Presentato in concorso all’81esima edizione del Festival del cinema di Venezia, Kjærlighet (Love) è la nuova opera di Dag Johan Haugerud. Il film romantico annovera tra i suoi protagonisti Andrea Bræin Hovig, Tayo Cittadella Jacobsen, Marte Engebrigtsen, Lars Jacob Holm, Thomas Gullestad, Marian Saastad Ottesen, Morten Svartveit. Questo film romantico del regista norvegese è il secondo film della sua trilogia (Sex Dreams Love) inaugurata allo scorso Festival del cinema di Berlino con il lungometraggio Sex. Love è il quarto film di Dag Johan Haugerud che, dopo aver debuttato nel 2012 con I Belong, ha proseguito la sua carriera dietro la macchina da presa realizzando Det er meg du vil ha e poi presentando a Berlino il sopracitato Sex. A tal proposito: com’è Kjærlighet (Love)? Di seguito la recensione del film.
La trama di Kjærlighet (Love), film romantico diretto da Dag Johan Haugerud
Kjærlighet (Love) è uno dei 21 lungometraggi tra quelli selezionati ufficialmente per il concorso di Venezia81. Si tratta, come anticipato, del quarto film diretto da Dag Johan Haugerud ed è il secondo capitolo della trilogia Sex Dreams Love. Ma di cosa parla effettivamente? Segue la trama di Kjærlighet (Love):
“Marianne, una dottoressa pragmatica, e Tor, un infermiere compassionevole, stanno entrambi evitando le relazioni convenzionali. Una sera, dopo un appuntamento al buio, Marianne incontra Tor sul traghetto. Tor, che spesso passa lì la notte in cerca di incontri fortuiti con altri uomini, le racconta di esperienze di intimità spontanea e di importanti conversazioni. Incuriosita da questa prospettiva, Marianne inizia a mettere in discussione le norme sociali e si chiede se tale intimità casuale possa essere un’opzione anche per lei.”
La recensione di Kjærlighet (Love), film romantico in concorso a Venezia 81
Kjærlighet avrebbe potenzialmente quasi tutti gli elementi per poter essere un film interessante: le interpretazioni sono di buon livello, la regia è curata e Oslo funge da perfetta cornice a questi intrecci amorosi. Tuttavia la pellicola rimane costantemente in un limbo, senza mai riuscire a incidere in nessuna delle sue parti; sembra di assistere a un film sempre sul punto di diventare veramente interessante ma che sistematicamente si ferma un secondo prima. Se fosse necessario isolare un solo elemento tra quelli che rendono l’opera inconsistente, quello sarebbe la direzione generale di Dag Johan Haugerud, il quale, nonostante curi singolarmente le diverse componenti del film, non riesce poi a farle dialogare tra di loro in modo compiuto. La recitazione degli attori ne è un esempio, non sembra infatti che gli eventi che capitano loro li tangano particolarmente o peggio che i problemi che dovrebbero attanagliarli li scalfiscano affatto. A mancare è un apparato drammatico strutturato in modo tale da coinvolgere lo spettatore che si percepisce sempre al di fuori delle interazioni a schermo, come un passante disinteressato che assiste casualmente a un litigio per strada. Non vi è la capacità di rendere partecipe il pubblico alle vicende dei personaggi e questo è chiaramente espresso dal frequente ricorso ai campi medi o a figura intera e alla quasi totale esclusione di primi o primissimi piani, necessari in un’opera come questa per enfatizzare i momenti di maggiore pathos.
Certo non tutto è da buttare e alcuni spunti di interesse sono comunque presenti nel film, a partire dalla ricerca di una relazione alternativa da parte dei protagonisti e dal loro modo molto esplicito di trattare tematiche sessuali spesso considerate tabù. Il peccato è che anche questi dialoghi assumano una forma spesso più didattica che organica alla trama, pare a tratti di assistere a una spiegazione di Dag Johan Haugerud circa quali siano, dal suo punto di vista, i problemi delle coppie moderne. Nonostante siano ben interpretati i personaggi a schermo danno spesso l’idea di essere marionette nelle mani di un regista non troppo abile a nasconderne i fili. Questo senso di artificialità nella narrazione spinge ulteriormente lo spettatore al di fuori di essa, lasciandogli come unica opzione quella di vagare con lo sguardo tra le immagini di una riposante Oslo. In tal senso è esemplificativa la sequenza di apertura della pellicola, nella quale una guida turistica intrattiene alcuni turisti illustrandogli il significato celato dietro alcuni complessi scultorei del municipio di Oslo. Sembra quasi che fin dall’inizio Dag Johan Haugerud voglia porsi come un cicerone che guida il pubblico alla scoperta della sua visione dei rapporti di coppia, sfortunatamente però non è in grado di animare a sufficienza i suoi personaggi che rimangono rigidi come le statue sopracitate.
In aggiunta a tutto ciò, se da una parte l’estremo garbo dei protagonisti conferisce alla pellicola uno spirito piuttosto originale, dall’altra li rende monocordi e le scene di passione non divampano mai, ma si limitano a essere dei lumicini. Il regista norvegese non è sicuramente sprovvisto di gusto estetico, tuttavia la sua incapacità di incidere nella scrittura dei personaggi condanna il suo film alla mediocrità.