Il Marvel Cinematic Universe riparta da Loki. In un periodo nero dell’universo condiviso più celebrato, seguito e amato al mondo, nel quale sembra esserci una incapacità costituzionale di realizzare storie che lascino il segno e in grado di dare una direzione precisa all’intera narrazione, il finale di Loki 2 diventa, non solo un meraviglioso ricordo di quello che l’MCU è stato e potrebbe tornare ad essere, ma, finalmente, un modo di narrare una storia che è allo stesso tempo autoconclusiva, capace di essere un tassello importantissimo nello sviluppo del personaggio e fondamentale per il futuro dell’intero franchise. Se per molti andare in questa direzione è stato un po’ limitativo in una serie tv, non possiamo far altro che richiamare a quella tendenza alla comunicabilità tra i mezzi che ormai fa parte dell’industria dell’intrattenimento e che è arrivata al suo apice proprio grazie a franchise come quello gestito dai Marvel Studios. A 12 anni dal suo ingresso nell’MCU, presentato come un destinato ad essere un perdente, Loki rispetta i suoi buoni propositi e conquista il trono in maniera molto più consapevole di quanto molti pensassero.
La trama della 2×06 di Loki, diretto Justin Benson e Aaron Moorhead
Alla fine del quinto episodio, Loki aveva imparato a gestire la propria capacità di saltare nel tempo, ritornando nel momento precedente all’esplosione del telaio temporale. Per quasi metà episodio, la 2×06 di Loki sembra trasformarsi nella riduzione in 60 minuti dell’intera filosofia che guida la serie: un loop temporale e quanto, in realtà, tutto sia destinato inevitabilmente a succedere. Loki, in una corsa contro la linearità dello scorrere degli eventi, torna costantemente indietro, tentando spasmodicamente di trovare una soluzione ed anticipare, anche per pochi secondi, l’esplosione del telaio temporale e la disgregazione di tutte le ramificazioni. Se l’episodio 5 era diventato un modo per Loki di comprendere i propri obiettivi, il finale di stagione dimostra l’enorme percorso fanno in 11 anni e come sia riuscito, da personaggio egoista e bugiardo, a trasformarsi in uno degli eroi più altruisti e dediti al sacrificio che l’MCU abbia mai avuto.
Dopo esser venuto a conoscenza che il telaio, anticipando o meno i tempi, sarebbe esploso ugualmente per la capacità infinita di riproduzione di nuovi multiversi, Loki torna un po’ più indietro, fermandosi al momento in cui Sylvie uccide Colui che Rimane. Lo scambio tra i due mette Loki davanti ad una scelta: uccidere Sylvie o trovare una soluzione alternativa che, però, lo costringerà a sacrificarsi per un “proposito” più grande. La sua decisione si concretizza in una delle azioni più eroiche e altruiste viste nell’universo Marvel e che rende Loki, non solo uno dei personaggi più potenti dell’MCU, ma anche il più generoso: distruggere totalmente il telaio, manipolando le linee temporali a proprio piacimento e creando un vero e proprio “albero del tempo” da lui stesso controllato.
La recensione della 2×06 di Loki, il sacrificio di un personaggio shakespeariano
La solitudine autoimposta di Loki, alla fine del tempo, è, senza alcuna ombra di dubbio, la conferma della maturità raggiunta dal personaggio. Le due stagioni della serie hanno avuto l’enorme merito di puntare il riflettore giusto su uno degli antieroi più interessanti, complessi ed ambigui del franchise dimostrando come potesse raggiungere i suoi obiettivi anche utilizzando una strada diversa. Il pubblico non è più davanti ad un Dio capriccioso, vittima del proprio passato e del rancore verso suo fratello e suo padre, ma ad un antieroe che, gradualmente, ha percorso i passi giusti per diventare un eroe nel nome del sacrificio e riuscire, nonostante tutte le sue rinunce e il dolore della solitudine, ad avere uno scopo e a rispettare i suoi “buoni propositi”. Quella famosa impostazione da cattivo shakespeariano che Kenneth Branagh provò a dare al personaggio in Thor, qui torna prepotentemente in tutta la sua tragicità.
Il percorso narrativo di Loki, in maniera molto provocatoria, potrebbe essere definito ancor più significativo e potente di quello di Tony Stark. Nonostante partano entrambi dallo stesso punto, personaggi egoisti che non riescono a guardare oltre il loro naso, tutti e due vincono la propria missione con un sacrificio che, per Tony si è tradotto nel dare la propria vita, per Loki, la totale solitudine nonostante avesse trovato, finalmente, qualcuno che tenesse a lui ed in grado di capirlo. La sua missione non ha mai fine e che lo “costringe” a convivere per sempre con le proprie scelte e decisioni su un trono alla fine del tempo.
Loki 2×06, un comparto tecnico di nuovo all’altezza
Sul fronte tecnico, il finale di stagione di Loki 2 ha ricordato quello di cui i Marvel Studios sarebbero capaci dal punto di vista tecnico. Se l’intera serie era rimasta impressa nella mente degli appassionati per il modo in cui cercava (almeno per un cinecomic) di sperimentare con la regia e con gli effetti visivi, questo fattore si conferma anche nel finale dove, il mezzo tecnico viene portato a livelli altissimi. Il modo in cui viene mostrata l’esplosione delle linee temporali e la “trasformazione” nell’albero della vita, sembra non appartenere neanche alla stessa realtà produttiva che ha portato al cinema film dagli effetti speciali altamente opinabili come Black Widow e il recentissimo The Marvels. A questo si è giunge anche l’incredibile colonna sonora di Natalie Holt che restituisce quel senso di gravità, pathos e urgenza che si era un po’ perso negli ultimi anni nell’MCU a favore solo dell’effetto “parco giochi” sempre caratteristico del mondo dei cinecomic. Il modo in cui la regia viene sfruttata, i movimenti di macchina, i tagli, le inquadrature, riescono a rendere ancor più drammatico e “definitivo” un prodotto che già dalla prima puntata della seconda stagione era sembrato una lotta contro il tempo da tradurre, necessariamente, anche nella resa visiva.
Loki 2, uno spiraglio di luce nella crisi dei Marvel Studios
Con il finale di stagione di Loki 2 si possono, finalmente, tirare le somme. In un quadro generale MCU abbastanza drammatico (l’ultimo film o serie tv di livello è stato Doctor Strange: In the Multiverse of Madness), la serie con protagonista il Dio degli Inganni si conferma essere l’unico prodotto in casa Marvel in grado di avere una propria identità e di proporre una storia interessante e strutturata in ottima maniera. Una delle peggiori abitudini del franchise nel post-Endgame (e in particolare delle serie tv) è una incapacità, quasi strutturale, di scrivere i finali. Nonostante le idee strutturate nel corso degli episodi siano valide, molto spesso, si va a perdere tutto in ultimi episodi mal scritti e molto affrettati. Loki, non è ben chiaro per quale motivo, non ha mai avuto questi problemi riuscendo sempre a concludere la propria storia in maniera adeguata. Nonostante inizialmente non si capisse bene in che direzione volesse andare la seconda stagione, gli ultimi minuti hanno reso ben chiaro quanto il vero obiettivo non fosse quello che molti si erano predisposti all’inizio, ovvero non eliminare Colui che rimane e le sue varianti, ma capire il vero scopo di Loki, il suo cambiamento e, soprattutto, comprendere se la sua crescita lo avrebbe portato o meno a sacrificarsi per ciò che ama.
Oltre un dimenticabilissimo terzo episodio, l’intera serie è stata comunque capace di consegnare al pubblico bei episodi culminati nelle eccellenti due puntate finali. Se Tom Hiddleston ha confermato essere uno degli attori più carismatici presenti nel franchise e Owen Wilson e Ke Huy Quan hanno reso quasi impossibile non amare i propri personaggi e sperare di vederli in futuro, discorso differente è per Jonathan Majors e Sophia Di Martino. Se il primo non è stato in grado di portare su schermo una versione di Victor Timely all’altezza, confermandosi l’attore meno adatto per un personaggio mitico e “magniloquente” come Kang, la seconda, che nella prima stagione si era contraddistinta per la sua bravura, ha subito la poca tridimensionalità data alla sua Sylvie nella seconda stagione che, non avendo un posto preciso nella storia, ha assunto il fastidioso ruolo da disturbatrice non necessaria. Nel complesso l’unico consiglio vero che si può dare al Marvel Cinematic Universe è ripartire da Loki e dal potenziale che il personaggio ha messo sul piatto per il futuro del franchise e per le narrazioni che potranno arrivare. Non siamo più davanti al Dio degli Inganni, ma al Sovrano delle Storie. Per tutti i tempi. Sempre.