Articolo pubblicato il 17 Giugno 2024 da Vittorio Pigini
Uscito in Italia il 5 settembre 2003, La maledizione della prima luna è il primo epico capitolo della saga cinematografica di Pirati dei Caraibi, nonché quarto film diretto dal regista Gore Verbinski. Un titolo ormai leggendario tanto quanto il suo iconico protagonista, l’improbabile (anti)eroe Jack Sparrow di Johnny Depp, che ha incantato pubblico e critica per la sua forza nel raccontare la sua avventura attraverso i registri divertenti della commedia e cupi del brivido. Di seguito la recensione di La maledizione della prima luna diretto dal regista di The Ring e scritto dalla coppia di sceneggiatori formata da Ted Elliott e Terry Rossio.
La trama di La maledizione della prima luna, il primo film della saga Pirati dei Caraibi
Basato sul parco divertimenti a tema di Disneyland, La maledizione della prima luna (in originale Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl) narra del rapimento di Elizabeth Swann, giovane figlia del governatore di Port Royale, ad opera degli spietati pirati di Capitan Barbossa che hanno invaso e saccheggiato la città. Il giovane fabbro Will Turner, innamorato di Elizabeth, parte per salvare la sua amata e, suo malgrado in quanto odia i pirati, dovrà stringere un’alleanza con l’eccentrico Capitan Jack Sparrow. Nonostante sia dedito al Rum, quest’ultimo è un abile navigatore che sceglie di allearsi con Will perché Barbossa ha rubato la sua stessa nave, la leggendaria Perla Nera, durante un ammutinamento. Fabbro e pirata avranno però bisogno di una nuova ciurma per solcare i mari e liberare Elizabeth, con la loro avventura che entrerà in contatto con forze fuori da questo mondo.
La recensione di La maledizione della prima luna: Rum, scheletri e polvere da sparo
<<Verrà il giorno che ogni uomo che naviga sotto una bandiera pirata o è stato marchiato come tale, avrà ciò che merita: poca corda e caduta sorda!>>
Nel corso dei decenni l’epica figura del pirata ha avuto diverse rappresentazioni sul grande schermo, come per Corsari di Renny Harlin, Capitan Blood di Michael Curtiz, Pirati di Roman Polański, arrivando anche allo spazio con Il pianeta del tesoro. Soprattutto in merito a quest’ultimo film, tuttavia, quella leggendaria figura ha sempre faticato a farsi largo nell’ampio apprezzamento da parte di pubblico e critica, costituendo quasi sempre un flop che sia al botteghino o di generale accoglimento.
La Disney cinematografica post-Rinascimento non navigava sicuramente in acque rinvigorenti, con i sequel dei Classici sempre più disprezzati e l’affermarsi di forti concorrenze con DreamWorks ad esempio e il cinema d’animazione orientale in continua espansione. Casa Topolino aveva dunque urgente bisogno di trovare un nuovo condottiero che potesse condurre la propria nave nel bel mezzo della burrasca e, nel 2003, è riuscita a trovarlo.
Singolare l’operazione infatti della creazione di La maledizione della prima luna, in quanto adattamento su schermo di uno dei parchi a tema più storici ed apprezzati di Disneyland, ovvero quello di Pirati dei Caraibi, affidando il timone alla quarta regia di Gore Verbinski, il quale si è fatto le ossa proprio in casa DreamWorks. Scelta sicuramente coraggiosa quella di puntare, per il nuovo titolo di punta Disney, sull’autore dietro il fortunato remake di The Ring, il quale imprime anche in questo progetto tutta la sua classe artistica nel saper amalgamare avventura, commedia ed horror. La maledizione della prima luna sfuggirebbe infatti da una singola etichetta, incarnando in pieno lo spettacolo di un vero e proprio parco divertimenti, dove non sarebbe nemmeno difficile rintracciare uno spirito cartoonesco tra avventura, azione e Piccoli Brividi soprattutto nel suo iconico protagonista, che non stonerebbe nemmeno tra i Looney Tunes (seppur fuori dai puri confini disneyani).
Nei suoi precedenti 3 lavori, il regista Gore Verbinski ha infatti dato segno di come sia un fermo conoscitore ed amante del cinema di genere, inseguito e rubato per poi indirizzare il suo film verso una personale cifra stilistica. Se precedentemente nella sua filmografia erano ben visibili le influenze dei fratelli Coen e del cinema horror anni ’70-’80, resta innegabile come in questo film del 2003 si respiri a pieni polmoni il cinema di Sam Raimi e di Peter Jackson. La maledizione della prima luna resta così una spettacolare avventura che riesce, con grande maestria, ad amalgamare anche divertenti elementi della commedia slapstick con il fantasy-horror, senza negare un’azione adrenalinica da cappa e spada.
Un calderone frizzante ed ottimamente speziato che arriva anche a toccare le corde più sentimentali (sicuramente più efficaci rispetto al precedente The Mexican) con le storie d’amore mostrate nella visione, che sia quella tra Will ed Elizabeth o di Jack con la Perla e i suoi accessori da pirata. Un parco a tema quindi che colpisce nel suo spettacolo sotto tutti i punti di vista, anche per la componente più orrorifica con la maledizione che colpisce la ciurma di un meraviglioso villain con Barbossa, portando una nuova “Armata delle tenebre” implacabile anche sul fondale marino.
Sebbene infatti lo sviluppo narrativo sia alquanto “schematico” e privo di importanti elementi di contrasto originali, portando su schermo un amore per i Classici della letteratura, la sceneggiatura della coppia formata da Ted Elliott e Terry Rossio riesce proprio ad appassionare soprattutto per il coinvolgimento di ambientazione, personaggi e mitologia destinata ad accrescere. Prima di firmare la sceneggiatura del primo capitolo della saga Pirati dei Caraibi, i due scrittori hanno già lavorati ad altri titoli di successo che riscontrano non pochi elementi in comune con questo avventursitico film, rivoluzionando anche il genere dell’animazione con Shrek, oltre al classico Aladdin, La strada per El Dorado ed appunto Il pianeta del tesoro, senza considerare in live-action il Small Soldiers di Joe Dante.

La recensione di La maledizione della prima luna: la nascita di una grande maschera del cinema
<<Ricorderete questo giorno come il giorno in cui avete quasi catturato Capitan Jack Sparrow!>>
A portare su schermo questo speciale parco divertimenti è quindi la classe registica di un Gore Verbinski, che non si nasconde nel voler esaltare lo spettacolo del suo film. Tutti i registri narrativi, dall’avventura alla commedia passando per horror e sentimentalismo, sono ottimamente amalgamati così come le varie componenti tecniche.
A marcare, innanzitutto, l’epica avventura vissuta dai protagonisti è la speditezza di un racconto di 2 ore e 30 che si pregia di un ritmo incessante, ottimamente navigato sia dal montaggio che dall’irresistibile colonna sonora firmata Klaus Badelt e Hans Zimmer (non accreditato). Ormai di dominio pubblico e dirompenti i temi principali della traccia sonora che scandiscono il solenne tempo della storia, con il regista che restituisce su schermo un divertente intrattenimento action dato soprattutto dall’incalzanti ed acrobatiche sequenze di combattimento cappa e spada.
Per quanto riguarda appunto il lato estetico di La maledizione della prima luna, il cospicuo budget stanziato di 140 milioni$ sicuramente ha reso più agevole la costruzione fotoscenografica del film ma, come in qualsiasi altro caso, i mezzi economici devono essere ben spesi. Così è stato anche per questo primo capitolo della saga, dove il film di Verbinski regala a grande schermo non solo una ricca e sfarzosa atmosfera “in costume” che fa respirare a pieni polmoni la rievocazione piratesca, puntando su una resa scenografica fantasy anche quando non viene evidenziato nulla di fantastico, ma anche un’ottima fotografia curata da Dariusz Wolski.
Il direttore di Dark City e Il Corvo intreccia infatti sequenze più solari ed energiche con quelle più cupe ed oscure, inghiottendo i protagonisti negli abissi del mare e rispecchiando l’effetto dello squarcio lunare nella notte che da vita alla maledizione. Proprio in riferimento a ciò, da sottolineare è anche il lavoro svolto sul trucco per realizzare i pirati non-morti, efficace ed anche qui a suo modo cartoonesco in piena eredità del cinema fantasy analogico specialmente degli anni ’80.
Ma ciò che di fatto ha reso questa saga particolarmente celebre a livello mondiale è sicuramente il suo azzeccato cast, tra nuove leve e grandi conferme del cinema hollywoodiano. Fra queste ultime si contano sicuramente il Gibbs di Kevin McNally (Grido di libertà, La leggenda del pianista sull’oceano) ed il senatore Swann di Jonathan Pryce, arrivando ovviamente al villain interpretato dal premio Oscar Geoffrey Rush. A dir poco carismatico ed ammaliante il suo personaggio di Barbossa, destinato a vedere ampliata la caratterizzazione e background del suo personaggio anche nei capitoli successivi, proprio in virtù al peso specifico portato sullo schermo.
Tra le “nuove leve”, oltre ad una piccola parte di Zoe Saldana nel suo primo film di successo, gli occhi sono rivolti tutti sulla raggiante e combattiva coppia formata dall’Elizabeth di Keira Knightley e del Will di Orlando Bloom, reduce quest’ultimo dall’avventura nella Terra di Mezzo con il personaggio di Legolas nella trilogia Il Signore degli Anelli. Oltre che per capacità recitative specialmente fisiche, i due giovani interpreti riescono a coinvolgere lo spettatore nella loro storia romantica, “minacciata” dal triangolo bizzarramente divertente apportato dall’irrompere del personaggio protagonista.
Se Pirati dei Caraibi = Jack Sparrow rappresenta un legame immediato ed indissolubile è anche e soprattutto grazie all’interpretazione di Johnny Depp nel ruolo forse più iconico e rappresentativo della sua carriera. Una maschera intangibile per il cinema che traballa ubriaco tra lo slapstick di Charlie Chaplin e l’epica di John Wayne, mantenendo (almeno nei primi 3 capitoli) un delicato binario di personaggio comico che riesce ad essere eroico senza sembrare buffone e ridicolo. Johnny Depp si conferma così tra le prestigiose conferme di Hollywood regalando, dopo le sue memorabili interpretazioni in Edward mani di forbice, Dead Man, Ed Wood ed Il mistero di Sleepy Hollow, il leggendario personaggio di Jack Sparrow, quale vera e propria rockstar indomabile nata su misura proprio sull’idolo dell’attore Keith Richards.
Il film inaugurale la fortunata saga Pirati dei Caraibi è e vuole essere un parco divertimenti adattato al grande schermo, chiedendo allo spettatore essenzialmente di rilassarsi, divertirsi e lasciarsi coinvolgere dal divertimento del momento. Fuori infatti da chissà quali ricercate tematiche o introspezioni, La maledizione della prima luna arriva e colpisce proprio per questo aspetto, con la quarta regia di Gore Verbinski che regala un’avvincente avventura cappa e spada trainata dai divertenti registri della commedia e quelli cupi ed oscuri del fantasy-horror.
Oltre ad un tasso registico di alto livello, a rapire occhi e cuore dello spettatore è quindi lo spettacolare comparto tecnico (anche e soprattutto con i suoi importanti effetti speciali), la colonna sonora che rilascia temi ormai leggendari ed il convincente coinvolgimento del cast, nel quale spicca l’iconico ed (anti)eroico Capitan Jack Sparrow, storia e maschera del cinema d’avventura. Un primo capitolo che inaugurerà un franchise fortunato e fortunoso per il cinema commerciale di alto profilo, con grande successo al botteghino e nella stagione dei premi, nella quale arrivano anche 5 candidature ai premi Oscar, contando quelle per Miglior attore protagonista, Miglior trucco, Miglior sonoro e montaggio sonoro oltre ai Migliori effetti speciali.