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I migliori videoclip musicali di sempre

I migliori videoclip musicali di sempre

Spesso sottovalutata, l’arte del videoclip è in realtà frutto di una costante elaborazione dell’immagine e del suo rapporto con il suono: nel corso degli anni, i videoclip sono diventati sempre più importanti per la pubblicizzazione promozionale di un singolo o di un album, per cui non di rado – nell’ambito della regia di un videoclip – sono stati coinvolti alcuni registi che hanno saputo interpretare perfettamente lo spirito che voleva essere trasmesso da una canzone. Ma quali sono i migliori videoclip musicali di sempre?

I migliori videoclip di sempre

Scegliere quali siano i migliori videoclip musicali di sempre vuol dire, in qualche modo, rapportarsi ad una scuola di pensiero prettamente cinematografica: non esistono criteri oggettivi che definiscano la scelta o la selezione di un determinato contenuto, per cui ogni videoclip è il risultato di una sinergia tra autore ed esecutore, specie quando avviene per mano di un grande regista. Nella selezione che segue, dunque, si effettua il medesimo gioco: da un lato la soggettività di chi scrive, dall’altro l’ideazione tecnica ed estetica sono criteri che non possono essere ridotti ad un’oggettività; per questo motivo, non resta che indicare quello che, nei fatti, è il gradimento che porta a ritenere quelli che vengono indicati come migliori videoclip di sempre. 

Anima – Thom Yorke (Paul Thomas Anderson)

Si inizia con quella che, naturalmente, è una provocazione: Anima di Paul Thomas Anderson non può dirsi videoclip in senso stretto sia perché evade dalla formula tradizionale di video promozionale, sia perché ha ben poco da promuovere, se non un emblema di quella collaborazione artistica con Thom Yorke e i Radiohead che si è concretizzata non soltanto nel videoclip di Daydreaming, ma anche in quelle costanti ispirazioni che il regista ha ritrovato nella musica della band britannica. 

Ecco che, allora, Anima diventa il connubio perfetto tra la musica di Thom Yorke e la regia di Paul Thomas Anderson, che si incontrano in una struttura da cortometraggio in tre atti, in cui il movimento convulso e simil-orwelliano delle figure viene rotto, nel suo meccanismo, dalla ricerca ossessiva dell’amore da parte del protagonista. Un’atmosfera futuristica, che presenta numerosi richiami al cinema muto e all’estetica kubrickiana, in cui PTA riprende l’interpretazione di quel sentimento che aveva già manifestato in Ubriaco d’amore e che, in questo cortometraggio/videoclip, trova suo definitivo compimento. 

Imitation of Life – R.E.M. (Garth Jennings)

Garth Jennings dirige un videoclip dalla durata complessiva di 20 secondi ma in cui il vero e proprio miracolo viene compiuto dal montaggio: servendosi della tecnica pan and scan, il video va avanti e indietro  per 20 secondi, focalizzandosi sui diversi personaggi presenti all’interno della scena e affidando, a figura dopo figura, le diverse sezioni del testo. La turnazione delle inquadrature permette di dare corpo alla miniatura e sublimando la grandezza dei R.E.M., che si tengono sullo sfondo con Michael Stipe a cui viene affidata soltanto una breve parte. Imitation of Life è sicuramente uno dei videoclip più significativi che possano essere citati, oltre che uno dei migliori nella storia della musica. 

Karmacoma – Massive Attack (Jonathan Glazer)

3D e Tricky si lanciano in due strofe rap che compongono l’ossatura principale di Karmacoma, uno dei brani più significativi dell’eclettismo dei Massive Attack e di quella grande sperimentazione artistica che ha caratterizzato la neo-avanguardia musicale che si avvicina al nuovo millennio. I Massive Attack sono universalmente considerati i fondatori del trip hop, un sottogenere musicale che ha avuto grande e fiorente sviluppo negli anni Novanta, grazie alla commistione tra elementi rap, di musica elettronica e rock psichedelico, con chiari rimandi al soul e al jazz. 

 

 

Non sorprende che Jonathan Glazer, lo stesso che poi avrebbe diretto un film come Under the Skin, sia stato scelto come regista del videoclip ufficiale, per cui ha dichiarato che le influenze sono state accolte come in un processo di introspezione; non una ricerca ossessiva della citazione, bensì una messa al bando di riferimenti artistici che si sprecano e vanno dall’hotel di Shining al profilo di Barton Fink, passando per l’estetica lynchiana di Eraserhead e Twin Peaks. Si termina con Pulp Fiction, film che era uscito un anno prima rispetto al videoclip, a dimostrazione di quanto fosse già diventato determinante nell’ambito della cultura popolare. 

Around the World – Daft Punk (Michel Gondry)

Se si parla dei migliori videoclip musicali di sempre, il riferimento a Michel Gondry appare praticamente certo; con il video musicale di Around the World il regista francese realizza uno dei suoi lavori più noti, in collaborazione con i Daft Punk, rendendo immortale la canzone a partire dallo svisceramento di quest’ultima in più parti strutturali. Attingendo dalla formula della italodisco italiana e dei relativi balli, il regista francese concepisce il centro catalizzatore dell’immagine sotto forma di vinile, facendogli ruotare attorno robot (la parte vocale), atleti (basso), disco girls (tastiera), scheletri (chitarre) e mummie (drum machine), in un’organizzazione strutturalmente perfetta che restituisce valore ad ogni strumento, omaggiando la complessità e scomponendola in più parti. 

The Perfect Kiss – New Order (Jonathan Demme)

Cogliere l’animo di una band, il primo passo per la realizzazione di un videoclip, vuol dire sostanzialmente farne parte, anche se per un periodo limitato di tempo: è, in sintesi, il pensiero di Jonathan Demme, che ha diretto alcuni videoclip dei New Order e che è stato consegnato alla storia grazie alla regia di un celebre film come Il silenzio degli innocenti. The Perfect Kiss è il videoclip che riesce a condensare perfettamente le caratteristiche di tale predisposizione di pensiero. 

 

La band viene fatta suonare dal vivo all’interno del suo studio, colta attraverso costanti e reiterati primi piani che catturano ogni sfumatura, smorfia o caratteristica del volto: il tutto, attraverso un montaggio che alterna le figure con lo sfondo, che ricorda la storia dei New Order e delle sue origini, attraverso un poster dei Joy Division. Il videoclip di The Perfect Kiss non mostra alcuna ideazione, specie se paragonato agli altri che vengono presentati, ma umanizza la figura del cantante e dell’artista, mostrandolo in preda al fastidio o al dolore, facendo proseguire – per oltre 10 minuti – un racconto della persona. 

Daydreaming – Radiohead (Paul Thomas Anderson)

Cogliere la grandezza, pur con un’opera magnificente, è uno degli aspetti più difficili per autore; Paul Thomas Anderson e Thom Yorke probabilmente ci riescono in Daydreaming, uno dei videoclip migliori della storia della musica, nonché una delle tracce più importanti che sappiano definire la contemporaneità e il suo catastrofico destino. Attraverso un piano sequenza costante, Paul Thomas Anderson guida Thom Yorke in un processo di vagabondaggio continuo del cantante, apparentemente ignorato e ignaro di tutto ciò che lo circonda: è un errare incostante, alla ricerca di un qualcosa che forse non esiste (più) e che avvicina, passo dopo passo, l’artista alla morte. Beyond me, Beyond you: queste le uniche parole che vengono pronunciate da Thom Yorke nel video: la rappresentazione più pura dell’umanità nel suo lento e costante processo di autodistruzione, a partire da quella genuinità della natura e fino a ritornare, con solennità, alla stessa, passando attraverso un costante sogno a occhi aperti, nell’illusione di dare un senso alle cose. Una canzone e un videoclip che resteranno, senza alcun dubbio, immortali. 

Sabotage – Beastie Boys (Spike Jonze)

Spike Jonze, uno dei registi più emblematici dell’importanza del videoclip nella formazione di ogni addetto ai lavori, si lancia nel progetto di Sabotage, brano dei Beatie Boys contenuto nell’album III Communication, omaggiando le serie TV poliziesche attraverso la parodia di titoli particolarmente in voga negli anni ’70. Il risultato è assolutamente esaltante non soltanto per l’impegno dei membri della band, che interpretano i poliziotti rappresentati, ma anche per il ritmo serratissimo delle inquadrature e per i movimenti convulsi della macchina da presa, che seguono il senso musicale della canzone. Divertimento, evasione e libertà, cardini del punk-rock della band, diventano protagonisti di un videoclip che addirittura saprà ispirare la scena dell’inseguimento in Trainspotting

Vogue – Madonna (David Fincher)

La terza collaborazione tra Madonna e David Fincher, avvenuta a seguito dei videoclip di Express Yourself e Oh Father, sublima perfettamente il senso estetico ricercato dalla cantante e attrice statunitense, dando peso anche alla scelta di un regista che diventerà celebre proprio negli anni ’90 per la sua capacità di dialogare con il postmoderno. Anche nel videoclip di Vogue si intravedono alcuni tratti caratteristici del pensiero di David Fincher: la compostezza delle figure, la disposizione dei corpi all’interno dello spazio, le inquadrature precise in cui si innesta l’azione, oltre che quel bianco e nero che ritornerà – in forma di omaggio – anche in Mank. Ad essere omaggiati, in questo caso, sono gli anni Trenta e i set fotografici di Horst O. Horst, presente nei crediti del brano. Un videoclip diventato iconico, girato in sole 16 ore ed emblema di una (ormai imminente) nuova generazione di artisti. 

Come into My World – Kyle Minogue (Michel Gondry)

Michel Gondry torna ad essere presente nella classifica dei migliori videoclip musicale in un contenuto per cui la musica si presta alle riprese e alle idee del suo autore: basti pensare al fatto che, per rendere il videoclip perfetto, sia stata utilizzata una versione più velocizzata del brano cantato da Kyle Minogue, che viene qui ripresa in un sobborgo di Parigi, nell’incrocio tra rue du Point e rue de Solférino. Ancora una volta, il concept del videoclip diretto da Michel Gondry funziona pur nella sua semplicità: la cantante si esibisce tornando ogni volta nel punto di partenza e sdoppiandosi, con i diversi clone di Kyle Minogue che interagiscono diversamente tra loro e con l’ambiente, che viene invece presentato nella sua ciclicità. Il tutto, con sullo sfondo il cartellone “Ensemble”, quel che si suol dire nomen omen. 

Knights of Cydonia – Muse (Joseph Kahn)

I Muse sono artisti che hanno sempre visto, nel videoclip, una fonte di grande investimento, al fine di favorire il dialogo della propria passione e il rapporto con il fan oltre che la promozione di un singolo. Quello di Knights of Cydonia è sicuramente uno dei più rappresentativi della loro estetica; affidandosi a Joseph Kahn, i Muse scelgono l’ambientazione western per sovvertire il paesaggio attraverso spade laser che si ispirano a Star Wars e ologrammi attraverso cui la band si esprime. 

 

In un primo momento, gran parte dei riferimenti cinematografici sono stati resi criptici per lasciare che fossero i fan a lanciarsi nella citazione: ad oggi, se ne possono intravedere molti che vanno dalla Statua della Libertà caduta in Il pianeta delle scimmie alle ambientazioni di Guerre stellari, Blade Runner, Matrix e Interceptor. Lo stile dei Muse, spesso oggetto di polemica per l’iper-commercializzazione della propria musica, incontra anche in questo caso un’estetica tendente al mainstream: eppure, la commistione di numerosi omaggi in un brano particolarmente significativo, nella carriera della band, è sicuramente motivo di selezione del videoclip di Knights of Cydonia tra i migliori della storia. 

Sledgehammer – Peter Gabriel (Stephen R. Johnson)

La seconda metà degli anni ’80 rappresenta un periodo particolarmente florido per la realizzazione di videoclip promozionali, che vengono ottenuti sulla base di tecniche e sperimentazioni visive differenti, sulla base delle quali si cimentano artisti e band, che si prestano anche a lavori di controtendenza rispetto alla propria carriera. Il Peter Gabriel di Sledgehammer è un artista che appare completamente diverso per atteggiamento e tono del videoclip, in cui si osserva il prodigio della stop-motion animata grazie alla regia di Stephen R. Johnson, che tiene in primo piano l’ex frontman dei Genesis che si lascia circondare da figure, elementi e oggetti che interagiscono col suo volto. Vincitore di nove MTV Video Music Awards 1987, oltre che del Brit nello stesso anno, il videoclip in questione rappresenta sicuramente uno dei migliori della storia. 

Burn The Witch – Radiohead (Chris Hopewell)

La silenziosa e costante lotta politica portata avanti da Thom Yorke nel corso della sua carriera trova compimento in Burn The Witch, un brano eccezionale che vede i Radiohead distaccarsi completamente dalle sonorità, dallo stile e dalle tematiche precedentemente presentate nella carriera della band britannica. Dal punto di vista prettamente visivo, la band ha sempre donato al pubblico grandi lavori, ragionando a proposito di un senso interdisciplinare dell’arte che ha reso i Radiohead altro rispetto a semplici musicisti. 

 

Il videoclip di Burn The Witch, diretto da Chris Hopewell alla terza collaborazione con la band, muove dall’ispirazione dei programmi per bambini della Trumptonshire Trilogy e dal film The Wicker Man del 1973. Un video estremamente horror, realizzato con la tecnica della stop-motion, che viene cadenzato dall’incedere degli archi, sempre più determinanti all’interno della composizione. Una canzone straordinaria, accompagnata da un video altrettanto incredibile, in cui il totalitarismo e il populismo vengono giustamente biasimati per la loro tendenza orrorifica e per le conseguenze che possono causare. 

The Hardest Button to Button – The White Stripes (Michel Gondry)

Il grande amore per il cinema francese da parte di Michel Gondry si riflette anche nell’utilizzo di alcune delle sue tecniche fondamentali: nel videoclip di The Hardest Button to Button, di The White Stripes, il regista si rifà all’uso della Pixilation, una tecnica di stop-motion utilizzata agli albori del cinema francese e che Gondry riprende da uno degli esempi più significativi del suo utilizzo: Hotel Électrique, del 1908. Il risultato è assolutamente straordinario: seguendo il ritmo della batteria e della chitarra, il videoclip dispone le figure secondo una sequenza cadenzata, che interessa dapprima gli strumenti musicali, poi le persone, infine l’ambiente nella sua totalità. 

Subterranean Homestick Blues – Bob Dylan (D.A. Pennebaker)

Se si parla dei migliori videoclip musicali della storia non si può non includere il primo grande esempio di videoclip promozionale moderno; il video di Subterranean Homestick Blues vede Bob Dylan agitare a ritmo dei cartelloni, su cui sono scritte alcune parole che collegano al testo della canzone, a ritmo di musica. A dire il vero, il videoclip ufficiale è stato ideato da Bob Dylan per il film Don’t Look Back, con la regia di D.A. Pennebaker e il racconto del tour londinese del cantante. 

 

I cartelloni sono stati scritti da Donovan, Allen Ginsberg, Bob Neuwirth, oltre che dallo stesso Dylan, a dimostrazione di quel pieno spirito folk che viene incarnato dalla povertà del paesaggio e dal tratteggio stilistico di ogni cartellone, che richiama la grafia dei diversi addetti ai lavori: era il 1965 e, da quel momento in poi, il modo di intendere la musica sarebbe definitivamente cambiato. 

Billie Jean – Michael Jackson (Steve Barron)

La lista dei migliori videoclip musicali di sempre si conclude con Billie Jean, un video promozionale che ha fatto la storia e, per anni, ha delimitato il confine entro cui realizzare un video che potesse anche soltanto avvicinarsi – dal punto di vista culturale – a tale risultato. Messo in onda nel 1983, mostrando per la prima volta un artista nero all’interno di un videoclip, il lavoro di Steve Barron è sicuramente uno degli emblemi della storia del videoclip; fu proprio Michael Jackson a contattare telefonicamente il regista, che ebbe a disposizione un budget di 50mila dollari per accontentare le complicatissime richieste del King del Pop, pur con delle limitazioni che, tuttavia, non inficiarono il lavoro dell’artista. 

 

Il concept del video è semplice: lì dove cammina, guarda o tocca, Michael Jackson riesce a far illuminare ciò che lo circonda. A tale ideazione si aggiunge un prezioso lavoro di post-produzione di Steve Barron, che si serve dello split screen per enfatizzare i passi di Michael Jackson e per conferire loro – nel fermo-immagine – ulteriore peso sullo schermo. Di sicuro, uno dei videoclip più significativi della storia, che non può non essere citato.