Recensione – C’è ancora domani, diretto ed interpretato da Paola Cortellesi con Valerio Mastandrea

Paola Cortellesi esordisce alla regia, facendo anche da protagonista in un film ambientato nell’immediato secondo dopoguerra. Un esordio folgorante o ci sono dei dubbi?
La recensione di C'è ancora domani, diretto ed interpretato da Paola Cortellesi

Articolo pubblicato il 11 Febbraio 2024 da Giovanni Urgnani

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: C’è ancora domani
Genere: drammatico
Anno: 2023
Durata: 118 minuti
Regia: Paola Cortellesi
Sceneggiatura: Paola Cortellesi, Giulia Calenda, Furio Andreotti
Cast: Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Emanuela Fanelli, Vinicio Marchioni, Giorgio Colangeli, Romana Maggiora Vergano, Francesco Centorame, Lele Vannoli, Paola Tiziana Cruciani, Yonv Joseph, Alessia Barela, Federico Tocci, Priscilla Micol Marino, Maria Chiara Orti, Silvia Salvatori, Mattia Baldo, Gianmarco Filippini
Fotografia: Davide Leone
Montaggio: Valentina Mariani
Colonna Sonora: Lele Marchitelli
Paese di produzione: Italia

Presentato in apertura alla diciottesima edizione del Festival del Cinema di Roma, distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 26 ottobre 2023. C’è ancora domani è l’esordio alla regia di Paola Cortellesi, con Valerio Mastandrea ed Emanuela Fanelli, oltre che la stessa Cortellesi, all’interno del cast: di seguito, la trama e la recensione di C’è ancora domani. 

La trama di C’è ancora domani, diretto da Paola Cortellesi

Di seguito la trama ufficiale di C’è ancora domani, diretto da Paola Cortellesi:

 

La Capitale è divisa in due: da una parte c’è la spinta positiva, data dalla Liberazione; dall’altra, invece, la miseria che la guerra si è lasciata alle spalle. Ivano è il capofamiglia, nonché supremo padrone, che lavora duramente per portare qualche soldo a casa. Non perde mai l’occasione per sottolineare la cosa, talvolta con un tono sprezzante e altre volte affermandolo direttamente tramite l’uso della cinghia. L’unica in grado di recare sollievo a Delia è l’amica Marisa, con la quale si lascia andare a qualche momento di leggerezza e di confidenze intime. Con l’arrivo della primavera l’intera famiglia è in fermento per il prossimo fidanzamento della primogenita, Marcella, la giovane spera di convolare a nozze con un bravo ragazzo, proveniente dal ceto borghese, Giulio, liberandosi così dal peso della sua famiglia imbarazzante. Anche Delia ripone le stesse speranza di sua figlia, nonostante abbia accettato per sé la vita che le è toccata, aspira a un matrimonio con un buon partito per sua figlia. Quando le giunge, però, una misteriosa lettera, un forte coraggio nascerà nella donna madre e moglie, determinata a rovesciare quei piani fino ad allora prestabiliti e poter finalmente immaginare un futuro migliore, non soltanto per sé stessa.

 

 

La recensione di C'è ancora domani, con Emanuela Fanelli

 

 

La recensione di C’è ancora domani, con Valerio Mastandrea

La strada che ha portato gli stati europei a riconoscere il diritto di voto a tutti i cittadini, si è rivelata lunga ed estenuante, ricca di scontri violenti che hanno lasciato lunghe scie di sangue e morti sul campo. La possibilità di esprimere il proprio pensiero elettorale oggi è fin troppo data per scontato, anzi, la società contemporanea ha dimostrato di non darne valore, disincantata e disillusa verso il contributo effettivo di tale espressione. Il 2 giugno 1946 per L’Italia è un giorno storico per un duplice motivo: dopo ottantacinque anni di monarchia costituzionale si passa al sistema repubblicani; per la prima volta nella storia della penisola unita viene concesso il suffragio universale; finalmente anche alle donne italiane è concesso di contribuire alla vita politica dello Stato, con un discreto ritardo rispetto alle altre democrazie occidentali.

 

 

Ambientando la narrazione in questo preciso momento storico, Paola Cortellesi, esordiente dietro la macchina da presa, mette in scena la condizione delle donne di ieri per riflettere su ciò che sta accadendo alle donne di oggi, in cui la piaga sociale del femminicidio e della violenza domestica non accenna a diminuire, sia nei numeri che nella crudeltà. Il cambiamento istituzionale non trova immediato riscontro all’interno del tessuto sociale: nel microcosmo dei nuclei familiari, il percorso di crescita è ancora più duro e complicato, poiché il modello patriarcale, violento ed autoritario, ha radici profonde, non ha la minima intenzione di essere sorpassato o lasciato alle spalle. L’intervento legislativo da solo non può risultare sufficiente a cambiare radicalmente l’etica, la morale e la cultura di un popolo, non ci sono bacchette magiche che da un momento all’altro risolvono i problemi, occorre svolgere un lavoro intenso dentro le case, dentro le famiglie, per educare i singoli individui al rispetto, alla parità e perché no, anche alla sconfitta.

 

 

La recensione di C'è ancora domani, con Valerio Mastandrea

 

 

I pregi e difetti di C’è ancora domani, con Emanuela Fanelli e Vinicio Marchioni

Per sancire la riuscita dell’opera, alle buone intenzioni deve seguire una messa in scena adeguata, soprattutto nel momento in cui le tematiche al centro del discorso sono di forte attualità, nell’arte e nella vita di tutti i giorni. Come accade troppo spesso nel dramma italiano medio, le parole predominano sulle immagini, si utilizza il parlato per scuotere le coscienze dello spettatore, nella maggioranza dei casi innaturale, invece che premiare l’efficacia delle immagini in movimento, essenza del cinema. Ci riesce solamente nel finale, quando il posizionamento dei personaggi e i loro gesti acquistano un profondo significato, parlando innanzitutto al cuore del pubblico di riferimento. Le sequenze, quelle che sulla carta dovrebbero essere le più impattanti, soffrono di uno stile eccessivamente edulcorato e patinato, manca quel necessario approccio crudo e violento, capace di far provare repulsione verso abomini di questo genere, il corpo di Delia è fin troppo pulito per appartenere ad una moglie vittima di percosse da anni, quasi tutti i giorni, così risulta assente la tangibilità del sopruso, indispensabile per trasmettere orrore e sgomento.

 

 

In occasioni simili bisogna avere l’ardire di applicare la giusta efferatezza, scegliendo un tono preciso e coerente, abbandonando il compromesso tra dramma e commedia che la pellicola in questione intende raggiungere. È possibile notare come il lungometraggio soffra di un reflusso cattolico: il legame materno è un vincolo indissolubile tanto da rinunciare ad una nuova opportunità di salvezza; l’urgenza di voltare pagina è arrivata, ancor più se è in gioco l’integrità fisica della persona. Il tetto coniugale può e deve essere lasciato alle spalle quando si trasforma in una trappola mortale senza vie di fuga o senza possibilità di svolta, non si tratta di capriccio e nemmeno di vizio; perciò, tenere in piedi una situazione ormai insostenibile solo per un vincolo morale, non è la soluzione.

Voto:
3/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
4/5
Arianna Casaburi
4/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Matteo Farina
4/5
Gabriele Maccauro
3.5/5
Alessio Minorenti
4/5
Vittorio Pigini
2.5/5
Bruno Santini
4/5
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