Presentato in anteprima mondiale al Telluride Film Festival 2023, The Bikeriders è il nuovo film del regista americano Jeff Nichols – che torna sul grande schermo anche come sceneggiatore del prequel A Quiet Place – Giorno 1, con Austin Butler e Tom Hardy nei panni di due outsiders che fanno parte di una gang di motociclisti negli anni Sessanta, distribuito nelle sale italiane a partire dal 19 giugno 2024. Seguono la trama e la recensione di The Bikeriders, il film di Jeff Nichols con Austin Butler e Tom Hardy.
La trama di The Bikeriders: di cosa parla il film di Jeff Nichols con Austin Butler e Tom Hardy?
Quello che Jeff Nichols realizza con The Bikeriders è un sogno che diventa realtà in quanto il regista serbava da almeno dieci anni di poter scrivere e mettersi dietro alla camera per narrare proprio la storia di un gruppo di motociclisti degli anni Sessanta, che si basasse sull’omonimo libro fotografico di Danny Lyon del 1968 che racconta tramite immagini la parabola degli Outlaws DC, una gang di motociclisti di Chicago, che tutt’oggi è rivale degli Hell’s Angels. Di seguito si riporta la trama di The Bikeriders, il film scritto e diretto da Jeff Nichols e prodotto da Universal Pictures con Austin Butler e Tom Hardy :
The Bikeriders, raccontando le vite dei suoi membri, segue l’ascesa di un club di motociclisti, che in un decennio passano dall’essere degli outsiders a una vera banda. Kathy (Jodie Comer) fa parte dei Vandals ed è sposata con un motociclista spericolato di nome Benny (Austin Butler). Nel corso degli anni, la donna cerca di fare del suo meglio per destreggiarsi tra il temperamento del marito e la fedeltà che quest’ultimo deve a Johnny (Tom Hardy), il leader della banda. Kathy, infatti, sa benissimo che deve competere con il capo dei motociclisti per le attenzioni di Benny. Mentre la vita dei Vandals diventa sempre più pericolosa, tanto che il gruppo sembra aver imboccato una strada sinistra, Kathy, Benny e Johnny saranno costretti a fare delle scelte sulla loro lealtà verso il club e tra di loro.
La recensione di The Bikeriders o di come scaldare i motori per poi non andare da nessuna parte
Che comicità e dramma siano l’una la faccia dell’altro e che debbano trovare un modo coerente per coesistere all’interno di un’opera, così come nella vita di ogni essere umano, lo affermava anche lo scrittore rumeno naturalizzato francese Eugène Ionesco. Tuttavia, un conto è l’idea astratta di far coabitare questi due sentimenti opposti, ma metterla in pratica all’interno di un film è ben altra cosa. The Bikeriders di Jeff Nichols infatti si presenta inizialmente in tutta la sua prima parte come un film dalle buone premesse, mostrando tecniche narrative e stilemi che sembrano imbeversi nel western o nei cartoni animati con scene a rallenti, scazzottate e rumori silenziati, portando una comicità semplicemente ruggente interpretata sia dall’ingenuità della voce narrante femminile di Kathy, che da Johnny. In aggiunta, per tutta la prima parte, con dei richiami nella seconda, alcune sequenze sono appositamente messe in scena in modo che allo spettatore appaiano come se fossero delle fotografie animate scattate sul momento, proprio a richiamare il libro fotografico omonimo da cui è stata tratta la vera storia del club di motociclisti. Questo lo rende un film estremamente inusuale, nella connotazione più positiva del termine, ma che proprio a causa di queste premesse che poi peccano di discontinuità prende una piega di tutt’altro tipo.
Nella seconda parte infatti il motore narrativo, ma anche quello letterale delle motociclette, che prima sembrava essere guidato da una ruggente comicità che dava dinamicità e vita al film, si spegne del tutto per lasciare spazio a una drammaticità superficiale, scialba, che finisce per svuotarsi da sola, e dunque allo spettatore non si trasmette più alcuna emozione, bensì tutto diventa improvvisamente insignificante. Persino la morte inaspettata di un personaggio cardine come Johnny viene rappresentata in modo asciutto, acerbo e totalmente fuori luogo per poi mostrare la reazione di dolore di Benny solo successivamente, ottenendo un risultato privo di sincronicità e apatico. Inoltre, alcune dinamiche riproposte per tutta la durata del film, come la violenza e le scene delle risse tra i club di motociclisti rivali, o ancora il racconto a scatole cinesi in flashback costruito tramite il passaggio di testimone del microfono tra l’intervistatore fotografo e Kathy, diventano a mano a mano pesanti, noiose e per questo rimangono indigeste. The Bikeriders è un film dunque che, una volta che vi si monta in sella, ha saputo scaldare bene il suo motore ma che purtroppo bruscamente abbandona la costruzione della sua stessa dinamicità, inizialmente il suo punto di forza, e del dramma, che significa proprio azione dunque movimento, lasciando lo spettatore a piedi senza condurre in alcun luogo.