Articolo pubblicato il 2 Febbraio 2025 da Gabriele Maccauro
Tra le numerose tecniche di montaggio cinematografico, una delle più interessanti e di cui si è fatto largo uso, nell’ambito della storia del cinema, è quella dello split screen, conosciuto anche con l’accezione italiana di schermo condiviso o di schermo diviso. A dire il vero, non si tratta soltanto di una tecnica cinematografica, dal momento che appartiene al mondo dell’informatica ed è proprio anche di altri media, tra cui anche la televisione o il videogioco; lo split screen è, in termini tecnici, uno sdoppiamento o una frammentazione dello schermo in diverse inquadrature: ma che cos’è e che cosa significa split screen? Nel tentare di comprenderlo, si offrono anche alcuni esempi celebri nel cinema.
Che cos’è lo split screen, quando viene utilizzato e tipologie
Quella dello split screen è una tecnica, che viene utilizzata nel frammentare lo schermo in più inquadrature; non esiste una regola precisa circa il numero di frammentazioni totali, dal momento che le tipologie portano a realizzare lo split screen in formati e in modalità differenti: naturalmente, questa tecnica viene utilizzata o per finalità narrative e tematiche, che sono relativi alla messa in contrapposizione di caratteristiche differenti o di differenze che si avvertono dal punto di vista personalistico, o per un motivo più pratico; numerosi split screen, infatti, sono realizzati quando si vuole mostra l’atto di una telefonata, lasciando entrambi i protagonisti di questo gesto sullo schermo, affinché si possano misurare contemporaneamente reazioni e comportamenti. In quest’ultimo caso, i protagonisti vengono mostrati spesso in primo piano, con lo schermo che viene diviso a metà verticalmente, mentre in altri casi lo split screen prevede delle regole e dei comportamenti differenti.
Ma quali sono le tipologie di split screen che sono realizzate nell’ambito della storia del cinema? Di sicuro, il formato più classico è quello 1+1, in 8:9, mentre nel caso in cui lo split screen sia orizzontale il formato cambia in 16:4½. Tra le tipologie di split screen c’è quella – anche se raramente utilizzata in ambito cinematografico – di 1+3 in 4:3, con la sua controparte 3+1. Quando lo split screen diventa multiplo, si osservano tipologie come il 2×2 in 16:9, il 3×3 in 16:9, il 4×4 in 16:9 per il 4×3 in 4:3. Infine, da considerare anche l’1+12 realizzato in 16:9.
Gli esempi celebri di split screen nella storia del cinema
Per guardare più chiaramente a quali sono gli split screen, potrebbe essere utile considerare alcuni degli esempi più celebri nella storia del cinema. Benché la tecnica non sia stata da lui inventata, Abel Gance fu uno dei primi promotori della tecnica della polivisione nel suo celebre Napoleone del 1927, in cui si introduce una forma di split screen che diventerà poi incredibilmente rappresentativa, ottenendo un grandissimo successo nell’ambito del mercato occidentale; lo split screen è stato poi utilizzando in alcuni esempi di film diventati amati dal pubblico, come Harry ti presento Sally e Io e Annie, oltre che nel cinema di Brian De Palma, che ne è sempre stato grande estimatore: un grande esempio, in tal senso, è lo split screen in Omicidio in diretta.
Non è ancora finita qui, dal momento che tra gli esempi celebri di split screen nel storia del cinema c’è quello in La signora della porta accanto di François Truffaut, o quello in Inseparabili di David Cronenberg, realizzato per mettere in contrapposizione i due gemelli Mantle entrambi interpretati da Jeremy Irons. Più di recente, abbiamo esempi di split screen in Hulk di Ang Lee, in cui lo split screen è funzionale alla narrazione “a fumetto”, Kill Bill Vol. 1, Nymphomaniac, Requiem For a Dream, Vortex di Gaspar Noé interamente realizzato in split screen, e The Fall Guy, in cui i personaggi di Ryan Gosling ed Emily Blunt ironizzano proprio sull’utilizzo di tale tecnica di montaggio al cinema.