Articolo pubblicato il 22 Novembre 2024 da Gabriele Maccauro
Ambientato durante la seconda guerra mondiale, Blitz è il nuovo film del regista britannico Steve McQueen e vede come protagonista l’attrice irlandese Saoirse Ronan. Diretto per Apple TV, il lungometraggio è disponibile sulla piattaforma streaming dal 22 novembre e si tratta, con tutta probabilità, di un film che riceverà diverse candidature ai prossimi premi Oscar, con la cerimonia di premiazione della sua 97esima edizione fissata per il 2 marzo 2025 al Dolby Theatre di Los Angeles. Considerando dunque l’attenzione mediatica intorno alla pellicola ed all’importanza del suo regista e della sua principale interprete, la domanda pare inevitabile: il film merita davvero la visione? A seguire, trama e recensione di Blitz.
La trama di Blitz, film con protagonista Saoirse Ronan che punta ai premi Oscar
Prima di passare alla consueta analisi e recensione del lungometraggio, è bene spendere due parole sulla trama di Blitz, il nuovo film diretto da Steve McQueen per Apple TV e con protagonista Saoirse Ronan, che punta ai prossimi premi Oscar. Blitz è ambientato in Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale e racconta la storia di Rita, donna che ha mandato suo figlio George di 9 anni a stare in campagna lontano da Londra e dai bombardamenti dei nazisti. La donna è rimasta con suo padre Gerald nell’East London ed è convinta che egli sia al sicuro, non sapendo che il bambino, soffrendo di nostalgia di casa, è scappato per tornare da lei e da suo nonno. Quando Rita lo scopre, parte a sua volta in cerca di suo figlio.

La recensione di Blitz, diretto da Steve McQueen
Nella carriera dei grandi autori c’è sempre un filo che pare unire le loro opere, un minimo comune denominatore che rende lo spettatore più attento consapevole che ciò che ha davanti non è altro che il tassello di un lavoro ben più grande. Steve McQueen è uno di questi autori: Hunger (2008) era stato un lungometraggio premonitore in questo senso, 12 Anni Schiavo (2013) al tempo stesso il suo più grande successo e condanna. Vinse 3 premi Oscar – miglior film, miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale – su 9 candidature, gli donò una libertà che critica, pubblico e soprattutto botteghino non ricambiarono dopo l’uscita di Widows (2018), ma gli insegnò a raccontare la storia, sia quella cinematografica per immagini e movimenti di camera, sia quella vera.
Da lì, un lavoro d’introspezione – già abbozzato in Shame (2011) – ed approfondimento non solo dell’uomo e degli uomini in relazione tra loro, ma anche su come la storia abbia totalmente condizionato la loro esistenza, tra guerre, sangue ed ingiustizie. Prima Small Axe (2020), poi il documentario Occupied City (2023), adesso Blitz. I detrattori dell’ultima opera di McQueen sostengono che inizi a ripetere se stesso, ma sono pochi i registi capaci di mutare in forma e sostanza come lui. Blitz è l’opposto, per esempio, di un racconto documentaristico, ma l’essenza stessa del cinema: non è un racconto politico, ma umanistico. La guerra è in secondo piano, i soldati si vedono appena. In Blitz si parla di uomini e di donne di ogni estrazione sociale, di come reagiscono ad un qualcosa di brutale come la seconda guerra mondiale, di come la speranza non venga meno nonostante le loro vite vengano spezzate. Di madri che perdono i propri figli, di uomini che non fanno più ritorno a casa e di una guerra folle raccontata attraverso il Blitz di Londra del 1940 (da Blietzkrieg, la guerra lampo tedesca).
Eppure, come accaduto per un altro straordinario film come Giurato Numero Due, si è pensato che la sala non fosse il luogo giusto per proiettarlo. Al film di Clint Eastwood è andata un po’ meglio mentre quello di Steve Mcqueen, dopo una limitata distribuzione nelle sale, è andato direttamente su Apple TV, dove è disponibile dal 22 novembre. Con le dovute proporzioni, Blitz sembra così aver subìto lo stesso destino della storia che racconta, con la pellicola che è stata strappata dalla propria casa – la sala cinematografica – e dalle mani della propria madre, ovvero ogni singola persona che, in sala, avrebbe visionato il film. Poco male: il lavoro di Steve McQueen è un qualcosa che supera ormai la faida tra sala e piattaforma streaming e, nonostante siano poche le possibilità di vittoria ai 97esimi Academy Awards, è bene dirlo: che non si sottovaluti Blitz, che non si sottovaluti McQueen, perché questo è cinema per tutti ed il cinema di cui tutti hanno bisogno.