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Recensione – DanDaDan 1×07: Un mondo più benevolo

Su Netflix arriva il settimo episodio di DanDaDan, che prende il titolo di Un mondo più benevolo, che porta l’anime Netflix verso livelli ancor più importanti: ma quali?
Recensione - DanDaDan 1x07: Un mondo più benevolo

Nell’avvicinarsi al finale della prima stagione di DanDaDan, è stato distribuito il settimo episodio di uno degli anime più chiacchierati negli ultimi anni; con il manga di grandissimo successo, non poteva che esserci grande attenzione anche per quanto riguarda la trasposizione anime di DanDaDan, il cui adattamento è curato da Science SARU su Netflix. Dopo aver osservato il grandissimo successo dei primi sei episodi, in DanDaDan 1×07 c’è una crescita definitiva attraverso la puntata Un mondo più benevolo, che permette di osservare una componente ancor più determinante nel contesto della serie televisiva: ma quale? Per comprenderlo, si indica di seguito tutto ciò che c’è da sapere a proposito di trama e recensione di Un mondo più benevolo, settimo episodio di DanDaDan.

La trama di DanDaDan 1×07, Un mondo più benevolo

Come sempre, prima di procedere con la recensione di DanDaDan 1×07, Un mondo più benevolo, è importante sottolineare innanzitutto la trama fondamentale di questo episodio, che porta con sé una svolta determinante nel contesto della serie. Come avevamo osservato nel contesto della sesta puntata dell’anime in questione, Okarun e Momo-Ayase affrontano l’Acrobata dai Lunghi Capelli Setosi per tentare di salvare Aira, che intanto ha con sé uno dei testicoli di Okarun. Quando riescono finalmente a sconfiggerla, i due si rendono conto – così come Turbo Nonna, che ne spiega il motivo – che Aira è morta a differenza loro, che pure sono stati ingeriti ma che sono riusciti a salvarsi a causa dei poteri psichici e della maledizione di Turbo Nonna. Per salvare Aira, c’è bisogno dell’aura della Donna Acrobata, la cui connessione è possibile tramite l’intercessione di Momo: nel mettere in collegamento le due, si scopre tutta la storia della donna e di ciò che ha subito.

La recensione del settimo episodio di DanDaDan: siamo già nel capolavoro?

Chi ha avuto modo di leggere le recensioni dei precedenti episodi di DanDaDan sa che il giudizio espresso per l’anime in questione è sempre stato lusinghiero, anche nel momento in cui la serie ha conosciuto un brevissimo – ma comunque giustificato – stop nel suo sesto episodio. La disposizione degli elementi e la capacità di messa in scena impareggiabile hanno permesso di parlare di una delle trasposizioni seriali più importanti degli ultimi anni e, parlando strettamente di anime, del prodotto dell’anno. Quel che era stato sottolineato, a dimostrazione del fatto che gli anime (anche più celebri) perseguono una netta linea di costruzione costante, nell’introdurre la narrazione, riguardava proprio la trama generale del prodotto animato da Science SARU: con il personaggio di Turbo Nonna, infatti, era stato possibile conoscere che uno dei motivi della possessione e della maledizione dello spirito riguardava la violenza sessuale, subita da alcune ragazze che poi avevano perso la vita, alimentando di fatto il potere del demone.

Con il settimo episodio di DanDaDan è possibile finalmente ottenere una maggiore esplicazione di tali aspetti, per mezzo della storia di uno dei personaggi che si credeva essere di passaggio; la grandissima capacità di costruire – per mezzo della finzione scenica – un meccanismo molto simile alla natura dei dungeon (ogni puntata un demone differente, con cambiamento nella componente estetica) induceva a credere che l’Acrobata dai Lunghi Capelli Setosi fosse un altro personaggio pop in grado di gravitare, nella sua funzione di mostro che tenta di distruggere i protagonisti, nell’universo di DanDaDan. L’anime ha però saputo dimostrare che esiste una fortissima porzione di profondità che si osserva dietro la caratterizzazione di ogni personaggio, e iniziare l’episodio con la soggettiva di una corsa al buio, in una notte di pioggia, aveva immediatamente rimandato ad un capolavoro nella storia dell’animazione, di cui si fa cenno successivamente. Tramite un episodio assolutamente straordinario, che si inaugura di fatto dal momento in cui c’è lo schermo bianco che accompagna la connessione tra le anime del mostro e di Aira, DanDaDan cambia definitivamente la sua storia e porta con sé un oggetto di narrazione totalmente differente, che si arricchisce sì del preziosismo tecnico e della magnificenza estetica, ma anche di una capacità di scrittura e di regia assolutamente straordinaria, che permette di menzionare un elemento mai banale – la violenza sessuale subita dalla donna – e di donare all’intero anime una nuova porzione di delicatezza e di intensità emotiva che sembrano rimandare immediatamente a quel capolavoro che è Perfect Blue di Satoshi Kon.

E capolavoro, a dirla tutta, è il termine di cui si ha bisogno anche in questo caso: non è chiaro se gli episodi della prima stagione di DanDaDan saranno 12 o 13, così come non è ancora noto il numero totale delle stagioni dell’anime in questione, che ha trovato in Netflix il suo provider e in un’unione tra immensi talenti il motore dell’incredibile espressione artistica di cui è pregno. Probabilmente, però, non c’è bisogno davvero di altro – e di certo non si immaginano dei tracolli a seguito di quel che è stato possibile osservare – per definire quanto bello sia tutto ciò che si può osservare: fino ad ora DanDaDan, con un ricorso al gore che non manca anche in questo episodio, era stato fortemente arguto nell’ambito sensoriale, ma qui si arricchisce di un pregio estremamente emotivo, con una sequenza priva di dialoghi che ricorda un altro capolavoro della storia dell’animazione (l’opening di Up) e, soprattutto, con la capacità di sublimare ogni elemento – musicale, narrativo e di regia, con la cadenzata ripresa circolare che racconta gli attimi della vita di Aira e del rapporto con sua madre – fino a renderlo immortale. La storia di DanDaDan avrà ancora tanto da raccontare ma, ad oggi, ci si ritrova di qualcosa di estremamente straordinario.

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