La recensione di Il Problema dei 3 Corpi, la serie tv ideata da Alexander Woo e dai creatori di Il Trono di Spade – David Benioff e D. B. Weiss – e disponibile su Netflix dal 21 marzo 2024. Si tratta dell’adattamento dell’omonimo romanzo di Liu Cixin, primo della cosiddetta Three Body Trilogy. Seguono dunque trama e recensione di Il Problema dei 3 Corpi.
La trama di Il Problema dei 3 Corpi, ideata da David Benioff e D. B. Weiss
Segue un riassunto della complessa trama di Il Problema dei 3 Corpi, prima di poter passare alla sua recensione ed analisi. Nonostante passato e presente si alternino per buona parte dell’opera, essa ha inizio nella Cina degli anni ’60, all’inizio della cosiddetta Rivoluzione Culturale. L’astrofisica Ye Wenjie viene esiliata in Mongolia per questioni politiche, dove verrà messa al lavoro in un luogo nascosto che ha l’obiettivo di tentare di mettersi in contatto con altre forme di vita. Ci riuscirà e, nonostante essi non si presentino come pacifici, li invita sulla Terra. Il viaggio richiede però ben 450 anni di attesa.
Al giorno d’oggi, il destino del detective Da Shi – che si sta occupando della misteriosa morte di altri suoi colleghi della Comunità Scientifica Internazionale – finirà poi per incrociarsi con quello dei protagonisti, mentre uno strano gioco in realtà virtuale nasconderà la chiave di lettura di questo problema dei tre corpi. Ciò porterà ad una serie di colpi di scena non indifferenti che, per ovvie ragioni, si evita di spiegare in questi lidi.
La recensione di Il Problema dei 3 Corpi: l’hard sci-fi da Asimov ad oggi
Mancavano alle redini di un progetto da 5 anni quando, nel 2019, si concluse con la sua ottava stagione Il Trono di Spade. Nonostante si tratti di una delle serie tv più premiate ed apprezzate di sempre, col susseguirsi delle stagioni vi è stato un evidente calo, fino ad un finale che ancora oggi non va giù neanche ai più cari fan del mondo creato da George R. R. Martin. Eppure David Benioff e D. B. Weiss non solo non si sono buttati giù ma anzi, hanno alzato la posta in gioco, mettendo le mani su un’altra opera letteraria di grande successo e la cui trasposizione era piuttosto complicata da realizzare. Con un budget di circa 20 milioni per episodio però, l’obiettivo è stato portato a termine e dal 21 marzo scorso, su Netflix è approdata Il Problema dei 3 Corpi, la serie tv tratta dall’omonimo romanzo di Liu Cixin.
Con Il Problema dei 3 Corpi si entra nell’universo dell’hard sci-fi, ovvero quella branca della fantascienza che si concentra in modo particolare sui dettagli scientifici e tecnici. Un genere molto particolare che vede in autori come Arthur C. Clarke (ciclo di Odissea nello Spazio) o Frank Herbert (ciclo di Dune) alcuni tra i suoi massimi esponenti. Il nome più importante che viene però da affiancare a quello di Liu Cixin è quello di Isaac Asimov, il cui ciclo delle Fondazioni è stato fonte d’ispirazione evidente e fondamentale. Benioff e Weiss partono proprio da qui per dare vita ad una trasposizione tanto ambiziosa quanto complessa che però, al netto di alcune scelte quasi obbligate per la televisione di oggi, si può definire un successo.
Il Problema dei 3 Corpi, riprendendo il concetto di Psicostoria dell’Hari Seldon delle Fondazioni, tenta di analizzare il presente con uno sguardo al futuro e con la consapevolezza che lo stesso, senza conoscere il proprio passato, sarà impossibile da prevedere o raggiungere. Benioff e Weiss comprendono perfettamente questo spirito e, insieme ad Alexander Woo, realizzano quella che, al di là di un discorso qualitativo, è certamente una delle opere più importanti dell’anno.
Sì perché in un’epoca in cui vige la regola del mordi e fuggi ed in cui le serie tv diventano quasi un sottofondo per altre attività o prodotti generati più dalla regola dell’hype che da una necessità artistica, Il Problema dei 3 Corpi chiede allo spettatore uno sforzo non indifferente, perché ogni dettaglio è fondamentale per la comprensione assoluta dell’opera e perché si passa anche dal particolare all’universale, dalla storia su schermo alla storia dell’uomo, riportando come pochissime altre volte era stato fatto un periodo complesso come quello della Rivoluzione Culturale cinese, portando alla luce anche la voglia degli autori di raccontare un mondo ai più sconosciuto, basti pensare ad un’altra serie tv distribuita quest’anno, ovvero Expats. Passano dunque in secondo piano gli evidenti problemi di CGI e VFX che sono a tratti lapalissiani e passa in secondo piano anche il finale con un cliffhanger presente solo ed unicamente per fare da ponte con le stagioni future ma, d’altronde, ad alcune regole devono sottostare ormai tutti.