Adattamento cinematografico del famoso musical, ormai in scena a Broadway dal lontano 2003, Wicked è un film che mescola musica, commedia e fantasy avvalendosi di due figure di spicco, soprattutto vocalmente, quali sono Ariana Grande e Cynthia Erivo. Si tratta di un prequel del film Il mago di Oz (1039) di Victor Fleming, che a sua volta si basa sul romanzo Strega – Cronache del Regno di Oz in rivolta (1995), scritto da Gregory Maguire, che, a sua volta ancora, è una rivisitazione del libro di Lyman Frank Baum intitolato Il meraviglioso mago di Oz (1900). Wicked, diretto da Jon M. Chu, è soltanto la prima di due parti che arrivano al cinema, ed è stato distribuito in sala in Italia a partire da giovedì 21 novembre 2024. Di cosa parla e com’è allora, qualitativamente parlando, questo tanto atteso Wicked? Di seguito la trama e la recensione.
Di cosa parla Wicked? La trama del film musical con Ariana Grande e Cynthia Erivo
Trattandosi di un prequel, come anticipato, Wicked è ambientato anni prima delle vicende narrate nel film del 1939 dove la protagonista è Dorothy Gale. Nel lungometraggio di John M. Chu le protagoniste sono le due aspiranti streghe da poco iscritte all’Università di Stregoneria. Da un lato c’è Elphaba (Cynthia Erivo), strega verde dai colori scuri, dall’altro c’è Glinda (Ariana Grande), bionda e contraddistinta da colori chiari. Come è noto, la prima è destinata a diventare la Strega Cattiva dell’Ovest, mentre la seconda la Strega Buona del Sud. In Wicked viene mostrata prima di tutto la loro grande amicizia, messa a repentaglio dalla corruzione presente nel Regno di Oz. L’avventura di Glinda ed Elphaba ha inizio proprio quando quest’ultima viene invitata nel palazzo del Mago di Oz (Jeff Goldblum).
La recensione di Wicked: il film di Jon M. Chu è una trasposizione esemplare, un musical pop impattante
In un’epoca come quella contemporanea non si sa mai bene cosa aspettarsi quando ci si approccia ad un musical, specie in Italia, dove gran parte del pubblico sembra non gradire quasi per nulla questo genere cinematografico. In altri contesti, come quello britannico e quello statunitense, i musical a teatro sono amatissimi e sono tra gli spettacoli più venduti, non solo a Broadway, dunque persiste una netta differenza culturale rispetto all‘impatto che certi show hanno nei confronti delle persone. Infatti, Wicked è uno dei musical teatrali più amati negli Stati Uniti, nonché uno dei più esportati in Paesi come il Regno Unito, la Germania e l’Australia, ragion per cui si tratta di un fenomeno di lunga durata (dal 2003, per essere precisi). Con un adattamento cinematografico ci si poteva attendere l’ennesimo passo falso sul piano qualitativo, soprattutto perché qualcuno ha storto il naso sin dall’annuncio del cast, eppure il film di Jon M. Chu si dimostra una trasposizione esemplare, un musical pop impattante, e per diverse ragioni.
Sin dall’incipit si ha l’impressione di star osservando un prodotto curato nell’estetica, genuinamente virtuoso in termini registici, tant’è che la prima inquadratura è un long take che il critico Gianni Canova definirebbe come un esempio di prologo genetico (L’alieno e il pipistrello: La crisi della forma nel cinema contemporaneo). Con questo concetto si vuole intendere che la sequenza introduttiva è un vero e proprio atto fondativo, e vengono perciò gettate le basi sia tematiche che formali dell’intera opera. Ecco allora che la voce fuori campo annuncia la morte della Strega Cattiva dell’Ovest, ne vediamo il cappello (simbolo) per poi arrivare al villaggio interessato tramite la cosiddetta “ripresa impossibile” (non ancorata allo sguardo di un soggetto/oggetto), scorgendo per un attimo Dorothy Gale e i suoi amici appartenenti al mondo narrativo de Il mago di Oz. C’è subito una prima canzone, così da mettere in chiaro che si sta assistendo ad un musical, e quando entra in scena Glinda (Ariana Grande) si fa riferimento al passato della villain, la malvagia Elphaba (Cynthia Erivo), con un flashback. Immediatamente si ha la possibilità di cogliere l’autoironia del personaggio della Strega Buona del Sud, e non a caso il titolo del film compare non appena Glinda porta la popolazione – e tutti gli spettatori – a ritroso nei suoi ricordi, in modo tale da narrare le origini della Strega Cattiva dell’Ovest, scavando a fondo in cerca della verità, riflettendo sul perché si è venuta a creare questa “malvagia” figura.
Certo, ci si trova di fronte un prodotto commerciale e indirizzato ad un target potenzialmente ampissimo, dando sì priorità agli adolescenti, ma senza dimenticare che il musical è un genere in grado di scavare nella psicologia dei personaggi al fine di comunicare in maniera più diretta e sentimentale con chi guarda. Wicked ha una struttura, almeno nella sua prima parte, da coming-of-age e da tradizionale origin story, con una narrazione da cinema classico hollywoodiano nella sua forma ludica, pura ed emotiva. A fronte di quanto descritto, è evidente che la morale venga espressa in forma didascalica, semplificando i passaggi quanto più è possibile per rendere la fruizione dell’opera comprensibile tempestivamente a tutti; d’altronde, si sta pur parlando di un film di 2 ore e 40 da vendere ad un pubblico vastissimo. Ciò che va sottolineato è che comunque c’è modo e modo di mettere in scena, di elaborare un messaggio moralistico e di trasporre un musical di Broadway sul grande schermo, e in tal senso Wicked è un prodotto popolare con una grande, anzi enorme, dignità.
Oggigiorno il suddetto fattore non risulta nemmeno lontanamente scontato, poiché da un lato il flop al botteghino è dietro l’angolo, e a prescindere dalla qualità del film, come accaduto per il sublime West Side Story (2021) di Steven Spielberg, dall’altro invece è proprio la qualità a rappresentare un problema non di poco conto, ed è allora il caso di Cats (2019), di The Prom (2020), di Cenerentola (2021) e di Sognando a New York – In The Heights (2021), che tra parentesi è dello stesso regista di questo Wicked. Il recente remake diretto da Spielberg, pur trattandosi anche in quel caso di un musical parecchio amato dal grande pubblico (a Broadway come al cinema), ha pagato l’anno infelice e una distribuzione limitata, ma anche la scelta di puntare su attori poco conosciuti e andando a toccare il capolavoro del 1961. Wicked è stato ben studiato anche produttivamente parlando, poiché la scelta di puntare su Ariana Grande avrebbe potuto comportare dei rischi artistici più elevati, a dispetto dell’elevata presenza in sala dei fan della popstar, ma al contrario l’utilizzo della cantante, in quanto tale e in quanto attrice per l’occasione, si è rivelata vincente. La sua interpretazione, autoironica e dinamica sia in termini vocali che coreografici, ha stupito in positivo, pertanto Glinda risulta un personaggio con un background preciso e con un’evoluzione che ha ancora da offrire: parte come una bionda svampita, apre il suo cuore all’amica Elphaba e, come si evince dal finale, promette una progressione tutta da scoprire nella seconda parte.
Cynthia Erivo è il cuore di Wicked
Ariana Grande incide come attrice di supporto, ma il cuore di Wicked è Cynthia Erivo, forse non una sorpresa per chi l’ha già conosciuta in 7 sconosciuti a El Royal (2018) e nel successivo Harriet (2019), eppure l’artista britannica qui ha addirittura una marcia in più. Il rapporto tra il suo personaggio e Glinda funge da raccordo per temi universali come la discriminazione e le dinamiche di potere, dando comunque il giusto spazio alla bontà dei sentimenti. Elphaba è ritratta come una figura emarginata, e Cynthia Erivo con le sue doti espressive e canore riesce a rendere perfettamente giustizia a questa rilettura contemporanea del noto villain di Il mago di Oz. La strega qui è sia fragile che determinata, percorre un’evoluzione, insieme al personaggio di Glinda, davvero di spessore, e ciò è scaturito anche dagli arrangiamenti delle canzoni.
I nuovi arrangiamenti musicali in Wicked convincono
Wicked è un musical pop impattante perché presenta degli arrangiamenti convincenti, perfettamente coerenti con gli stilemi tipici della musica pop contemporanea, pur non rinunciando alle caratteristiche melodiche del teatro. Infatti, la colonna sonora è composta da melodie intense sul piano emotivo, con canzoni dai ritornelli memorabili e che si avvalgono di progressioni armoniche con cui è facile familiarizzare (struttura tipica delle canzoni pop); anche da questo punto di vista, allora, risulta azzeccata la scelta di Ariana Grande. I testi esplorano sia temi universali – come l’amicizia e la ribellione – che la psicologia dei personaggi, e vengono eseguiti anche con arrangiamenti orchestrali complessi e lirici, non tradendo mai, dunque, il materiale dal quale il film attinge.
La confezione di Wicked è curatissima, mai fine a se stessa
Per essere definito un musical pop impattante, significa che Wicked presenta una confezione curatissima e mai fine a se stessa. Infatti, scenografie e coreografie offrono una vitalità da kolossal (altro che il glaciale Il gladiatore II o l’incolore Wonka), ampliando lo spettro emotivo del film di Jon M. Chu e caratterizzando, soprattutto cromaticamente, Glinda ed Elphaba. Lo sviluppo psicologico di entrambe e la chimica tra le due attrici vedono i loro momenti migliori nelle sequenze ballate e cantante, all’università come nel memorabile finale. Il ritmo della narrazione va di pari passo con i colori messi in risalto dalla fotografia, ecco perché ci sono delle “spettacolarizzazioni” graditissime e ben contestualizzate, nonché dei virtuosismi stilosi e ormai tipici di un musical classico che ad Hollywood mancava da anni.
Ci sono attimi maggiormente intimi e altri più scanzonati, tutto dettati da risvolti che potrebbero far gridare al cliché, ma si è sottolineato come si tratti, per l’appunto, di un musical tradizionale che riporta in auge determinate caratteristiche sul grande schermo. Infatti, Wicked è una trasposizione esemplare perché il linguaggio cinematografico viene sfruttato al meglio nelle sue potenzialità, e la macchina da presa segue i passi della storia avvalendosi dell’aiuto di un montaggio quasi invisibile; quasi, dato che nell’epoca del postmoderno il digitale può essere mascherato fino ad un certo punto, almeno attualmente.
Tuttavia, questa è la combo perfetta per tornare a parlare di cinema classico hollywoodiano. Wicked, per concludere, rappresenta un esempio di pregiata declinazione sul grande schermo, specie grazie al fattore emotività, cruciale per vendere un prodotto al grande pubblico, ma che va pur sempre espresso con qualità. Nonostante qualche passaggio inutilmente (forse) autoreferenziale dedicato ai fan del musical teatrale, o qualche passaggio ora come ora semplicistico e da approfondire poi nella seconda parte, l’esperienza generata da Wicked potrebbe essere fruita senza “intervallo” per quanto appassionante (anche grazie al climax finale), e non si vede l’ora di vedere l’altra metà per completare il quadro.