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Horizon: An American Saga – Capitolo 1 rappresenta un’operazione senza senso?

Horizon: An American Saga è il primo di quattro capitoli scritti e diretti da Kevin Costner: ma com’è questo incipit del kolossal western del noto attore e regista?
La recensione di Horizon: An American Saga - Capitolo 1, di Kevin Costner (2024)

Horizon: An American Saga – Capitolo 1 è la prima di quattro parti dell’epopea western scritta (con Jon Baird) e diretta da Kevin Costner, distribuita nelle sale cinematografiche italiane a partire da giovedì 4 luglio 2024 dopo che è stata presentata in anteprima globale nella sezione Fuori Concorso alla 77esima edizione del Festival del cinema di Cannes. In quell’occasione c’è stata una standing ovation di 10 minuti che ha profondamente commosso lo stesso Kevin Costner. Ma in attesa di poter vedere il secondo capitolo il prossimo 15 agosto: com’è Horizon: An American Saga – Capitolo 1? Di seguito la recensione del film la cui durata è di 181 minuti circa.

La trama di Horizon: An American Saga – Capitolo 1, film di Kevin Costner

Horizon: An American Saga – Capitolo 1 conta molte linee narrative differenti che al momento si sfiorano senza mai incontrarsi, anche se soltanto in un paio di occasioni si può effettivamente parlare di biforcazione della storia. Siccome i personaggi ed i rispettivi background abbondano nel film di Kevin Costner, su cosa è incentrato questa prima parte? La trama di Horizon: An American Saga – Capitolo 1.

“San Pedro Valley, Arizona, 1859. Un agrimensore con il figlio prende le misure di un terreno apparentemente disabitato a ridosso di un fiume. Alcuni pellerossa uccidono entrambi. Quell’appezzamento è denominato Horizon, orizzonte. Quattro anni dopo, una tribù di Apache vive sui monti vicini a Horizon. Una notte, mentre i coloni festeggiano, attaccano. Pochissimi bianchi si salvano. Alcuni nascondendosi tra le rocce. Una donna (Sienna Miller) e la figlia (Georgia MacPhail), nascoste nella cantina sotto la casa incendiata dagli Apache (il marito e il figlio muoiono) vengono salvate dal tenente Trent Gephart dell’esercito nordista (Sam Worthington). Montana. Il taciturno cowboy Hayes Ellison (Kevin Costner) si ritrova involontariamente invischiato in un regolamento di conti. Dovrà fuggire a cavallo insieme alla prostituta Marigold (Abbey Lee) e a un bambino. Infine, il tracker Van Weyden (Luke Wilson) guida una grande carovana di pionieri speranzosi di trovare la “terra promessa”. Mentre si sta costruendo la ferrovia che unisce l’Est al New Mexico (anche grazie agli schiavi cinesi). E i soldatini, dalle praterie, vengono spediti a combattere la Guerra Civile.”

La recensione di Horizon: An American Saga – Capitolo 1, ovvero un prodotto alquanto ambiguo

Un uomo che ha segnato il proprio declino pur di rincorrere il sogno di vestire i panni di un eroe western nell’immaginario collettivo è Kevin Costner, regista e attore di diversi film appartenenti a questo genere, nonché famigerato volto di una serie TV intitolata Yellowstone (5 stagioni) che ha poi abbandonato. Dopo circa 20 anni dall’ultimo western da lui diretto, ovvero Terra di confine – Open Range (2003), Costner torna dietro la macchina da presa e nel ruolo di un protagonista nell’ambiziosissimo Horizon: An American Saga – Capitolo 1. Il desiderio bramato dalla fine degli anni ’80 e infine ancora in fase di realizzazione sta finalmente emergendo, e lo sta facendo sul grande schermo passando prima di tutto a Cannes, Festival dove l’attore e regista mancava da un pezzo. L’intenzione è quella di presentare la nascita di una nazione, gli Stati Uniti, partendo dal 1859 e attraversando molteplici realtà geografiche. Di fatto, i paesaggi sono sempre stati i veri protagonisti dei film western, e conscio del suddetto fattore Costner dirama le varie linee narrative in altrettanti luoghi del vecchio West, offrendo persino uno sguardo all’Est, punto da cui si parte per la costruzione delle prime rotaie collegate fino al New Messico.

Per chiarezza chi scrive fa presente ai lettori che il voto assegnato al primo capitolo di questo progetto è perlopiù basato sull’analisi della manovra produttiva, poiché per valutare in maniera maggiormente profonda e dettagliata Horizon: An American Saga nella sua totalità è necessario attendere la sua naturale conclusione. Ciò che spiazza di un prodotto alquanto ambiguo come quello proposto da Kevin Costner, che qui è sincero, di cuore nel proporre un western neoclassico composto da specifici topoi narrativi – come la difesa dei propri confini, l’eroe silenzioso e malinconico, il viaggio delle carovane e il voler per forza pareggiare i conti da parte di famiglie incattivite -, è il suo linguaggio nella messinscena. Certamente, il noto regista sembra quasi aver fatto sua la lezione del John Ford interpretato da David Lynch nel finale di The Fabelmans, e quindi riesce a sfruttare al meglio l’andamento dell’orizzonte per illuminare le figure e i volti dei personaggi, in modo tale da far trasparire le emozioni provate da chi compare. Lo stesso dicasi per le altre luci naturali presenti, specialmente quelle della pioggia e del fuoco. Al contrario sono il montaggio e l’abbondanza di personaggi presentati nell’arco dei 181 minuti di Horizon: An American Saga – Capitolo 1 a confondere gli spettatori: si rimbalza tra i differenti (e numerosi) racconti, e talvolta viene annullato il pathos auspicato, come ad esempio nella sequenza finale con i bianchi alla ricerca degli scalpi degli indiani, oppure l’avvicinamento sentimentale tra Frances Kittredge ed il Tenente Trent Gephardt.

L’incipit è invece notevole sia sul piano della costruzione enfatica che in termini prettamente estetici, poiché Kevin Costner sembra persino contraddire l’ideologia da lui mostrata nel suo capolavoro Balla coi lupi (1990) lasciando temporaneamente credere agli spettatori che siano gli indiani i cattivi. Sono loro inizialmente a far fuori i primi visitatori della terra battezzata Horizon, e sono sempre i nativi in seguito ad attaccare i nuovi coloni in sequenze che ricordano Gli inesorabili (1960), ossia quando i bianchi si barricano in casa per contrastare i pellerossa, ma prima ancora anche Sentieri Selvaggi (1956). Il sangue versato per certi versi sembra richiamare la cruda spettacolarizzazione della violenza di Sam Peckinpah (Il mucchio selvaggio, 1969), mentre gli spazi verdeggianti mostrati lasciano riecheggiare i western di Anthony Mann, in particolare Là dove scende il fiume (1952) e Lo sperone nudo (1953), e di quest’ultimo sembrano addirittura poterci essere delle potenziali similitudini tra il personaggio interpretato da Costner e il protagonista di James Stewart. C’è una scena invece, quella del bar quando il bambino vuole acquistare le armi e si imbatte in un indiano e suo figlio, vagamente ricollegabile al tema della vendetta e alla sua rappresentazione in Winchester ’73 (1950), sempre di Mann, mentre per le sequenze in Montana impossibile non pensare a I compari (1973) di Robert Altman, così come le carovane del Kansas ricordano l’umoristico La carovana dei mormoni (1950).

Insomma, in Horizon: An American Saga – Capitolo 1 riecheggiano temi e archetipi carissimi alla storia del western, e quindi del cinema, e in questo sarebbe ingiusto non riconoscere a Kevin Costner la volontà di restituire al pubblico un prodotto unico, facilmente decifrabile (dunque popolare), minuziosamente studiato nel corso degli anni. Ma è davvero così accessibile il progetto caldamente desiderato dall’autore? Per chi scrive, probabilmente si tratta di una prima parte che parla la lingua delle serie TV, e infatti sembra di star guardando un grande episodio pilota che getta le basi per ciò che verrà in futuro, con tanto di sequenza di montaggio finale dall’effetto trailer. Il secondo capitolo è alle porte, eppure spiazza – negativamente – osservare una serie di elementi molto più vicini alla serialità che al cinema, sia nell’estetica (con un digitale posticcio) che nella narrazione. Per il futuro ci sarà senz’altro modo di approfondire il potenziale politico che, si spera, verrà sviluppato già meglio nel capitolo 2 il prossimo 15 agosto, ramificando argomenti come: il rapporto tra nuove e vecchie generazione; l’eterno confronto tra nativi e coloni; la nascita del sogno americano nato col sangue versato; la preoccupante modernità della guerra. Interessante, infine, sarà osservare il passaggio dalla società comunitaria (l’aratro segue la pioggia) a quella industriale tramite la storia del personaggio cardine (come già preannunciato), nonché l’eroe, Hayes Ellison, il quale potrebbe scandire l’introduzione del mercato soppiantando il libero scambio: alimenterà allora la mobilità sociale?

Horizon: An American Saga – Capitolo 1 alimenta più dubbi che certezze

Al momento, purtroppo, sono tanti i dubbi su quanto visto sul grande schermo, poiché gli attori grossomodo costruiscono la personalità dei rispettivi personaggi adottando una serie di “faccette” stereotipate molto sui generis – di conseguenza l’overacting è più che uno spettro -, così come la colonna sonora motivi ricorrenti per creare familiarità e coerenza tra i diversi contesti e toni manifestati, mentre la fotografia è più funzionale che drammatica. A tal proposito, sembra che in questo primo capitolo si sia preferito adattarsi alle condizioni di ripresa rapide invece di costruire una maggiore coerenza stilistica con la regia di Costner.

Il ritmo è sorprendente rapido ma non sempre risulta solenne come dovrebbe essere in un western, poiché è tipicamente televisivo presentare transizioni veloci e scene maggiormente brevi. Si poteva scegliere di ambientare Horizon: An American Saga – Capitolo 1 in diversi decenni per concludere ciascun capitolo in maniera più o meno autoconclusiva, ma la forma è da serie televisiva, tra le altre cose esteticamente simile ad alcuni prodotti Netflix, e quindi ognuna delle linee narrative prosegue almeno momentaneamente per conto proprio fino a quando – come plausibile – si incroceranno tutte, seppur alla lontana.

Le varie storie camminano con le proprie gambe, ma non si capisce per quale motivo sia stata presa la decisione di presentare l’intero progetto come un’unica epopea cinematografica che però comunica più con il linguaggio della televisione che con quello del grande schermo. Nel panorama moderno è utopistico distribuire 4 parti al cinema (2 ancora da girare) di un film di 12 ore complessiva invece di distribuirlo sul piccolo schermo, ma d’altronde quella di Costner è un’utopia dal cuore tenero e dalle ambizioni che chiaramente vanno oltre il reale. Ad oggi, sempre secondo chi scrive, sarebbe da preferire un approccio da western postmoderno, ibrido e ancora da scoprire, come quello di As Bestas, film di Rodrigo Sorogoyen in grado di comunicare con il thriller psicologico adottando un linguaggio contemporaneo, avvincente. Per accendere la curiosità delle nuove generazioni potrebbe essere questa la soluzione, piuttosto che proporre un prodotto di 12 ore per cui bisogna attendere non si sa bene quanto per completarlo pagando quattro volte il biglietto per accedere in sala.

3,3
Rated 3,3 out of 5
3,3 su 5 stelle (basato su 3 recensioni)
Recensione Horizon: An American Saga - Capitolo 1 (2024)
Horizon: An American Saga - Capitolo 1
Horizon: An American Saga – Capitolo 1

Kevin Costner torna a dirigere un'epopea western ambiziosissima per raccontare la nascita della nazione americana, e lo fa con un film dalla durata complessiva di 12 ore in 4 capitoli distribuiti al cinema.

Voto del redattore:

5.5 / 10

Data di rilascio:

04/07/2024

Regia:

Kevin Costner

Cast:

Kevin Costner, Dale Dickey, Sienna Miller, Michael Angarano, Jena Malone, Sam Worthington, Tom Payne, Jeff Fahey, Isabelle Fuhrman, Will Patton, Abbey Lee, Owen Crow Shoe, Jamie Campbell Bower, Danny Huston, Thomas Haden Church, Tatanka Means, Michael Rooker, Luke Wilson

Genere:

Western

PRO

C’è tanto cuore nella proposta di un western neoclassico con determinati topoi narrativi
Le inquadrature e il taglio di luce naturale catturato da Kevin Costner, che cerca di trarre il meglio dall’andamento dell’orizzonte
Il potenziale politico nello sviluppo delle linee del racconto
Il linguaggio adottato è fin troppo vicino a quello televisivo (montaggio, fotografia, colonna sonora, recitazione)
L’operazione non appare sensata in termini produttivi: difficilmente le nuove generazioni avranno voglia di approcciarsi ai western
Il costante rimbalzo da una storia all’altra in alcune occasioni annulla il pathos
Ci sono troppi personaggi e troppe linee narrative in 181 minuti: è un grande pilota di una serie TV