Articolo pubblicato il 9 Luglio 2024 da Bruno Santini
Ha fatto il suo esordio sulla piattaforma di streaming Netflix a partire dal 3 luglio 2024 e, da quel momento in poi, è diventato un fenomeno mediatico in maniera piuttosto rapida: stiamo parlando di The Man with 1000 Kids, una docuserie Netflix che racconta la storia di Jonathan Jacob Meijer, insegnante, trader di criptovalute, youtuber e, soprattutto, prolifico donatore di sperma che si dice abbia dato vita a più di 3000 persone in totale secondo alcune stime. La serie Netflix in tre puntate racconta le falle del sistema di donazione olandese e mondiale, di cui Jonathan Meijer ha saputo velocemente sfruttare le componenti nel corso degli anni: ma con quale risultato? Di seguito, si indica la trama e la recensione della docuserie The Man with 1000 Kids.
La trama di The Man with 1000 Kids: di che parla la docuserie Netflix?
Prima cosa che c’è da sapere, prima di proseguire con la recensione di The Man with 1000 Kids, interessa la trama della docuserie in questione, che racconta la vita di Jonathan Jacob Meijer: il racconto è incentrato sulle donazioni dell’uomo, conosciuto principalmente su siti di donazione privata o attraverso banche del seme, che ha permesso la nascita di oltre (secondo sue stime, mentre in altri casi si giunge a parlare di quasi 3000) 600 bambini, nel corso degli anni, partendo dai Paesi Bassi e finendo in tutto il mondo, in paesi come Stati Uniti, Italia, Canada, Australia e tanti altri ancora. La serie in questione racconta anche del funzionamento del sistema delle donazioni e delle regole che sono presenti in ogni paese, con un accento posto anche sul sistema legislativo che ha portato a fermare l’uomo nel 2019.
La recensione di The Man with 1000 Kids: poco mordente in una docuserie importante, ma strutturalmente povera
Nel leggere le intenzioni di una docuserie che giunge su Netflix nel momento in cui Jonathan Jacob Meijer può ancora continuare, ogni giorno, a raccontare la sua verità attraverso il canale Youtube (che naturalmente cresce di visualizzazioni) rappresenta, di per sé, il motivo per cui una serie come The Man with 1000 Kids è importante: documentare, come da etichetta stessa del prodotto, circa un elemento che non presenta tratti di illegalità – entro un certo limite – ma che si avvale di tutte quelle che sono le falle di un sistema poco (o per nulla) regolamentato, producendo dolore e difficoltà per le generazioni del futuro. La storia di The Man with 1000 Kids viene raccontata adesso, ma probabilmente gli effetti potremo osservarli soltanto in futuro: parliamo di centinaia e centinaia di nascite che giungono dallo stesso uomo che, mentendo sulla sua identità e sfruttando lo scarso controllo delle banche del seme, ha potuto donare il suo sperma nel pubblico e nel privato, determinando la nascita di (almeno) 600 bambini, con il rischio che questi diano vita a rapporti incestuosi futuri e a problematiche legate alla contaminazione delle linee genetiche.
Un danno che non ha bisogno di essere spiegato dal punto di vista biologico e che lo stesso Meijer continua a negare, se si osservano i suoi video, ma che a dire il vero la stessa docuserie non riesce mai a chiarire davvero. Servendosi di una struttura strutturalmente povera, che fa a meno dello stesso donatore prolifico (che si è rifiutato di partecipare al prodotto Netflix), The Man with 1000 Kids racconta della genesi di Jonathan Jacob Meijer, fino alla decisione che c’è stata nel 2019 in cui è stato imposto all’uomo di non continuare – pena 100mila dollari di multa – con la sua attività: nel bel mezzo, un’attività incessante portata avanti sia attraverso banche del seme, sia nel privato, con diverse famiglie coinvolte. Purtroppo, manca sia la capacità di approfondire, sia quella di andare a fondo nella reale denuncia che la docuserie potrebbe offrire: allontanandosi totalmente da qualsiasi superfluo giudizio morale circa la donazione dello sperma, The Man with 1000 Kids avrebbe potuto parlare a fondo di quanto scarsa e stentata sia la burocrazia che regola le donazioni di sperma, quanto facile sia aggirare la normativa di ogni paese (che, tra l’altro, cambia e in alcuni casi non offre neanche specifiche a proposito di donazioni, come avviene in Inghilterra dove si parla di 10 famiglie ma non ci precisa il numero di bambini possibili da un solo donatore); tuttavia, non si riesce in nessuno di questi obiettivi: e ancora, non si pone mai davvero l’accento su quanto banale sia il meccanismo di controllo di banche del seme per nulla supportate nella loro attività e per le quali basta semplicemente firmare una dichiarazione e presentare un nome falso, pur di continuare a operare.
Piuttosto, The Man with 1000 Kids preferisce affidarsi ad una struttura piuttosto stereotipante, fatta del coinvolgimento di poche persone che, a rotazione, commentano un medesimo momento, con l’aggiunta di alcune riprese che servono a sopperire la mancanza di materiale d’archivio; il tutto, entro il ritmo incalzante e quasi ossessivo di riprese di Google Earth ed emoji, che vengono utilizzate per simboleggiare ogni nuova nascita che giunga direttamente dallo sperma di Jonathan Maijer. Una docuserie importante, ma che non sfrutta minimamente l’occasione e che, anzi, fallisce a pieno il suo obiettivo, non essendo né determinante ai fini di una narrazione concreta – ci sono addirittura dubbi circa alcune dichiarazioni, da verificare -, né incisiva nella denuncia che avrebbe potuto realizzare. Poco mordente e ancor meno struttura, per una serie in cui sembra che ci si sia concentrati, piuttosto, su qualche emoji di troppo e che, nel suo finale, regala anche una perla di rara bruttezza: “In fondo, nel bene o nel male, siamo una grande famiglia creata da Jonathan”.