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Recensione – Una Via Fredda Per L’Inferno: il thriller di Fabrizio La Monica

La recensione di Una Via Fredda Per L’Inferno, il feroce thriller di Fabrizio La Monica disponibile in streaming su Amazon Prime Video.
Una Via Fredda Per L'inferno: la recensione del film di Fabrizio La Monica

Una Via Fredda Per L’Inferno è un thriller che segna il ritorno di Fabrizio La Monica alla regia. L’autore ha girato questo film in segreto e l’annuncio del suo arrivo, rilasciato poche settimane prima dall’uscita, è stata una vera e propria sorpresa. Dopo numerosi tentativi di distinguersi dagli altri registi del cinema italiano, cercando di portare nel nostro paese qualcosa di diverso, Fabrizio La Monica riesce a realizzare un’altra opera degna della sua ambizione? A seguire la recensione del lungometraggio attualmente disponibile non solo sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video, ma anche su TimVision.

La trama di Una Via Fredda Per L’Inferno

Una Via Fredda Per L’Inferno è un thriller in cui due uomini si rincorrono per una caccia estrema, ma contiene anche degli elementi apparentemente paranormali che gettano risvolti inquietanti sui protagonisti. Il film infatti presenta la seguente trama:

Diego è un guardaboschi di istanza in Sicilia che riceve una chiamata dalla polizia: vogliono il suo aiuto per catturare un fuggitivo, il cui nome è Lombardo, avvistato nella sconfinata riserva naturale dove Diego lavora. Ma quella che sembra una semplice caccia all’uomo si trasformerà in un incubo nel quale i ruoli di preda e predatore si confonderanno sempre di più. Nel frattempo la foresta sembra essere circondata da misteriose figure che contaminano l’ambiente: che cosa sono e cosa vogliono dai due uomini che sembrano sempre più disperati?

Una Via Fredda Per Linferno: la recensione del film su Prime Video

La recensione di Una Via Fredda Per L’Inferno

La regia di Fabrizio La Monica esprime un grande senso di claustrofobia, rappresentato spesso non solo dai primi piani dei personaggi, i quali avvengono mentre la telecamera è in costante movimento, facendo quindi percepire una sensazione caotica e ansiogena che sembra non placarsi mai, ma soprattutto dalle riprese della foresta. Estremamente suggestive, per esempio, le inquadrature realizzate dal basso verso l’alto, le quale mostrano i rami degli alberi che sembrano avvolgere il cielo, quasi come a stringere quella luce che si affievolisce sempre più con il proseguimento narrativo degli eventi. Altri guizzi molto intelligenti si possono notare nelle scene all’interno della grotta, con l’ombra che divide il volto dei personaggi: La Monica, in questo tocco di luce aiutato dalla suggestiva fotografia di Giuseppe Nasca, evidenzia delle figure che vengono rappresentate contemporaneamente dal loro lato oscuro e dal loro lato chiaro, portando sul piano visivo l’eterno conflitto tra bene e male nell’animo umano. Tornando sulla foresta, non si possono non citare i dettagli sugli animali, in particolare gli insetti, i quali richiamano al cinema di Terrence Malick che fa parlare la natura mentre gli umani passano. Se però Malick solitamente riprende la natura come se quest’ultima fosse distaccata dall’uomo, giudicandolo come un’entità che continua a fare scelte sbagliate rispetto al normale ciclo degli eventi puri ed incontaminati, gli animali e le piante di La Monica mostrano una natura spietata che accresce il desiderio di preda e predatore presente nel film. La paura di muoversi ad ogni passo viene calcata maggiormente dai pericoli che vengono ripresi fuori fuoco mentre al centro dell’inquadratura c’è invece la disperazione dei personaggi. Incredibile quanto la regia appaia così curata, nonostante un budget inferiore ai 10.000 euro che evidenzia ancora di più quanto talento abbia l’autore.

La violenza si percepisce in ogni colpo lanciato grazie ad un eccellente uso del sonoro, il quale fa avvertire il dolore della fisicità riportato dai personaggi che rimangono vittima delle loro azioni (è difficile dimenticarsi il suono del manico del fucile che finisce in faccia ad uno di loro). Al di là dei colpi, dei passi e dei versi percettibili nell’ambiente, il sonoro raggiunge il suo massimo nel respiro di Diego, il quale si deforma lentamente nel verso di una bestia assetata di sangue che si diffonde come un eco capace di raggiungere il fuggitivo in ogni luogo. Fabrizio La Monica continua questo lato che ricalca il cinema espressionista anche nell’utilizzo degli effetti, come un albero che sanguina (richiamando a Il Mistero Di Sleepy Hollow di Tim Burton), oppure un teschio che, in modo subliminale, è nascosto in mezzo alla nebbia, come a mostare quanto all’interno di un luogo apparentemente così tranquillo ci sia in realtà soltanto morte. Tuttavia, fatta eccezione per l’effetto dell’albero che è realizzato in modo artigianale, è proprio con gli elementi “paranormali” che accompagnano la foresta che il film mostra gli evidenti limiti di budget, poiché si ricorre a trucchi digitali che, per quanto nascosti il più possibile, sono evidentemente finti. La base dell’inserimento di questi effetti digitali è sempre fondata sull’aumento del male presente nel luogo, come per esempio gli occhi dei volatili che si illuminano con una scia d’energia (richiamando quindi alla civetta di Blade Runner di Ridley Scott), tuttavia la realizzazione appare posticcia e rovina in parte gli elementi interessanti inseriti dall’autore (soprattutto nella scena dell’arrivo della nebbia). Per quanto tali “presenze” aumentino di senso con il proseguire del film, è in questi momenti che si percepisce un passo più lungo della gamba, nonostante comunque la presenza di CGI sia estremamente minore rispetto alle soluzioni artigianali che sono ben utilizzate.

Tutti gli elementi tecnici evidenziati, funzionali o meno che siano, vengono dominati dalla presenza scenica di Ferdinando Gattuccio e Roberto Romano che interpretano i protagonisti. Entrambi sono bravissimi, soprattutto Roberto Romano che continua a mostrarsi una grande promessa del cinema italiano ed attualmente è un attore ignorato fin troppo spesso dal settore. La stessa cosa si può dire di Ferdinando Gattuccio, il quale dimostra ancora di avere molto talento, soprattutto nelle espressioni facciali che penetrano nelle inquadrature con grande intensità. Tuttavia Gattuccio a volte risulta essere troppo eccessivo nell’innalzamento dei toni. Ci si rende conto che l’elemento sopra le righe è messo in scena per esprimere la trasformazione del personaggio che deve sfogare la sua rabbia repressa e molto spesso la cosa funziona, ma a volte l’attore calca troppo la mano in maniera improvvisa durante alcune scene in cui dovrebbe avere un equilibrio maggiore, soprattutto perché il personaggio viene evidenziato, inizialmente, come una persona calma e pacata. Ottima anche l’interpretazione di Marco Ferrante, anche se il personaggio non viene particolarmente approfondito ed è un peccato, dal momento che sarebbe potuto essere il ponte perfetto per mostrare definitivamente la mostruosità del luogo in cui avvengono gli eventi. Straordinarie le musiche di Silvio Messina (in arte Jack Random), profondamente immersive e ricche di pathos.

Una Via Fredda Per L'Inferno: la recensione del thriller di Fabrizio La Monica

La ferocia di Una Via Fredda Per L’Inferno

Ciò che viene principalmente evidenziato nel corso del lungometraggio è il ribaltamento dei ruoli, dal momento che Diego viene presentato come un onesto guardiano di una riserva naturale, mentre Lombardo è un fuggitivo apparentemente pericoloso. La Monica lavora sulla disperazione di entrambi i personaggi, mostrando due individui che si lasciano caricare dai loro istinti: uno che vuole riparare un torto subito ad ogni costo, l’altro che vuole semplicemente correre verso la libertà. Nessuno dei due, anche chi appare più innocente, sfugge alla rabbia e alla frustrazione di non riuscire ad ottenere i propri obiettivi in breve tempo. L’istinto animalesco si risveglia e l’autore mostra come gli impulsi di esseri umani si trasformano in una mostruosità sempre più deforme. Diversamente da Canazzo, la cui figura si basa sul mistero e sull’ambiguità, i due protagonisti non hanno bisogno di approfondimenti basati sui dialoghi, ma sono le loro sensazioni, riprese attraverso la forza della regia, a dover essere percepiti dallo spettatore che deve decidere da che parte stare. La caccia all’uomo risulta quindi ansiogena e ricca di tensione, trasformando una semplice ricognizione in un vero e proprio inferno (da qui il titolo) in cui l’uomo sembra cibarsi del proprio male che lo annienta. Coerentemente con la poetica raccontata nei precedenti film di Fabrizio La Monica, i personaggi sono talmente immersi in una situazione distruttiva che si abituano a vedere sé stessi morire lentamente, quasi come se la ricerca della morte sia l’unico desiderio che mantiene vive le loro azioni. La Monica esprime come il bisogno di sopravvivenza possa apparire invece una scusa per poter scatenare i propri impulsi nella totale libertà: se la natura degli animali appare spietata, quella dell’uomo invece è ancora più oscura.

Paradossalmente i pochi atti di gentilezza appaiono quasi dannosi, creando persino sensi di colpa in queste figure che ritengono come quella stessa umanità perduta appaia inutile in un luogo in cui predomina la legge del più forte. Queste rappresentazioni molto terrene, le quali si rifanno anche al cinema di Werner Herzog, appaiono talmente realistiche attraverso la loro sporcizia e ferocia, persino nei rimandi più espressionisti, che gli elementi paranormali sembrano provenire da un altro film e possono lasciare molto straniati all’inizio. Il mistero, creato attraverso l’ambiguità che fa credere che il luogo sia maledetto, sembra inserito a forza, perché le parti che fanno apparentemente percepire la presenza di figure oscure o demoniache sono talmente subliminali che appaiono non necessarie. Ci si vorrebbe focalizzare soltanto sulla caccia all’uomo, perciò non è difficile vedere questi elementi come degli intrusi che potrebbero spezzare il racconto del film. Tuttavia, con il proseguire degli eventi, tutto ha più senso: Fabrizio La Monica si serve definitivamente di queste figure attraverso un eccezionale colpo di scena, nel quale sono evidenti i rimandi al cinema di M. Night Shyamalan. Tale risoluzione esprime in maniera concreta tutte le sensazioni espresse nel film che si manifestano all’ennesima potenza, evidenziando il totale annientamento dell’essere umano che accetta costantemente di autodistruggersi. Quello che quindi poteva essere percepito come un elemento troppo estraneo risulta invece fondamentale per la massima espressione della storia.

Una Via Fredda Per L'Inferno: la recensione del film su Prime Video

Una Via Fredda Per L’Inferno è un thriller che presenta delle soluzioni visive notevoli ed un’ottima gestione nelle scene ansiogene che fanno stare lo spettatore con il fiato corto in numerosi momenti. Quello che può essere un ottimo film d’intrattenimento assume ancora più valore nella simbologia che richiama ad una riflessione sulla natura feroce dell’uomo che appare sempre più insalvabile. Pur rifacendosi a maestri conteporanei e non solo, Fabrizio La Monica assume una propria identità nel cinema italiano e dimostra nuovamente di essere un talento capace di creare cinema di alto livello con pochissime risorse, cosa che fa davvero chiedere cosa sarebbe capace di dare se produttori importanti cominciassero finalmente a sostenerlo.

4,3
Rated 4,3 out of 5
4,3 su 5 stelle (basato su 3 recensioni)
Una Via Fredda Per L'Inferno
Una Via Fredda Per L’Inferno

Un guardiano della foresta aiuta la polizia ad occuparsi di un criminale in fuga, ma una semplice ricognizione si trasforma in una caccia spietata senza fine.

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

21/10/2024

Regia:

Fabrizio La Monica

Cast:

Ferdinando Gattuccio, Roberto Romano, Marco Ferrante, Eleonora Amato, Alessandro Fricano Gagliardo

Genere:

Thriller, drammatico

PRO

La regia claustrofobica
L’ottima recitazione degli attori
La simbologia della natura umana che si imbestialisce
Il colpo di scena finale
Gli effetti visivi posticci
Alcune espressioni esagerate di Ferdinando Gattuccio
Il mancato approfondimento di alcuni elementi dell’uomo