Dopo la straordinaria accoglienza di Batman, Tim Burton decide di distaccarsi dai grandi colossal per realizzare qualcosa di più intimo e tranquillo, proponendo la storia di Edward Mani Di Forbice. Il lungometraggio, che segna la prima collaborazione tra il regista e la 20th Century Fox, nonché l’inizio del sodalizio con Johnny Depp, è considerato il più personale del regista.
La trama di Edward Mani Di Forbice
Il soggetto di Edward Mani Di Forbice è stato scritto dallo stesso Tim Burton e conservato per molti anni dall’autore affinché si presentasse l’occasione giusta per realizzarlo. L’opera presenta la seguente trama:
Un ragazzo artificiale di nome Edward, che si ritrova con delle lame di forbice al posto delle mani, rimane solo dopo la morte dello scienziato che lo ha creato, ma una famiglia lo adotta. Inizialmente la gente del paese è incuriosita dalla sua diversità, ma i pregiudizi nei suoi confronti cominciano a crescere con il passare del tempo, mettendo Edward a disagio. Nel frattempo il ragazzo si innamora di Kim, l’adolescente della famiglia che lo ha preso in cura, attirando le gelosie del fidanzato Jim.
La recensione di Edward Mani Di Forbice
Con la realizzazione di Edward Mani Di Forbice, Burton inserisce l’introduzione definitiva del freak, (espressione inglese per indicare la parola “mostro“), figura che sarà sempre più preponderante nel corso della sua carriera. Al suo inizio, il film si presenta come una favola raccontata dalla nonna alla sua nipotina per darle la buonanotte. Il concetto di una vecchietta che narra le storie è un’altra parte importante della poetica di Burton, il quale vede negli anziani il punto di riferimento di un passato lontano ma che, attraverso le loro storie, può essere tanto vicino a noi. Il letto della bambina che ascolta il racconto della notte è grande quasi quanto un letto matrimoniale, come se lei fosse avvolta dai suoi sogni. Quando il racconto comincia, il protagonista Edward viene ripreso, senza che venga inquadrato il volto, mentre osserva il mondo dalla finestra: come Batman all’inizio del film precedente, l’autore mostra un personaggio che guarda tutto dal proprio rifugio, nonostante sia apparentemente staccato da ogni cosa ciò che sia al di fuori del proprio castello. Il castello di Edward era già stato mostrato nei titoli di testa attraverso numerosi piani sequenza che ritraggono un luogo di oscurità e, di conseguenza, di pace, tranquillità ed espressione (quest’ultima rappresentata dalle siepi che sono state fatte da Edward stesso), ma anche di solitudine.
A fare da contrasto con il castello vi è il quartiere urbano che Edward osserva da lontano: le case sono tutte uguali con colori accesi e sgargianti, indicando l’omologazione della società moderna. Le donne del vicinato sono infatti truccate in maniera estremamente esagerata, per mettere in ridicolo l’ossessione di voler alterare il proprio viso per apparire belle e solari a tutti i costi. Peggy, la venditrice di prodotti cosmetici, è l’unica ad apparire diversa e sensibile e, mentre cerca di vendere i suoi articoli, viene costantemente ignorata dalle proprie vicine che ormai la etichettano come persona poco interessante: Burton evidenzia già una società ossessionata dalle apparenze e che giudica le persone facendo le proprie selezioni (infatti non è un caso che Peggy porti gli occhiali). Abituata ad essere ignorata, Peggy si lascia affascinare dall’unicità del castello e decide di entrare, sperando di trovare un cliente. Prima di incontrare Edward, Peggy da’ un’occhiata alla sua stanza che non è altro che una soffitta senza tetto (il vuoto che rispecchia l’incompletezza di Edward) e nota ritagli di giornali che mostrano persone capaci di cavarsela senza arti (come un ragazzo cieco che legge con le mani) ed una foto della Madonna con Gesù Bambino: con queste immagini, Burton anticipa il tormento dentro Edward e la fede nel poter ritrovare qualcosa di migliore.
Nel momento in cui Edward mostra per la prima volta il suo volto a Peggy, rivelando il suo reale aspetto allo spettatore, quello che si vede non è solo un ragazzo con le forbici al posto delle mani, ma anche con un volto pieno di cicatrici, procurate dai tagli involontari causati dalle sue stesse lame. Le cicatrici non sono soltanto una condizione fisica, ma riflettono anche la condizione interiore di Edward che soffre a causa della sua diversità. Come Sparky in Frankenweenie, attraverso una rappresentazione fisica Burton crea la metafora di un dolore che va rimarginato. Questo concetto si espande nelle stesse mani di Edward, le quali non indicano solamente la sua diversità da tutti gli altri, ma anche la sua costante sensazione di essere incompleto, dal momento che il suo creatore non è riuscito a finirgli le mani prima di morire. Infatti, quando Edward viene “adottato” da Peggy, la quale è piena di compassione, Edward si guarda per la prima volta allo specchio e si tocca il viso, ferendosi. Peggy, per cercare di far sentire meno a disagio Edward, cerca di coprirgli le cicatrici con del fondotinta, ma nel farlo si crea una scena particolarmente grottesca in cui la faccia di Edward assume un colore rosa accesissimo, rendendolo ridicolo. Le cicatrici di una persona diventano parte fondamentale di quest’ultima e non possono essere cancellate con così poco.
La diversità di Edward Mani Di Forbice
Edward, a causa della sua condizione, è un ragazzo emarginato e quindi, proprio per questo, fragile, ma anche molto sensibile. Avendo vissuto molto tempo in solitudine, Edward ha paura e sa muoversi a malapena, dal momento che non è mai uscito al di fuori del proprio castello. Avendo difficoltà a muoversi senza risultare ingombrante con le forbici, ha anche difficoltà ad approcciarsi agli altri, ma ciò non gli impedisce di essere curioso di sperimentare nuovi ambienti in cui non si era mai immerso prima. Infatti Edward è felice appena Peggy lo porta fuori a vedere il mondo esterno, ma, quando sta in macchina, appena si emoziona per una piccola cosa e prova a farlo notare a Peggy che guida, per poco non ferisce Peggy alla faccia a causa delle sue “dita taglienti” che volevano solo indicarle di guardare dove sta guardando lui. Con questa semplice scena, Tim Burton riassume la condizione costante di Edward di essere fisicamente in contrasto con quello che vorrebbe provare, perché è difficile per un emarginato poter manifestare le proprie emozioni senza apparire inopportuno.
La figura di Edward, in quanto essere artificiale, è ispirata al concepimento della creatura di Frankenstein, la quale è stata realizzata da uno scienziato per avere il potere di Dio. Quando però Burton immerge lo spettatore nei flashback di Edward, mostra gli attrezzi dello scienziato: il laboratorio non assomiglia a quello di un professore classico, ma è un luogo grottesco i cui pezzi robotici sono formati da ingranaggi, bambole, scheletri e mani finte, dando sfogo all’arte espressionista citata nuovamente dall’autore. Con questo suo grande espressionismo, la follia del laboratorio sembra spaventosa e portatrice di qualcosa di distruttivo, ma poi si scopre che ciò che lo scienziato sta preparando non è un marchingegno complicato che deve combinare chissà quale guaio, bensì una macchina per preparare biscotti. Da questa scena Burton mostra come l’arte, come quella dell’espressionismo, considerata strana e troppo surreale da molti, sia capace di produrre delle emozioni semplici e dolci. L’autore quindi dà vita alla fabbrica dei sogni, la quale era già apparsa, in forma diversa, nel cortometraggio Gretel E Hansel.
Non è un caso che lo scienziato sia interpretato da Vincent Price, l’attore già citato in precedenza che è stato per Tim Burton, durante la sua infanzia, una grande fonte di ispirazione sia per la sua crescita che per i suoi lavori: in questo modo Price non interpreta soltanto il creatore di Edward, ma anche anche il creatore di Tim Burton. Quando dalle macchine esce un biscotto a forma di cuore, lo scienziato si lascia ispirare da esso immaginando di fabbricare un cuore reale all’interno di un automa, cosa che porterà al concepimento di Edward. Per questo Edward, pur essendo ispirato alla creatura di Frankenstein, è completamente diverso da essa, perché lo scienziato del libro di Mary Shelley ha creato il mostro per dare sfogo al proprio egocentrismo, mentre il creatore di Edward ha fatto nascere quest’ultimo semplicemente per amore. Con Edward, il freak non è più una figura di cui gli spettatori devono avere paura, ma una persona diversa che ha bisogno di affetto e che prova emozioni come qualsiasi essere umano.
Burton quindi decostruisce il mito dei mostri antropomorfi: le cicatrici di Frankenstein, il concepimento robotico e le mani che potrebbero ricordare i guanti assassini del killer Freddy Krueger, non sono un mezzo che vuole uccidere, ma una condizione da accettare per dare all’essere amore. Molto importante è infatti il flashback successivo, in cui il creatore insegna ad Edward l’etichetta per comportarsi bene a tavola in compagnia di un ospite. Tuttavia, durante la lezione, il creatore si rende conto che l’etichetta è fortemente noiosa e preferisce far conoscere ad Edward la poesia: Burton vuole quindi mettere da parte le cose che sono fatte perché dettate da regole o da schemi imposte dalla società e preferisce dare la precedenza alle espressioni artistiche che rappresentano realmente ciò che noi sentiamo dentro. Infatti, non appena il creatore comincia ad insegnare ad Edward la poesia, quest’ultimo sorride per la prima volta. Il creatore è quindi attento alla sensibilità di Edward come Burton stesso lo è, creando infatti delle scene divertenti che fanno prendere Edward in simpatia, come quando cerca goffamente di mangiare con le forbici usandole al posto delle posate.
Il mondo di Edward Mani Di Forbice
Se però lo spettatore comprende la figura del “freak buono”, è così anche per quanto riguarda la percezione della società moderna? Nel quartiere dove Edward va ad abitare, con le case che sono tutte uguali, vengono mostrate le macchine che vengono accese mentre i vicini si svegliano la mattina con la solita routine: la colonna sonora in quel momento è pomposa, quasi minacciosa, per mostrare uno schema fisso della “normalità” che si vede costantemente, con la quale Edward dovrà avere a che fare tutti i giorni per cercare di adeguarsi. Le vicine sono mostrate come delle vere e proprie impiccione, perché se all’inizio sono mostrate come donne che etichettano, dall’altro lato viene evidenziato come vogliano sempre farsi i fatti degli altri per poter giudicare qualcuno con i loro occhi. Nella società moderna si ha quindi sempre gli occhi puntati addosso, cosa che viene riassunta nella scena satirica in cui le vicine, nel primo giorno in cui Edward arriva, si appostano il pomeriggio alla casa di Peggy per dare un’occhiata al nuovo coinquilino… e sono ancora a pettegolare davanti all’edificio anche quando si fa buio.
All’inizio Edward viene accolto dalle vicine con gioia, dal momento che lo strano, per quanto diverso, riesce ad attirare per la sua unicità e a diventare affascinante agli occhi di tutti, esattamente come Tim Burton è stato capace di attirare le persone ad Hollywood. Tutti infatti vogliono parlare con il regista perché è la novità del momento, proprio come Edward riceve tante attenzioni quando Peggy organizza un comitato di benvenuto facendo un barbecue con gli altri abitanti del posto. Tutte le attenzioni però fanno sentire Edward a disagio perché lui si sente fuori posto con tutta la gente che lo osserva allontanandolo dall’intimità della sua famiglia. In questa accoglienza si nascondono varie sfumature di percezione: alcune donne reputano Edward attraente, mentre degli uomini lo prendono in giro. Un uomo anziano, che ha perso una gamba, si avvicina ad Edward dicendogli di farsi rispettare e di non lasciare che gli altri lo trattino come un handicappato: Burton crea i parallelismi con altre persone che si sentono fuori posto nella società, anche se successivamente il vecchio tradirà Edward vendendolo alla polizia, sottolineando come una persona, anche se diversa, non è automaticamente sensibile o giusta (esattamente come Beetlejuice era molto più cattivo degli altri spiriti nel film omonimo).
Tra tutte queste sfumature c’è ovviamente anche il lato più estremista, dal momento che nel vicinato c’è una cristiana fanatica che accusa Edward di essere il diavolo, diventando simbolo del bigottismo della Chiesa che tornerà sempre più volte nel cinema di Burton. In un’altra scena Kevin, il figlio di Peggy, porta Edward a scuola per mostrare ai suoi compagni come Edward potrebbe essere capace di tagliare qualsiasi cosa con le sue forbici. Edward sta al gioco e simula una mossa, spaventando i bambini i quali, allo stesso tempo, sono affascinati da una tale “mostruosità”: si tratta della rappresentazione del fascino dello spavento e del macabro che ha attirato Burton fin da piccolo. In tutto ciò, Edward conquista definitivamente il vicinato quando questo scopre che il ragazzo è capace di sfruttare le sue forbici per essere creativo, realizzando bellissime potature di piante. In questo modo le forbici, la deformità che rende Edward fragile, diventano il suo punto di forza, esattamente come Burton che usa la sua diversità per esprimersi al massimo nei propri lavori autoriali. Tuttavia, nonostante la bellezza delle sue creazioni, non è detto che la gente sia realmente interessata a ciò che trasmette.
Infatti, durante una trasmissione in cui Edward è ospite, una donna gli chiede se può farsi un intervento chirurgico, ma altri mettono in dubbio questa cosa, dicendo che così Edward diventerebbe come tutti gli altri: non sono interessati a guarirlo, ma solo ad osservarlo e commentarlo, infischiandosene di ciò che sta provando realmente. Quando Edward diventa così bravo da trasformarsi anche in un parrucchiere, Joice, una donna sessualmente attratta da lui, gli propone di realizzare un salone di bellezza che potrebbe avere molto successo. Quando Joice fa visitare ad Edward il salone, ne approfitta per spogliarsi, ma Edward scappa, imbarazzato dal gesto della donna. Quando Joice si sente rifiutata, non vuole parlare più con Edward, anzi, mette in giro voci dicendo che lui ha cercato di molestarla. Le persone quindi abbandonano gli emarginati non appena loro non danno ciò che esse vogliono. Infatti la banca, detenitrice di tutti i beni materiali dell’uomo, si rifiuta di finanziare il progetto da parrucchiere di Edward ed anzi, lo sfotte pure per le sue mani, mostrando tutta la mancanza di empatia provata dai gestori della finanza e dell’alta società.
La favola di Edward Mani Di Forbice
In questo mondo ipocrita non sono tutti cattivi, dal momento che la famiglia di Edward è molto comprensiva: Bill, il marito di Peggy, cerca sempre di dare consigli ad Edward per farlo sentire a suo agio, mentre Kevin lo ammira perché definisce le forbici “una figata”. Peggy e Bill hanno anche una figlia adolescente che si chiama Kim, di cui Edward si innamora subito. Quando Edward vede Kim per la prima volta, si imbarazza, poiché Kim si spaventa e ciò lo fa vergognare come un adolescente timido. Nonostante il suo amore, Kim è già fidanzata con Jim, il quale è il totale opposto di Edward, rappresentando tutto ciò che piace nell’alta società: un ragazzo biondo, palestrato e con occhi azzurri. Quando Edward osserva Kim che abbraccia il suo fidanzato, sente un senso di dispiacere e di disagio, perché lui non potrà mai stringere alcuna persona senza farle del male, una mancanza che è destinata a tormentarlo. Jim è figlio di due genitori benestanti e la sua apparenza lo fa sembrare rispettabile, ma lui non vede in Edward una persona con dei sentimenti, bensì soltanto un fenomeno da baraccone di cui ridere, perché lui è bello e “normale“, quindi si ritiene superiore al povero ragazzo timido. La cosa si evidenzia anche in una scena in cui Edward prende una scossa con un microfono: Kim si preoccupa per la salute di Edward, mentre Jim ride perché il momento è “buffo”.
La bellezza americana canonica e riconosciuta dalla società è quindi prepotente e bulla, ma anche carica di una grande rabbia. Quando infatti Jim comincia a sospettare che Edward possa attirare l’attenzione di Kim, lui non è adirato per lei, bensì per l’idea che un’altra persona, per giunta diversa da lui, possa prendere il suo posto, mostrando come l’americano medio sia pieno di egocentrismo e di orgoglio da maschio alfa. Infatti più Edward si avvicina a Kim e più Jim diviene aggressivo e superficiale. Quando Jim si approfitta di Edward chiedendogli di rubare i suoi stessi genitori che gli hanno negato ulteriori somme di denaro, manipolando i sentimenti che lui prova per Kim, Edward finisce nei guai e viene ritenuto responsabile del furto, senza che Jim apra bocca su ciò che è realmente accaduto. Dopo che Edward viene sorpreso come ladro, tutti nel quartiere lo evitano. Nonostante i numerosi giorni in cui un emarginato può anche essere apparentemente accolto bene, basta un semplice incidente e tutti hanno improvvisamente paura di lui. Non c’ è immedesimazione, sensibilità o comprensione: tutti abbandonano Edward alla prima occasione. Anche Joice approfitta della situazione per continuare a gettare fango su Edward, perché lei non ha mai tenuto a lui e lo ha sempre visto solo come un modo per darle una nuova esperienza sessuale, un oggetto da prendere per poi gettarlo via.
Tutte quelle case uguali con colori sgargianti sono in realtà il vero male, perché rappresentano la pochezza della civiltà umana. Un poliziotto nero è l’unico a preoccuparsi realmente di Edward al di fuori della sua famiglia, affermando un altro tassello della politica di Tim Burton dove gli emarginati, spesso messi ai confini della società, sono i primi a comprendere gli altri emarginati. Edward comincia a sentire sempre più il peso della sua diversità e si sente frustrato ed arrabbiato: pur non volendo fare del male a nessuno, si sente esplodere dentro e si sfoga sugli oggetti. Anche Peggy, nonostante ami Edward, si lascia travolgere dalla sconfitta di avere tutte le persone che la giudicano (nessuno, per esempio ha voluto partecipare alla sua festa di Natale che organizza tutti gli anni dopo lo scandalo di Edward), anzi, pensa che sia meglio che Edward se ne vada. La società sconfigge i sentimenti delle persone, riportandoli ad una normalità più vuota che però rispetta i canoni ritenuti “appropriati“.
In tutto questo, Kim rimane l’unica persona che riesce a vedere la sensibilità negli occhi di Edward e, con il passare del tempo, nota sempre di più i suoi gesti di affetto e di sincerità verso di lei, rimanendo definitivamente affascinata dalla sua creatività quando scolpisce una statua di ghiaccio, formando la neve. Quando Kim danza nella neve creata da Edward, lei si lascia trascinare dai suoi sentimenti, innamorandosi di lui. Edward dice a Kim che lei non può stringerla, ma Kim lo esorta a farlo: nonostante le sue mani di forbici, Edward riesce a fare un movimento che permette di sentire Kim tra le sue braccia. Con questo momento, Tim Burton dice al pubblico che tutte le persone possono abbracciarsi e condividere il proprio amore, perché basta semplicemente comprenderle e sapere dove toccare per aprire il proprio cuore. Gli intrecci delle persone che si amano sono il rifugio che permette delle persone che esprimono la propria sensibilità al di fuori di un mondo freddo e crudele.
Quando Edward abbraccia Kim, Burton mostra l’ultimo flashback legato al creatore, nel momento in cui è pronto a creare le mani al proprio figlio. Tuttavia, nel momento in cui sta per darle ad Edward, il creatore viene colpito da un infarto e muore, con Edward che tocca il suo viso vedendo, per la prima volta, il sangue. La morte dell’inventore corrisponde alla prima grande delusione della vita di Edward, perché ogni sogno può essere interrotto a causa di un evento orribile ed inaspettato che colpisce quando meno ce lo si aspetta, proprio come la morte del suo inventore. La stessa cosa accade nuovamente, perché l’amore tra Kim ed Edward non può durare per sempre: Kim è la luce che ricorda ad Edward tutto il bello che c’è nel mondo e la loro relazione ricalca la favola della Bella e la Bestia. Se però alla fine della favola la Bestia ritorna umana, Edward non può diventare qualcos’altro, perché la sua forma rappresenta anche il suo io interiore. Kim è innamorata di Edward ed accetta l’io interiore, ma tutti gli altri non lo accettano, così, in un’ultima disperata lotta, Jim finisce ucciso da Edward mentre quest’ultimo tenta di proteggere Kim dalla furia omicida del suo ex ragazzo, arrabbiato perché lei non è più sua. Per evitare che il suo amato vada in prigione, Kim si inventa che anche Edward sia morto durante lo scontro, facendo finire i pettegolezzi. Edward è quindi costretto a nascondersi per sempre per evitare di essere bersagliato dalla società, mentre Kim lo trasforma in un bellissimo ricordo lontano, finendo la tragedia del freak che non può stare con il suo amore a causa delle cattiverie del mondo.
Infatti, nel finale, si scopre che Kim è la nonna che sta raccontando la favola alla sua nipotina, quindi Burton, che ha raccontato fino alla fine una fiaba, esalta l’importanza delle storie da tramandare per trasmettere un significato. Edward, in quanto essere artificiale, non è invecchiato e ricorda tutte le cose belle che ha passato come se fossero sogni lontani, rimanendo a fissare il mondo dalla finestra del suo castello. Il film si conclude con Edward che taglia il ghiaccio per mandare la neve sul quartiere perché, nonostante la sua solitudine, va avanti dando speranza alle persone che hanno sensibilità, portando la neve ad altri uomini e donne che non incontrerà mai, sperando di trasmettere loro qualcosa, esattamente come Tim Burton fa con le sue storie. Edward Mani Di Forbice è una stupenda favola che lancia definitivamente la figura del mostro incompreso nel panorama moderno, attaccando la società in modo ancora estremamente attuale e accompagnando il protagonista con una dolcezza perfetta. Per questo il lungometraggio, interpretato da uno splendido Johnny Depp e da un’intensa Winona Ryder, non è soltanto uno dei più grandi capolavori di Tim Burton, ma anche uno dei più grandi film della storia del cinema.