Articolo pubblicato il 19 Luglio 2024 da Andrea Barone
La grande accoglienza di X-Men 2 ha convinto la 20th Century Fox a dare grandi risorse per X-Men: Conflitto Finale, il sequel che conclude la prima trilogia iniziata da Bryan Singer. Stavolta però il timone viene passato a Brett Ratner a causa dei grandi impegni del suo predecessore.
La trama di X-Men: Conflitto Finale
Ispirato all’arco narrativo della Saga Di Fenice Nera scritta da Chris Claremont ed alla storia Talenti scritta da Joss Whedon, X-Men: Conflitto Finale segue le vicende del suo predecessore. Il cinecomic Marvel presenta infatti la seguente trama:
L’industrialista Warren Worthington II è riuscito a far sviluppare un siero che permette ai mutanti di essere “curati” diventando umani e cancellando il gene che permette loro di avere i poteri. Nonostante la cura non sia obbligatoria, numerose sono le proteste da parte della comunità mutante, specialmente dopo l’intervento di Magneto che aumenta le tensioni con il governo. Nel frattempo succede un miracolo: Jean è ancora viva. Tuttavia quest’ultima ha sviluppato una seconda personalità, chiamata Fenice, che non riesce a controllare e che la spinge a uccidere le persone e rischiando di ferire anche i suoi amici. Di conseguenza, da un lato gli X-Men devono affrontare il possibile scoppio di una guerra e dall’altro devono vedersela con una creatura più potente del professor Xavier.

La recensione di X-Men – Conflitto Finale
Il terzo capitolo si riallaccia alle basi politiche create da Bryan Singer, mostrando un governo spaventato che agisce alle spalle dei suoi stessi collaboratori (in questo caso Bestia) con l’applicazione di armi aventi come base la cura mutante e che vengono realizzate in segreto. Infatti è interessante la figura del presidente degli Stati Uniti, la quale vuole tollerare i mutanti ma allo stesso tempo è troppo spaventato dalle rivolte di questi ultimi, cosa che lo fa agire con paura e disonestà. Molto belle anche le scene con Warren Worghinton ed il suo figlio omonimo (soprannominato Angelo), specialmente nella parte in cui quest’ultimo, dodicenne, cerca di tagliarsi le ali prima che suo padre scopra i suoi poteri, un momento struggente che sembra richiamare ad un ragazzo che non accetta la propria omosessualità. La cura dei mutanti è infatti un simbolo dell’immaginaria cura all’inesistente gene gay che molti conservatori vorrebbero avere, vedendo un altro orientamento sessuale come se fosse una malattia. Infatti è intenso il momento in cui Angelo accusa suo padre di non realizzare la cura per il figlio, bensì per sé stesso: la cura non è fatta per un bene comune, ma soltanto per soddisfare chi non accetta la diversità.
Il discorso è diverso per il personaggio di Rogue, una mutante che non può toccare le persone senza assorbire la loro vitalità, cosa che le impedisce di avere rapporti fisici con il suo fidanzato (compreso un semplice bacio). Il triangolo tra Bobby, Kitty e Rogue è molto intelligente, perché per quanto Kitty non sia l’amante di Bobby, è evidente che quest’ultimo sia attratto da lei proprio per la possibilità di poterla sfiorare. Le scene in cui Rogue osserva gli altri due con tristezza e gelosia sono molto toccanti e le sue vicende le danno una splendida chiusura narrativa. Tuttavia, nonostante i momenti interessanti legati alla cura dei mutanti, si sente la mancanza di scene che mostrino gli adolescenti indecisi sul siero, evidenziando quindi l’accettazione di loro stessi ed i loro disagi ad essere visti come diversi. Rogue infatti, per quanto sia un grande personaggio, ha una condizione così estrema che è difficile metterla a paragone con altre persone diverse, perché chiunque vorrebbe rinunciare al suo potere (soprattutto la Rogue cinematografica, non avendo lei il volo e la superforza come nei fumetti originali o nelle serie animate).

La fenice di X-Men – Conflitto Finale
Lo sviluppo di Jean Grey risulta essere la prima volta in assoluto che un personaggio protagonista di una saga diventa uno degli antagonisti principali di un cinecomic, trasformandosi persino in uno spietato assassino. Tale svolgimento prevede un grande impatto drammatico ed è sicuramente stimolante l’idea che la Fenice dentro la donna sia causata da emozioni represse per colpa della paura del suo potere che viene manifestata da Xavier, cosa che che porterebbe alla prima controversia legata al capo degli X-Men. Tuttavia il film commette l’imperdonabile errore di mettere da parte Scott, personaggio che già era stato sacrificato troppo nei film precedenti e che ora scompare proprio nel suo ruolo più importante. Nel secondo capitolo Jean aveva scelto Scott al posto di Logan, quindi il ruolo del primo sarebbe stato fondamentale per dare un maggiore impatto alla storia. Tale scelta è dovuta al fatto che l’attore James Marsden non poteva stare troppi giorni sul set a causa dei suoi impegni con Superman Returns.
Per mettere una pezza a questa gestione molto problematica, si decide di centralizzare l’amore di Jean sulla figura di Wolverine, il quale fa di tutto per riportare la donna alla normalità. Le scene con Wolverine sono coinvolgenti e struggenti, soprattutto con le grandi interpretazioni di Hugh Jackman e Famke Janssen. Anche il confronto con il professor Xavier è ben fatto grazie all’intervento di Magneto che contribuisce ad aumentare la tensione in un momento psicologicamente fragile che sottolinea la grande confusione di Jean posseduta dalla Fenice. Il problema è che, dopo una buona presentazione, lo sviluppo di Jean scompare completamente per dare spazio alle vicende della cura anti-mutante: Brett Ratner infatti non riesce a gestire entrambe le cose contemporaneamente e decide di mettere una pausa alla Fenice che diviene un personaggio sacrificato, salvo essere ripreso velocemente nell’ultimo atto. Nonostante il finale sia ottimo, soprattutto per l’ultimo dialogo con Wolverine che è probabilmente una delle scene più iconiche della saga, la sensazione di spreco per un personaggio così importante rimane comunque molto presente.

Lo sviluppo di X-Men – Conflitto Finale
Nonostante Brett Ratner sacrifichi Jean per concentrarsi sulle vicende politiche, anche queste ultime risultano riuscite solanto a metà. Spesso i nuovi personaggi hanno un’ottima presentazione ed una buona risoluzione, ma non hanno uno sviluppo centrale ben costruito. Bestia (realizzato con uno dei migliori make-up mai visti in un cinecomic) è interessante nel suo ponte tra il governo degli Stati Uniti e la comunità dei mutanti, ma le vicende lo portano immediatamente ad abbandonare questo incarico in breve tempo, così come Angelo, pur essendo intenso, compare soltanto in poche scene e non costruisce alcun legame con nessuno dei protagonisti. Il problema principale è che Brett Ratner sacrifica molti dialoghi in favore di un’azione sicuramente ben confezionata e con momenti spettacolari (lo scontro nella casa di Jean è bellissimo, così come l’imponente scena in cui Magneto sposta un ponte), ma che comprime le potenzialità che gli X-Men dovrebbero rappresentare nella profondità dei temi. Fortunatamente i protagonisti sono ancora carismatici e coinvolgenti, tra cui Tempesta che deve affrontare il peso di portare avanti l’eredità del professore.
Inoltre, nonostante lo spreco della Fenice, i villain del terzo capitolo vengono sorretti dalle ottime scene di Magneto, il quale non ha perso un briciolo della sua splendida psicologia e risulta essere il personaggio meglio riuscito di tutto il film. Le scene in cui recluta i mutanti, facendo riferimento allo sterminio dei nazisti, sono molto intelligenti, così come la sua ossessione per la sua causa reazionaria tanto da non vedere le pericolosità di Fenice, venendo troppo accecato dall’idea di perfezione della razza mutante che spezza il legame anche con le vittime che vengono colpite dalla cura (reputate da lui improvvisamente insignificanti proprio perché non più mutanti). Non si può dire lo stesso degli scagnozzi del leader, perché il Fenomeno e Callisto sono personaggi piatti che servono soltanto a creare scene di combattimento divertenti. La cosa non sembra tanto diversa da Sabretooth e Toad nel primo capitolo, ma dalla figura di Pyro, un adolescente che nel film precedente era amico di Bobby e Rogue, ci si poteva aspettare decisamente di più, non tenendo testa alla simbologia di Mystica come braccio destro di Magneto.

X-Men: Conflitto Finale è un film che intrattiene con efficacia grazie a scene action ben costruite e momenti toccanti accompagnati da elementi politici interessanti, ma la confusione nello gestire due importanti eventi in contemporanea, che finisce di sacrificare personaggi importanti, rendono il cinecomic molto meno efficace dei precedenti film di Bryan Singer.