La recensione di Vita da Carlo, serie tv italiana tra le più apprezzate degli ultimi anni, la cui terza stagione è disponibile su Paramount+, con i primi 5 episodi rilasciati il 16 novembre ed i restanti 5 il 23 novembre, per un totale di 10 puntate. Carlo Verdone sarà affiancato da volti ormai noti a chi segue la serie dalla sua nascita, ma vedrà la partecipazione anche di personaggi dello spettacolo come Maccio Capatonda ed Ema Stokholma, oltre alla partecipazione straordinaria di alcuni musicisti come Zucchero Fornaciari, Gianna Nannini, Nino D’Angelo e Gianni Morandi. A seguire, trama e recensione della terza stagione di Vita da Carlo.

La trama della terza stagione di Vita da Carlo, serie tv di Paramount+

Prima di passare alla recensione della serie tv, è bene parlare della trama di Vita da Carlo, disponibile su Paramount+. Giunta ormai alla sua terza stagione, la serie di e con Carlo Verdone ruota attorno al mondo della musica, da sempre grande passione di Verdone, cui viene proposta la direzione artistica del Festival di Sanremo. La sua enorme cultura musicale rende Carlo la persona ideale per dare vita ad una kermesse all’insegna della competenza e dello spettacolo, senza contare che lui è indubbiamente tra i personaggi più amati del Paese. Oltre al cinema infatti, la musica è da sempre la sua più grande passione e, dentro di sé, Carlo nutre la convinzione di poter allestire un Festival indimenticabile.

La recensione della terza stagione di Vita da Carlo, con Carlo Verdone

Un anno fa, con tutto il dispiacere del mondo, eravamo qui a criticare Carlo Verdone e l’approccio che aveva avuto nella scrittura e costruzione della seconda stagione di Vita da Carlo, che non dava l’idea di avere molto da raccontare e che si era aggrappata ad un citazionismo delle sue opere del passato totalmente fine a se stesso. Dal 23 novembre sono disponibili su Paramount+ gli ultimi episodi della terza stagione e si può dunque tirare le somme su un prodotto che – e lo diciamo con un sorriso sulle labbra – ha finalmente rilanciato la carriera di Carlo Verdone.

Non nascondiamoci dietro ad un dito: le ultime opere di Verdone avevano deluso ed il passaggio su piccolo schermo non gli aveva donato quello slancio creativo che pensava di poter ottenere. Le prime due stagioni dimostrano l’amore del regista ed attore per il cinema ma, purtroppo, l’impressione è che non ne avesse più. Sicuramente consigliato da persone giuste e fidate, con questa terza stagione Carlo Verdone si rialza e lo fa azzerando tutto, tornando alle sue radici, lasciando perdere il suo cinema e ciò che lo ha reso grande ed amato da tutta Italia, per concentrarsi su cosa lo ha reso la persona che è oggi, ovvero la musica. Egli ha così creato un perfetto crossover tra le sue due passioni, facendo leva su un mostro sacro dello spettacolo italiano, ovvero il Festival di Sanremo.

Al di là di un mero discorso musicale, Sanremo ha permesso a Carlo Verdone di parlare – soprattutto tra le righe – del mondo dello spettacolo italiano e del suo tanto amato festival, con delle velate ma nette critiche ad un sistema in crisi e che avrebbe una evidente necessità di essere modernizzato e rivoltato come un calzino. A questo però, egli affianca il cinema vero, il cinema moderno, il cinema che lo ha influenzato e non il suo cinema – per quanto bello ed importante, basta fare leva su Un Sacco Bello o sui suoi iconici personaggi – regalando alcuni momenti di grandissima comicità, soprattutto di quella grottesca e nonsense (non a caso, nel cast c’è Maccio Capatonda), che ha ricordato in più momenti Woody Allen: se c’è infatti una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato, è quella di vedere Gianni Morandi nei panni di Oppenheimer, momento a dir poco eccezionale. Imprevedibilità ed inventiva dunque, per un regista che trova la forza di rimettersi in gioco e regalare anche alcuni momenti di malinconia, come quel finale che tanto ci racconta della sua vita. Un passo in avanti gigantesco che fa ben sperare per il prosieguo della sua carriera, cosa di cui non potremmo essere più felici.