Tratto dal cortometraggio “Merit x Zoe”, nel 2024 il regista statunitense Kyle Hausmann-Stokes firma il suo esordio al lungometraggio con “My Dead Friend Zoe”, un film che mescola dramma e commedia con protagonisti Sonewua Martin-Green, Natalie Morales, Ed Harris, Morgan Freeman, Utkarsh Ambudkar, Gloria Reuben. La pellicola, presente tra i titoli Fuori Concorso del 42° TFF e vincitrice del Narrative Spotlight Audience Award al South by Southwest, racconta il trauma che sono costretti ad affrontare i soldati una volta che rientrano in patria. Di seguito la sinossi ed una breve analisi di “My Dead Friend Zoe”.
La trama di “My Dead Friend Zoe” di Kyle Hausmann-Stokes
Merit, interpretata da Sonequa Martin-Green, è una veterana dell’esercito statunitense che sta affrontando un percorso di riabilitazione di gruppo con l’aiuto di un terapeuta (Morgan Freeman) e di sua madre (Gloria Reuben). Nonostante le sedute di psicoterapia, Merit si sente sempre più sola trovando riparo ed un po’ di conforto solamente nel ricordo di Zoe (Natalie Morales), sua grande amica e compagna d’armi in Afghanistan, che ora non c’è più. Come se non bastasse, il suo burbero nonno (Ed Harris) ha anch’esso bisogno d’aiuto, ma vive in maniera solitaria nella casa al lago della famiglia. Riuscirà Merit ad uscire da questo vortice di turbolente emozioni e convincere suo nonno ad accettare un trasferimento in una casa di cura?
La recensione del film fuori concorso al 42 TFF: My Dead Friend Zoe
Kyle Hausmann-Stokes firma un’esordio alla regia per nulla scontato confezionando un racconto stratificato ed emotivamente impattante, memore di un passato proprio tra le fila dell’esercito degli Stati Uniti, servendo il suo Paese per cinque anni. Dopo una serie di cortometraggi, il regista si cimenta nel suo primo lungometraggio partendo da qualcosa di molto personale: ancora oggi sono tantissime, troppe, persone che sono vittime del disturbo o stress post-traumatico legato ad un passato turbolento e all’arruolamento, proprio come sono tanti i film che trattano questa tematica. “My Dead Friend Zoe” non è quindi il primo titolo sull’argomento, ma fin dal principio tenta di porsi in maniera differente, o meglio, mostrare un punto di vista diverso.
Sicuramente la pellicola presentata tra i titoli Fuori Concorso al Torino Film Festival risulta ha tratti un po’ zuppa di momenti retorici o ripetitivi, ma il suo significato più profondo si cela nella messa in scena del rapporto tra le due protagoniste: da un lato c’è la solitaria Merit, dall’altro l’esuberante quanto divertente Zoe, interpretate rispettivamente da Sonequa Martin-Green e Natalie Morales, due poli opposti che finiscono per attrarsi e stringere una forte amicizia. Un legame che pare non interrompersi nemmeno dopo la morte di quest’ultima, quel legame che, però, crea un profondo trauma a Merit, la quale si lascia guidare dal ricordo della sua cara amica e finisce per isolarsi sempre di più da tutto e da tutti.
Il più grande difetto dell’opera prima di Hausmann-Stokes è la mancanza di un approfondimento sulla struttura del reintegro dei soldati nella società, concentrandosi quasi unicamente sulla sua protagonista e sul rapporto tra l’esercito ed il suo simbolo più dirompente: la divisa. Viene a mancare quella critica di fondo che appare in maniera appannata durante la narrazione, sparendo completamente almeno fino al finale, dove, invece, si invita chi soffre delle stesse problematiche a rivolgersi ad enti ed organizzazioni no-profit per farsi aiutare. Il suo più grande pregio, invece, è riuscire ad affrontare in maniera così delicata il legame tra le due protagoniste, giocando con un montaggio che si muove tra scampoli di ricordi e flashback che paiono solamente dei frammenti del passato.
La via d’uscita da questo turbinio di emozioni potrebbe essere la situazione del nonno, un uomo divenuto scorbutico e scontroso dopo la perdita della compagna, con il quale Merit non ha più quel rapporto di un tempo, ma che ricordi ancora come colui che le ha trasmesso quel desiderio di servire il suo Paese tra le file militari. Uno dei confronti che avrebbe potuto regalare più spunti interessanti è quello tra la donna e il suo terapeuta, interpretato da uno sprecato Morgan Freeman, anche perché ha tutte le carte in regola per essere davvero quell’elemento che potrebbe sbloccare questo trauma di Merit. Dalla sua il film, però, non si dimentica di mostrare il lato più umano che si nasconde in ogni singolo essere umano, nonostante tutte le difficoltà del caso e senza mezzi termini.
Il trauma di un conflitto non solo interiore
“My Dead Friend Zoe” è uno spaccato su un profondo trauma allo stesso tempo interiore ed esteriore che la giovane Merit, proprio come tanti ex soldati, è costretta ad affrontare giorno dopo giorno. Una storia di coraggio e da cui traspare un vissuto personale che l’autore ha deciso di elaborare raccontando quello che ancora oggi troppe persone affrontano sulla loro pelle, un trauma per nulla indifferente e che spesso è difficile da estirpare completamente. Kyle Hausmann-Stokes affronta il proprio percorso attraverso il personaggio di Merit ed il legame con la sua amica, trovando quella forza di confrontarsi con il suo passato e raccontare la sua storia. In più, l’autore riesce a mescolare diversi elementi pop, dalla messa in scena alla colonna sonora, importante è il brano “Umbrella” di Rihanna, una canzone protagonista a più riprese dei ricordi di Merit.
Peccato per quel patriottismo di fondo che porta il pubblico a storcere un po’ il naso nei confronti di un film che affronta tante tematiche importanti e profonde senza risultare troppo superficiale o stucchevole. Lo spirito di Zoe è gestito alla perfezione e funge da perfetto legante tra il presente ed il passato del personaggio di Sonewua Martin-Green, quel ponte che la protagonista prima o poi dovrà superare e liberarsi da un peso così grande che appare insormontabile. “My Dead Friend Zoe”, nonostante evidenti difetti, riesce a mostrare a più riprese tutti i suoi valori più intrinsechi, oltre ad essere una grade e decisa presa di coscienza coraggiosa da parte dello stesso autore.