Il Torino Film Festival è spesso vetrina di un cinema più indipendente con protagonisti diverse stelle emergenti del mondo del cinema, ma a volte tra le fila della sezione dei cosiddetti Fuori Concorso si ritrovano titoli di autori più affermati con cast ricchi di star hollywoodiane. “Riff Raff” è l’esempio perfetto per questa tipologie di pellicole che passano per i festival meno conosciuti nonostante un gran numero di attori e attrici di un certo spessore. Il nuovo film scritto da John Pollono e diretto da Dito Montiel (“Guida per Riconoscere i tuoi Santi”, 2006, “The Son of No One”, 2011 e “Boulevard”, 2014), infatti, propone sul grande schermo in questa frizzante dark comedy Jennifer Coolidge, Ed Harris, Gabrielle Union, Lewis Pullman, Pete Davidson ed anche Bill Murray. Di seguito la trama e la recensione di “Riff Raff”.
La trama di “Riff Raff” di Dito Montiel
In una baita di montagna, l’anziano Vincent (Ed Harris) trascorre le vacanze invernali con la sua famiglia: Sandy e il figlio DJ, rispettivamente Gabrielle Union e Miles J. Harvey. L’uomo, però, è un ex-criminale oramai ritiratosi dalle scene che spera di poter passare il resto della sua vita tranquillamente, almeno fino a quando Rocco (Lewis Pullman), il suo primogenito avuto da una relazione precedente, si presenta in casa sua con la sua nuova compagna Marina (Emanuela Postacchini), portando ben più di qualche scompiglio nella vita di Vincent. Come se non bastasse Rocco ha portato con se anche sua madre Ruth (Jennifer Coolidge), ma soprattuto confessa che sulle loro tracce ci sono Leftie ed il tirapiedi Lonnie, ovvero Bill Murray e Pete Davidson, vecchie conoscenze di suo padre.
La recensione del film fuori concorso al 42 TFF: Riff Raff
Dito Montiel, cineasta e musicista statunitense, dopo una serie di titoli che spaziano tra i generi, dal classico dramma al biopic, passando per film sportivi e thriller, questa volta si dedica alla dark comedy con un pizzico di crime. “Riff Raff” si dimostra fin da subito come un film sfaccettato, tragico, violento, ma che non si lascia scappare quel momento più ironico che finisce per strappare più di una risata al pubblico. Gli ingredienti sono tanti e differenti, ma quel che conta è la sostanza ed il racconto si muove attraverso diverse vie e se il finale appare parecchio scontato, la sorpresa prende forma nella parte centrale della storia quando ogni tassello comincia a trovare posto in questo puzzle non troppo complesso, ma abbastanza intricato da catturare l’attenzione. Tutto si basa su bugie, mezze verità e segreti, personaggi dal vissuto diverso e dal destino segnato che finisce per intersecarsi con quello di qualcun altro.
Al centro della pellicola c’è una famiglia allargata disfunzionale composta da elementi così diversi da loro che, in un modo o nell’altro, finiscono per attrarsi, anche se questi non erano i piani di Vincent, ex-sicario malavitoso che, dopo tanti di servizio, ha deciso di godersi il tempo che gli resta con una nuova moglie e il figlio di lei, lasciandosi il proprio burrascoso passato alle spalle. Quel passato con cui, però, è costretto a fare i conti quando, improvvisamente, il suo primogenito Rocco, con cui ha interrotto i rapporti anni prima, si presenta alla baita con la sua nuova compagna in dolce attesa. Uno shock che pervade la routine di tutti: Vincent, interpretato da uno splendido Ed Harris, percepisce che c’è qualcosa che non torna, Sadie, invece, è infastidita dalla presenza della ex-moglie del suo compagno, invadente, ma che si ritrova catapulta lì involontariamente, mentre DJ è curioso di conoscere meglio il suo fratellastro.
Nonostante un cast d’eccezione, a fare realmente la differenza sono la divertentissima Jennifer Coolidge, attrice riscoperta da poco grazie all’exploit della serie tv “The White Lotus”, la quale riveste i panni di un personaggio eccentrico quanto divertente, ma è ancor più ottima la coppia Bill Murray e Pete Davidson, i quali interpretano questi due sicari protagonisti dei siparietti più comici dell’intero film, anche se in fin dei conti restano i personaggi principali delle sequenze più violente. La storia di per sé non spinge su una grande originalità di fondo, quante volte sono già state proposte sul grande e piccolo schermo situazioni o dinamiche molto simili? Innumerevoli volte, ma in fin dei conti quel che conta è il risultato e nel suo essere poco originale la pellicola di Montiel riesce ad intrattenere e divertire lo spettatore grazie ad una solida sceneggiatura e delle ottime prove di fronte alla macchina da presa, senza dimenticare i continui e repentini cambi di genere sottolineati da un’ottima colonna sonora.
Riff Raff è un gioco di stereotipi ed intrecci ben bilanciati
“Riff Raff” è un gioco di stereotipi ed intrecci ben bilanciati che fin dal titolo diverte con l’epiteto “colpi per aria”, un po’ come le raffiche di dialoghi e sentenza che “sparano” i protagonisti in questo intreccio di situazioni e momenti ai limiti dell’assurdo, ma senza perdere quella credibilità di fondo. Peccato solo per un finale condito da troppo perbenismo ed una possibilità di redenzione che, forse, per quanto raccontato non è propriamente meritata, anche perché la pellicola firmata da Montiel poteva concludersi tranquillamente con l’ultimo interessante colpo di scena. Stacco nero e titoli di coda, una scelta che avrebbe aperto a spiragli diversi, ma un’osare che spesso finisce per mancare nel cinema più contemporaneo, quel cinema troppo abituato a restituire al pubblico un lieto fine anche quando non è così obbligatorio, ma lo è mai?