javicco Corvino, Desmond Hart e Ynez, si può tornare indietro nel tempo analizzando il passato di Valya e Tula Harkonnen: ma con quale risultato? Per considerarlo, si indica di seguito la trama e la recensione di Dune: Prophecy 1×03.
La trama di Dune: Prophecy 1×03
Prima di proseguire con la recensione del terzo episodio di Dune: Prophecy, si vuole indicare innanzitutto la fitta trama della puntata 1×03, dal titolo La Sorellanza prima di tutto; a seguito del tradimento di Dorothea che si impossessa di Lila durante il processo di Agonia, Tula è in procinto di salutare definitivamente una delle più promettenti iniziate della Sorellanza, mentre il passato di Valya e Tula ritorna ingombrante per motivi differenti. Valya, ripudiata dalla sua famiglia che commercia balene e che ormai è ridotta ad una condizione di nullità a seguito del tradimento di Vorian Atreides, che ha riacceso una faida secolare tra le due famiglie. La donna, per questo motivo, tenta di convincere suo fratello Griffin a uccidere il rivale, ma è quest’ultimo ad avere la meglio e, a seguito della morte del loro figlio maschio, gli Harkonnen inviano Valya sul pianeta Wollach IX per diventare Bene Gesserit. Intanto, Tula tenta di vendicare suo fratello unendosi sotto falso nome ali Atreides così da sconfiggerli dall’interno.
La recensione del terzo episodio di Dune: Prophecy
Fin da prima che la serie facesse il suo esordio sulla piattaforma di streaming di NOW TV, in molti tra gli addetti ai lavori hanno sottolineato quanto importanti fossero le somiglianze strutturali e tematiche con la serie di Il Trono di Spade e Dune: Prophecy. Del resto, non c’è da sorprendersi, considerando che entrambi sono prodotti HBO e pervengono ad una matrice comune nel mondo del fantasy; la stessa etichetta di Il Trono di Spade, colta per alcune accezioni e momenti della serie, non può che essere un complimento anche per Dune: Prophecy che, probabilmente, raggiunge il suo momento di massima analogia con il celebre lavoro che adatta i lavori di George R. R. Martin; non più quella sovrabbondanza, quasi caotica e citazionista, del secondo episodio della serie, così come non più quell’incertezza che era stata sottolineata per quanto riguarda il pilot di una serie che sembrava risentire di tutti i limiti strutturali e di scrittura imposti da Brian Herbert, specie nel rapporto con le opere del padre, ma una profonda convinzione nei propri mezzi e una capacità di scrivere una storia delle origini come da sempre si fa (quando c’è bisogno di dare una sferzata decisiva al proprio prodotto) in campo seriale. Il terzo episodio di Dune: Prophecy è finalmente la luce in fondo ad un tunnel tortuoso, il momento più positivo della serie che racconta la nascita delle Bene Gesserit e che di queste ultime torna ad occuparsi, approfondendo la storia di due personaggi importantissimi e, soprattutto, ben caratterizzati, probabilmente più di quanto facili fascini indirizzati verso i Desmond Hart e gli Javicco Corvino potrebbero a credere.
Il vero motore pulsante di Dune: Prophecy è, e del resto il titolo non mente, il senso della predestinazione morale, di quella filosofia a-temporale che sfida i limiti del progresso, riportando la tecnologia – a partire dall’ultima scena dell’episodio – al centro di un mondo che vuole privarsene, in un conflitto costante tra la voglia di cancellazione del progresso e il sentimento, celato, di servirsene per i propri scopi. In tutto questo contesto, serpeggia il sentimento degli Harkonnen che, così come i Lannister ne Il Trono di Spade (per portare avanti il paragone) sarebbero anche i cattivi che la storia ha consegnato, ma restano pur sempre scritti divinamente. A partire dal dettaglio del commercio delle balene, fino alla voglia di rivalsa rispetto alla vergogna – altro tema importantissimo della nobiltà di Dune – della famiglia Harkonnen, sono tanti gli elementi che animano quella bramosia di Valya, contrapposta a quella placidità d’animo che si richiederebbe alla storia Bene Gesserit. La storia di Dune, voluta da Frank Herbert, non conosce faziosità e bene e male non sono considerabili come necessariamente opposti, in un contesto che porta avanti – ed è uno dei passaggi più belli di tutto l’episodio – guerre secolari senza alcuna più ragione, continuando a seminare copiosamente sangue pur avendone dimenticato le ragioni e l’origine; grazie ad una compattezza di fondo, la cui mancanza si recriminava ai primi due episodi di Dune: Prophecy, la serie giunge ad un terzo episodio davvero spettacolare nella sua messa in scena, nelle sue interpretazioni e nella sua scrittura.
Fa piacere osservare sullo schermo una Jessica Barden che sarebbe altrimenti stata troppo sprecata nel solo primo episodio, con l’intera storia di interrelazione tra Harkonnen e Atreides che segue tutti i crismi del rapporto di sviluppo, con apogeo e declino, tipico di una narrazione riuscita pur nella sua convenzionalità. Per il resto, è proprio il già assodato di casa HBO a portare a casa il risultato: intrighi, giochi di potere, scelte che vengono realizzate nella cupezza dell’ambientazione e dell’umore, sesso e tradimenti, in un turbinio generale di elementi che pongono al centro dell’attenzione – un’altra buonissima intuizione che distingue Harkonnen da Atreides e altre famiglie – i sentimenti, positivi o corrosivi che siano: non dimentichiamo mai, nel corso dei diversi episodi di Dune: Prophecy, che ciò che osserviamo non è banale ma che deve porsi in una logica di collegamento con il futuro, che abbiamo già avuto modo di osservare con i capolavori di Denis Villeneuve. In tal senso, un episodio come quello di La Sorellanza prima di tutto (dati anche i ranghi delle Bene Gesserit ottenuti non per nomina, ma per carisma), presenta tante attenzioni non solo al suo presente, ma anche ad un futuro di cui abbiamo già conoscenza e memoria, con un rapporto prequel-sequel che sembra finalmente essere ben indirizzato.