Nel 1985 Pee-Wee’s Big Adventure rappresenta l’esordio di Tim Burton nei grandi studi di Hollywood, dopo un periodo passato a lavorare per la Disney come animatore e regista di cortometraggi. Il film, prodotto dalla Warner Bros, si rivela essere il primo successo dell’autore al botteghino ed è divenuto un cult, ma che cosa rappresenta all’interno della carriera del regista?
La trama di Pee-Wee’s Big Adventure
Pee-Wee’s Big Adventure è anche l’esordio cinematografico del personaggio di Pee-Wee Herman, interpretato dal comico Paul Reubens, il quale era diventato molto popolare a teatro ed in seguito in televisione. Il film infatti è una commedia grottesca e presenta la seguente trama:
Pee-Wee Herman vive in un mondo tutto suo, pieno di giochi e divertimenti, come un bambino imprigionato nel corpo di un adulto. Il bene più prezioso che ha al mondo è una bicicletta, ma quando quest’ultima viene rubata, Pee Wee è deciso ad attraversare tutta l’America per ritrovarla, incontrando individui sempre più strani.
La recensione di Pee-Wee’s Big Adventure
L’autore fa iniziare il film attraverso un sogno in cui Pee-Wee riesce a vincere una gara in bici, nonostante dietro la sua schiena il numero indicato sia quello dello 0. Tim Burton già mostra che il protagonista non è il tipico eroe a cui si è abituati nelle storie degli anni 80, periodo in cui dominano i personaggi “cool” con fisici scolpiti e che evidenziano una cultura reaganiana. Pee-Wee è un personaggio che, in un contesto sociale reale, sarebbe l’ultima persona ad essere considerata, ma in questo primo film di Burton è lui ad essere il protagonista. Infatti, pur non essendo un individuo isolato dal mondo (è conosciuto da tutti e qualsiasi persona lo saluta amabilmente), Pee-Wee è comunque un ragazzo strano e completamente fuori dagli schemi, talmente sopra le righe che sembra un personaggio uscito direttamente da un cartone animato: le movenze di Paul Rubens sono scattose ed imprevedibili, riuscendo a non perdere quell’eccentricità nemmeno nei momenti in cui il personaggio è apparentemente tranquillo. Una scena comica che lo vede attraversare il buio con soltanto i suoi occhi che illuminano l’ambiente, richiama infatti ad una delle gag più usate nei cortometraggi con protagonisti i Looney Tunes. Una figura del genere è completamente diverso dai classici eroi a cui era abituato il grande pubblico all’epoca.
La sua stravaganza viene riflessa anche nell’intimità della sua casa: ogni singolo lato della scenografia è un pretesto per tirare fuori i gingilli tecnologici di Pee-Wee, come un dispositivo che realizza automaticamente le frittelle… che però finiscono sul soffitto, oppure una ciotola per un chihuahua che è grande quanto quella destinata ad un buldog, oppure il passaggio della camera da letto al salotto che è rappresentato da un palo su cui Pee-Wee scivola, salendo con il pigiama e presentandosi con i vestiti nell’inquadratura successiva (citando la serie televisiva del Batman di Adam West, dove Bruce Wayne scivolava su un palo e si presentava con il costume da supereroe nella Batcaverna). Anche il lato esterno della casa non scherza, dal momento che quest’ultima si distingue da tutte le altre case, le quali hanno l’aspetto di una tipica residenza di un quartiere americano, mentre quella di Pee-Wee presenta dei colori accesissimi. Gli schemi del personaggio di Pee-Wee sono sovvertiti anche nel rapporto con le altre persone: qui non è il protagonista a corteggiare una bella ragazza, ma è una bella ragazza a corteggiare il protagonista.
Nel film la ragazza, che si chiama Dottie, non è uno stereotipo americano di una bionda svampita che non è all’altezza del protagonista poiché sgradevole agli occhi degli spettatori, anzi, viene subito inquadrata come una ragazza gentile e piacevole. Eppure, nonostante ciò, Pee-Wee rifiuta le sue attenzioni in continuazione. Pee-Wee spiega il perché di questo gesto, affermando che lui è un tipo solitario e con Dottie non ci potrebbero essere connessioni, perché non sarebbe in grado di poter entrare nel suo mondo. Qui si può cominciare a notare un pizzico della solitudine di Tim Burton, con vari semi che sono sparsi per tutta la pellicola. Tra questi va sottolineata la scena in cui Pee-Wee fa una riunione del vicinato per attirare l’attenzione e raccontare a tutti il dolore della sua bicicletta rubata: Pee-Wee prova a trascinare le altre persone nella sofferenza che sta provando, ma la sua incapacità di comunicare con gli altri rende la sua esperienza un disastro, allontanando tutti quelli che stavano con lui. Pee-Wee si sente smarrito e la sua solitudine permea nel cuore dello spettatore attraverso il viaggio che il ragazzo dovrà affrontare per recuperare la bicicletta.
Un altro concetto fondamentale della carriera di Burton, il quale comincia a prendere forma in questo esordio, è quello del punto di vista: all’inizio del film si vede Pee-Wee che rimane esaltato nel momento in cui entra in un negozio di scherzi, felicissimo all’idea di provare nuovi aggeggi per continuare a fare il burlone. Nel momento in cui ride ad un nuovo set di scherzi, Burton inquadra una donna che lo guarda contrariata, non riuscendo a comprendere la felicità della stravaganza di Pee-Wee che invece lo spettatore osserva nei suoi occhi. L’autore torna sul punto di vista mostrando Pee-Wee che lega la bicicletta attorno la statua in movimento che rappresenta un clown che ride: il clown sembra amichevole e divertente agli occhi di Pee Wee, ma quando la bicicletta viene rubata, il primo piano della statua mostra il clown in un ghigno malefico. Tim Burton mostra visivamente come la nostra percezione delle cose cambia drasticamente in base alle sensazioni che abbiamo dentro ed in base a quale individuo osserva.
Lo smarrimento di Pee-Wee’s Big Adventure
Successivamente Tim Burton fonde il concetto dell’emarginazione e del punto di vista in una delle varie tappe del viaggio di Pee-Wee, ormai completamente smarrito. Pee-Wee infatti conosce Simone, un’amichevole cameriera con cui fa amicizia e con cui decide di passare la serata insieme. I due entrano all’interno di una gigante statua a forma di tirannosauro. In quel momento entrambi decidono di aprirsi: Pee-Wee parla del suo vuoto poiché gli manca la bicicletta, mentre Simone parla del suo vuoto perché non ha mai lasciato la sua terra quando il suo sogno è quello di andare a Parigi mentre il suo fidanzato non la capisce. Entrambi si sostengono a vicenda esponendo le loro sensazioni ed in questo modo l’autore mostra un confronto tra due persone che si sentono sole. Ancora più potente è l’inquadratura con cui Tim Burton esplora la scena, perché i due si aprono all’interno della testa di un tirannosauro, la quale rappresenta la loro sensazione di soffocamento, ma dalle fessure dei denti del T-Rex si intravede l’alba, dando un senso di speranza. Proprio quando Pee-Wee e Simone si aprono a vicenda, il fidanzato origlia alla porta, ma tutte le frasi che sente, estrapolandole completamente dal contesto, le confonde per corteggiamenti sessuali. In questo esilarante equivoco, Burton non solo gioca nuovamente sul punto di vista, ma mostra anche i danni che possono scaturire da chi si limita semplicemente a guardare la superficie di un discorso così profondo. Attraverso tale gag, l’autore esprime quanto le persone emarginate possano essere comprese soltanto da chi prova lo stesso sentimento (seppur in forma diversa) mentre il resto del mondo è pronto già a giudicare ed ad arrivare a conclusioni affrettate.
Nel resto del viaggio, Pee-Wee riesce sempre a connettersi con gli emarginati, riuscendo a fare amicizia con un fuggitivo che è evaso dal carcere oppure contribuendo all’intrattenimento di un senzatetto con cui prende lo stesso vagone del treno. Tra queste parti esilaranti, non si può non citare ancora più approfonditamente il momento in cui Pee-Wee incontra un gruppo di motociclisti satanisti a cui, per sbaglio, fa cadere tutte le moto. I motociclisti stanno per ucciderlo, ma Pee-Wee riesce a conquistare la loro fiducia semplicemente ballando la Tequila. In questo modo Tim Burton mostra come sia possibile potersi salvare attraverso l’espressione dell’arte, perché anche in questo caso si tratta di un’esibizione che Pee-Wee fa per pura impulsività, scatenandosi con quello che ha dentro. Oltre all’emarginazione, l’autore è attento anche alla caratterizzazione di Francis, un uomo che si comporta come un bambinone perché è ricco e viziato. Francis è un personaggio che pretende di avere tutto ciò che vuole solo perché se lo può permettere. In un momento in cui lo vediamo farsi il bagno nella sua piscina privata, Francis gioca con la barchetta facendo finta di essere un kaiju che devasta un quartiere: oltre alla citazione di un film di Godzilla (opere tanto amate da Burton), l’autore paragona Francis ad un mostro. Infatti non a caso si scopre che è stato Francis a rubare la bicicletta, confermando il fatto che un ricco, se non può permettersi una cosa (Pee-Wee si rifiuta di vendergliela per affezione), vorrà prenderla con la forza per la sua totale ossessione dall’accumulo. Anche la critica contro la borghesia è un tema che Burton ama costantemente nella sua carriera ed infatti la satira non termina con Francis, dal momento che a Pee-Wee, quando trova la bicicletta all’interno degli studi Warner, viene proposto un accordo per realizzare un film per la sua vita, ma la Warner non si offre di pagargli la somma in denaro, bensì si approfitta di lui semplicemente proponendogli di restituirgli la bicicletta.
La stravaganza di Pee-Wee’s Big Adventure
Sul piano visivo Tim Burton sperimenta prendendo vantaggio dalla sua perfetta alchimia con Paul Rubens, sfruttando gag che possano coinvolgere la sua emotività con i tratti bizzarri e persino gotici dell’autore: tra questi c’è per esempio il momento in cui Pee-Wee cammina in città sotto la pioggia, con la sua ombra ritratta nelle mura che diventa gigante come se a camminare fosse un mostro, riflettendo il suo animo nebuloso dopo la perdita della bicicletta. Subito dopo quella scena, c’è un momento in cui dei teppisti si avvicinano a Pee-Wee per rubargli il portafogli, ma Pee-Wee li spaventa con la sua faccia arrabbiata pur mantenendo la sua aria giocosa e stramba, creando un ossimoro perfetto. Celebre è la scena dove Pee-Wee incontra una vecchia camionista che le offre un passaggio, ma che nel viaggio gli racconta la storia di un tragico incidente attraverso un’atmosfera cupa e nebolosa, per poi trasformare il suo volto in una faccia deformata e rivelando al povero protagonista di essere un fantasma. Per la scena Tim Burton si è servito della stop motion, utilizzandola nuovamente in un altro sogno di Pee-Wee dove compare un tirannosauro che devasta la sua bicicletta, omaggiando i film di Ray Harryhausen tanto cari al regista.
Gli omaggi non terminano qui, dal momento, che in un altro sogno, Tim Burton inserisce nuove citazioni all’Espressionismo Tedesco, attraverso i diavoli che ballano davanti alla bicicletta in fiamme con delle inquadrature che richiamano a Faust di Friedrich Murnau. Prima di mostrare i diavoli, la bicicletta viene trasportata da clown inquietanti in un corridoio formato da pavimenti a strisce, cunicoli senza porte e prospettive alterate, richiamando non solo al movimento amato da Burton, ma mostrando anche come il film sia ormai completamente anarchico e possa trasformarsi improvvisamente in un horror. L’atmosfera di Pee-Wee’s Big Adventure è schizzata esattamente come lo è il suo protagonista, esplodendo totalmente nel finale in cui il personaggio entra negli studi della Warner e ritrova la sua bicicletta che ruba da un set cinematografico. Una volta rubata, Pee-Wee prova a fuggire, investendo prima il set di uno spot estivo, poi il set di uno speciale natalizio ed infine il set di un film di kaiju (che si rifà a L’Invasione Degli Astromostri). Il risultato di questo percorso è vedere una scena folle in cui Pee-Wee viene inseguito dalle guardie della sicurezza mentre queste sono costretti a trascinarsi una barca che traina una slitta di Babbo Natale che ha come passeggero un uomo travestito da Godzilla.
La follia creativa ha ormai investito totalmente la commedia, che per l’occasione, durante il finale dell’inseguimento, omaggia anche gli originali film di James Bond e le commedie di Tarzan. Eppure, nonostante l’anarchia totale, Tim Burton non vuole far dimenticare l’umanità del personaggio, il quale decide di fermarsi per salvare degli animali rimasti intrappolati in un negozio in fiamme, evidenziando che lui ha rispetto per qualsiasi forma di vita. Quest’ultimo elemento è usato per mostrare un perfetto connubio tra epicità e comicità in un momento così delicato: Pee-Wee ha paura dei serpenti, ma nonostante tutto decide di salvarli svenendo mentre li tiene in mano a causa della sua fobia, contemporaneamente ad una scimmia che lo aiuta a completare il lavoro portando un cane al guinzaglio. Il finale, che vede Pee-Wee ispirare la Warner Bros a realizzare un film su di lui, dimostra che la storia di una persona “pazza” come quella del protagonista può ispirare chiunque a raccontare qualcosa nel cinema, ma allo stesso tempo le tendenze dell’audience possono stravolgere tutto: nel film, di cui Burton mostra alcune sequenze, Pee-Wee diventa un agente segreto sexy, Dottie ha l’aspetto di una modella tipica delle riviste anni 80 e la bicicletta si trasforma in una moto ruggente. Nonostante tutto, Pee-Wee abbandona il cinema, dicendo che ormai la sua storia l’ha comunque vissuta ed è pronto a vivere un’altra avventura, così che Tim Burton possa ricordare al pubblico che la storia grottesca mostrata fino ad ora è più bella e affascinante dei canoni imposti in quell’epoca.
Pee-Wee’s Big Adventure potrebbe lasciare disorientati per via della sua struttura narrativa, la quale è una sequenza di gag in cui un personaggio vaga apparentemente senza meta, ma le bellissime sperimentazioni di Tim Burton, unite all’eccellente performance del protagonista, rendono il film una commedia unica nel suo genere ed un ottimo esordio di un regista che ha appena iniziato a sfogarsi nella sua fantasia.