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Trap è una spettacolare questione di fiducia, anche metacinematografica

Nonostante le abbondanti forzature di trama, Trap viaggia spedito attraverso un registro anche e soprattutto hitchcockiano che traina uno spettacolo ricco di suspense. In puro stile Shyamalan il film, tuttavia, si mostra capace di stravolgere le carte in tavola.
Recensione del film di M Night Shyamalan Trap

Il 7 agosto 2024 debutta nei nostri cinema Trap, il nuovo film del regista di culto M. Night Shyamalan con protagonista Josh Hartnett. Un thriller che, come di consueto per la cinematografia dell’autore di Il sesto senso o The Village, fa nuovamente leva sui celeberrimi colpi di scena, sebbene in questa operazione acquisiscano connotati differenti dal solito.

La trama di Trap, il film di M. Night Shyamalan

Autore con la A quello di origini indiane M. Night Shyamalan, con il regista infatti che cura personalmente la sceneggiatura di tutti i suoi film. Non fa eccezione Trap, il quale segue il protagonista Cooper accompagnare la propria figlia adolescente Riley al concerto della sua cantante preferita. L’evento, tuttavia, si rivelerà essere in realtà una trappola per il serial killer noto come il “Macellaio”, con l’FBI venuta infatti a conoscenza della presenza dell’efferato omicida allo stesso concerto della pop star. Accerchiato dai poliziotti e senza via di uscita, Cooper inizierà a trovarsi sempre più in difficoltà… questo perché il Macellaio, in realtà, è proprio lui.

Trama di Trap film di M. Night Shyamalan

La recensione di Trap: lo Psycho killer e la mamma

È consuetudine, ormai da decenni, ripetere a mo’ di filastrocca come M. Night Shyamalan si sia conquistato nel tempo l’etichetta di vero e proprio “autore di culto”. Questo grazie ed a causa dei suoi plot twist che, all’interno della narrazione, sono divenuti celeberrimi e particolarmente inseguiti, a volte anche troppo. Un regista infatti sempre alla ricerca del perfetto escamotage che possa stupire il pubblico, ovvero attraverso quei colpi di scena che, a seconda della situazione, potrebbero tuttavia risultare eccessivamente forzati sotto soprattutto un profilo logico-narrativo.

Si inaugura la recensione di Trap indicando come, queste stesse “forzature”, siano molto presenti all’interno del nuovo film del regista di The Visit, scendendo inevitabilmente a patti con lo spettatore sulla disponibilità di voler accettare o meno una determinata soglia di sospensione dell’incredulità. In ogni caso ci si riferisce appunto a “forzature” più che a veri e propri “buchi di trama”, sollecitati anche da un certo tasso di ironia che agevola non poco la conduzione del racconto. Tolte infatti queste pressioni in sede di sceneggiatura (quasi costanti ed in alcuni casi anche ben marcate), Trap presenta non solo un racconto fatto di pura suspense in spassionato omaggio al suo Maestro, ma anche un’analisi sociale sulla modernità che sfrutta il personaggio di un serial killer per mostrare le discrasie ai tempi dei social.

Come enunciato dal titolo, il film di M. Night Shyamalan rappresenta una vera e propria trappola, sebbene questa tendi a triplicare il suo raggio d’azione: la trappola è infatti ovviamente quella tenutasi al concerto di Lady Raven (forse non solo quella), ma è anche quella dei social in un’era iperconnessa come quella di oggi, fino ad arrivare alla famiglia stessa. <<Non è piacevole seguire sempre le vite degli altri.>> viene ad un certo punto enunciato nella visione, facendo riferimento al ruolo odierno del proprio telefono come macchina a raggi infrarossi per scandagliare, senza possibile successo, la vita di una persona, specialmente quando questa viene ammantata dal ruolo sociale della celebrità. Il viso mostrato sul proprio profilo social diviene così una facciata che, in qualche modo, arriva al punto di costringere ad essere bipolari nella vita: avere un’immagine pubblica ed una privata, essere un amorevole padre di famiglia o uno spietato serial killer.

Si accennava, poc’anzi, alla proverbiale tendenza di Shyamalan di costruire una narrazione pezzo pezzo per poi inserire a forza il celebre plot twist per cambiare le carte in tavola. Ciò avviene ovviamente anche in Trap, sebbene il colpo di scena principale venga mostrato in modo quasi inedito all’inizio del film, con il Macellaio che diviene il vero protagonista della storia e ribaltando di fatto la concezione nello sguardo dello spettatore. Quest’ultimo si ritroverà in qualche modo ad empatizzare con il villain, in termini positivi (ovvero facendo il tifo per lui che possa riuscire ad evadere dalla trappola) oppure in quelli negativi, arrivando a sperare che le forze di polizia possano finalmente riuscire a catturarlo.

Speciale e profondo il modo in cui Trap rievochi il grande cinema hitchcockiano sotto questo punto di vista, di fatto stravolgendo la precedente cinematografia dello stesso Shyamalan. Quest’ultima, appunto forgiata sul proverbiale plot twist, ha come arma principale quella del mistero, del non sapere cosa stia in realtà succedendo per poi avere l’agognato atto di svelamento (appunto il colpo di scena) che possa concedere quelle informazioni necessarie ed inaspettate per far tornare le cose al loro posto. Trap relega questa funzione solo alla seconda metà del film, mentre la prima si pregia di una suspense di ferro.

Lo spettatore può così immedesimarsi nel villain protagonista, conoscendo più del resto dei personaggi e permettendo in questo modo alla palpabile suspense di uscire fuori dallo schermo, mantenendo incollati gli occhi alla visione. Un guizzo in sede di sceneggiatura che rende eccellente la prima metà del film, con gli omaggi al fondamentale cinema di Alfred Hitchcock che non terminano sicuramente qui. Il primo parallelismo che può venire in mente al termine della visione di Trap è, infatti, proprio quello con il leggendario Psycho del 1960, omaggiato a gran voce dal personaggio di Cooper non soltanto per l’evidente rapporto morboso con la figura materna, ma anche nell’ambigua e sinistra risata/smorfia “alla Norman Bates” che conclude il film.

Se nella prima parte il Macellaio viene infatti rappresentato come un serial killer ingegnoso e pronto a tutto pur di farla franca, a poco a poco il personaggio interpretato da Josh Hartnett evolve e si stratifica, arrivando al complicato rapporto tanto con il fantasma della madre quanto quello con la moglie Rachel. Dopo quella prettamente filmica nei confronti dello spettatore nell’evento esca e quella dei social nella società moderna, ecco l’altra ed opprimente trappola più volte presente nella filmografia di Shyamalan, quella della famiglia. Successivamente infatti ad una scena magistrale (tanto per forza visiva quanto narrativa) posizionata all’incirca a metà visione, Trap si “specchia” su sé stesso e cambia completamente la sua facciata, spostandosi di location, cambiando personaggi e relativa psicologia, ruoli in gioco e ritmo.

Uno sforzo non indifferente, in termini di scrittura, che infatti presenta più di qualche sbavatura lungo il percorso e rendendo più marcate le forzature citate ad inizio recensione, nonostante l’analisi tematica e la potenza del racconto restino degnamente intatte. Viene mostrata la vera natura di Cooper, quella malata, psicologicamente fragile e violenta, amplificando il tema sopracitato e riferito alla trappola dei social, ovvero quello della totale incapacità di potersi fidare di una persona, nemmeno all’interno del proprio nucleo famigliare, nemmeno di sé stesso. Una mancanza di fiducia che, in Trap, si allarga fino a comprendere anche il delicato e sanguinoso tema del terrorismo e degli attentati negli eventi pubblici, avendo purtroppo in mente il tragico passato ma rivelandosi anche amaramente profetico, ad esempio in riferimento al caso dei concerti annullati nel tour della pop star Taylor Swift.

Recensione di Trap film M. Night Shyamalan

La recensione di Trap: fidarsi dello spettacolo di Shyamalan

La sceneggiatura di Shyamalan resta particolarmente pregna di contenuto tematico e cinematografico, nonostante siano alquanto comprensibili facili critiche riguardanti le forzature in termini di trama. Citandone solo una è inconcepibile come un addetto dello staff, in possesso di quelle informazioni riservate dell’FBI, riferisca tali fondamentali istruzioni ad un totale sconosciuto… guarda caso proprio al Macellaio. Vero è che, in questo specifico caso, torni quell’agognata questione di fiducia indicata precedentemente, in quanto ogni persona custodisca la propria soglia di fiducia o diffidenza verso il prossimo.

A queste leggerezze (a volte di troppo) si potrebbe tuttavia imputare anche una totale mancanza di violenza sullo schermo, con il serial killer che si avvicina spesso a compiere le risapute azioni del Macellaio, ma che si limita semplicemente a spingere una persona dalle scale. L’orrore viene così lasciato completamente off-screen, dietro una porta serrata, con l’operazione che potrebbe far perdere di credibilità al personaggio principale nel suo ruolo di spietato omicida. Ad evitare tale sciagurato scenario, oltre alla regia di Shyamalan capace di far tenere sulle spine pur non mostrando effettivamente il vero pericolo, corre ancora la scrittura e l’interpretazione del personaggio di Cooper, il quale rappresenta al momento la miglior prova di Josh Hartnett sullo schermo.

Attore statunitense rimasto spesso se non sempre in secondo/terzo piano, Hartnett è reduce dall’Oppenheimer di Christopher Nolan per poi arrivare ad essere protagonista di questo film diretto da M. Night Shyamalan. Riprendendo la complessità psicologica di Split (con forme e risultati naturalmente diversi), attraverso gli occhi di Cooper il regista scandaglia i suoi pensieri, che corrono veloci per combattere il tempo ed evadere da quella opprimente situazione. Solo attraverso le immagini, senza la necessità di particolari linee di dialogo, viene presentato passo passo un personaggio squilibrato affetto da doppia personalità, agorafobia, disturbo ossessivo compulsivo ed altri deficit rievocati in maniera impressionante da Hartnett.

Nel modellare un moderno Norman Bates, i tic fisici si uniscono così ad una terrificante luce negli occhi, per un personaggio smarrito e tormentato dai suoi fantasmi, precisamente dal fantasma di sua madre appunto, al quale non riesce a conferire perdono accendendo la “luce del suo telefono”. Cooper è smarrito, imbottigliato in un pubblico coeso dalla musica ed incapace di gustarsi il giorno più bello della vita della figlia, con Shyamalan che fa vivere il concerto di Lady Raven attraverso gli occhi del killer, inevitabilmente distante e continuamente in disparte.

Citando il concerto, non si può non sottolineare un’accurata ricostruzione dell’evento, che concede la propria musica diegetica alla funzione cinematografica in coordinazione con le immagini e con le note che, nonostante non siano necessariamente quelle, permettono di mantenere quasi costantemente alta la tensione. Regina del concerto è poi la Lady Raven di Saleka, altra figlia dello stesso regista insieme a Ishana, quest’ultima debuttante dietro la macchina da presa proprio quest’anno con The Watchers. Avendo per forza in mente il recente fenomeno legato a Taylor Swift, oppure un’inesauribile icona come Lady Gaga, il personaggio della pop star si potrebbe avvicinare tuttavia più alle corde di Lana Del Rey (anche per una quasi assonanza con il nome di Lady Raven).

Il regista cuce addosso alla propria figlia un personaggio che gode di un’ottima impostazione scenica anche sul palco, con l’artista che ha personalmente interpretato e composto le efficaci canzoni della scaletta. Saleka dimostra tuttavia anche spiccate capacità recitative al suo debutto sul grande schermo, ricoprendo anche un ruolo di final girl sebbene in modalità alquanto singolari. Insomma Trap fa puramente suo il tema principale mostrato sullo schermo legato alla questione di fiducia, con Shyamalan che chiede allo spettatore di accettare le numerose forzature all’interno della narrazione e di fidarsi della potenza delle immagini.

Arrivando a questo punto, il film sprigiona tutta l’impressionante e geometrica maestria del regista della conduzione e del dominio della macchina da presa, con uno spettacolo di suspense che ne assicura l’intrattenimento anche e soprattutto grazie al fondamentale lavoro di montaggio. Oltre ad una sceneggiatura pregna di significato che omaggia spassionatamente il grande cinema del passato, Trap è appunto una dimostrazione anche tecnica della spiccata capacità evocativa del regista, che qui può contare anche sull’esaltante prova da protagonista di Josh Hartnett.

4,0
Rated 4,0 out of 5
4,0 su 5 stelle (basato su 2 recensioni)
Locandina film M. Night Shyamalan Trap
Trap
Trap

M. Night Shyamalan conferma e rimodella il suo cinema con un thriller dalla stanza chiusa pronto ad evolversi e scardinare le sue concezioni, contando su un ottimo attore ed uno spettacolo di suspense ferreo.

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

07/08/2024

Regia:

M. Night Shyamalan

Cast:

Josh Hartnett, Ariel Donoghue, Saleka, Hayley Mills, Alison Pill

Genere:

Thriller

PRO

La prima metà del film è eccezionale, uno spettacolo di suspense mantenuto comunque di buon livello fino alla fine.
Impressionante la prova da protagonista Josh Hartnett.
Altissimo livello di regia per Shyamalan, che viene supportato da un forte comparto tecnico e da una sceneggiatura capace di impostare un’analisi sulla nostra contemporaneità.
La stessa sceneggiatura presenta tuttavia continue forzature di trama più che veri e propri buchi, arrivando a minare la logicità narrativa.
La violenza e l’orrore vengono totalmente lasciati off-screen.