Recensione – L’ultima luna di settembre, scritto, diretto ed interpretato da Amarsalkhan Baljinnyam

Recensione – L’ultima luna di settembre, scritto, diretto ed interpretato da Amarsalkhan Baljinnyam

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: L’ ultima luna di settembre (Ergej irekhgüi namar)
Genere: drammatico
Anno: 2022
Durata: 90 minuti
Regia: Amarsalkhan Baljinnyam
Sceneggiatura: Amarsalkhan Baljinnyam, Bayarsaikhan Batsukh
Cast: Amarsaikhan Baljinnyam, Tenuun-Erdene Garamkhand, Damdin Sovd, Davaasamba Sharaw, Tserendarizav Dashnyam, Delgersaikhan Danaa, Adiya Rentsenkhorloo, Batbayar Dashnanzad, Evan Millard, Ariunbat Otgonbayar
Fotografia: Josua Fischer
Montaggio: Bayarsaikhan Batsukh
Colonna Sonora: Odbayar Battogtokh
Paese di produzione: Mongolia

Distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 21 settembre 2023, tratto dal romanzo breve Tuntuulei di T. Bum-Erden. Di seguito, la trama e la recensione di L’ultima luna di settembre. 

La trama de L’ultima luna di settembre, diretto da Amarsalkhan Baljinnyam

Di seguito la trama ufficiale de L’ultima luna di settembre, diretto da Amarsalkhan Baljinnyam:

 

“Tulga da diversi anni vive in città, ma quando il suo anziano padre si ammala, decide di far ritorno nel suo villaggio natale, sito tra le remote colline della Mongolia, per assisterlo. Quando il genitore muore, Tulga decide di restare comunque a vivere nella yurta paterna, determinato a portare a termine un compito che aveva promesso al padre di completare prima dell’arrivo dell’ultima piena di settembre. Un giorno, mentre lavora nei campi, si imbatte in un bambino di circa dieci anni di nome Tuntuulei, che vive con i nonni, perché sua madre lavora nella città. Tulga deciderà di prendere il bambino sotto la sua ala protettiva e capisce così che è in grado di dare a Tuntuulei tutto quell’affetto paterno di cui ha bisogno e che a lui stesso non era mai stato concesso da suo padre.”

 

 

La recensione de L'ultima luna di settembre, con Amarsalkhan Baljinnyam

 

 

La recensione de L’ultima luna di settembre, dal romanzo breve di T. Bum-Erden

Per il suo esordio dietro la macchina da presa, Amarsalkhan Baljinnyam decide di rendere protagonista casa sua, in cui le valli distese della Mongolia fanno da scenografia mozzafiato per quello che sembra all’apparenza essere solamente una vicenda intima ed individuale. Un contesto ambientale da vero western, svoltasi però in Estremo Oriente, quindi si può ribattezzare in questo caso con l’appellativo “wEASTern” e data la rotondità della Terra, le due aree geografiche non sono poi così lontane. La qualità delle inquadrature può trarre in inganno, poiché la scelta sapiente di alternare l’importanza data al paesaggio e ai personaggi pare eseguita da un autore veterano, con una grande esperienza alle spalle.

 

 

Basta ascoltare un paio di messaggi vocali per capire lo stato d’animo inquieto del protagonista, in un rapporto conflittuale con la possibilità di diventare genitore, data la controversa figura paterna adottiva, che probabilmente ha mostrato il suo lato più tenero solo in punto di morte, mentre quella biologica è rimasta un fantasma per tutta la vita. La mancanza di un nucleo familiare stabile è ciò che rende autentico il legame instaurato tra Tulga e Tuntuulei, quest’ultimo è un bambino, interpretato davvero magistralmente, costretto dalle circostanze a crescere più in fretta del normale, ma desideroso di quella normalità tipica dell’infanzia. Sogna di provare cosa significa essere amato e che la venuta al mondo non sia altro rispetto ad un incidente di percorso. Un’amicizia fuori dall’ordinario che per lo stesso Tulga significa anche riscatto e forse il superamento di quegli ostacoli per intraprendere un nuovo percorso nella sua vita.

 

 

 

 

Le tematiche de L’ultima notte di settembre, distribuito da Officine UBU

La pellicola è molto più stratificata di quello che sembra, dentro di sé; infatti, conserva una straordinaria simbologia, tutta da scoprire in ogni minuto che passa. I due protagonisti non sono solo due persone, ma due diverse entità e la loro connessione. Innanzitutto, chi meglio di un bambino può incarnare la natura? Una creatura innocente, pura, che si presenta per come è veramente. Tulga invece rappresenta tutta l’umanità, bisognosa di ritrovare la propria identità scavando nel suo passato. Il rapporto uomo-natura deve essere riscoperto ciclicamente, ma prima o poi arriva il momento in cui ogni individuo deve tornare nella società metropolitana, per continuare il processo d’evoluzione altrimenti immobile, giacché il rimanere in uno stato “brado” comporta la mancanza di crescita conseguente all’ignoranza. L’obiettivo, dunque, è il raggiungimento del pieno equilibrio interiore che possa trasmettere un senso di quiete tanto difficile da ottenere; infatti, è un errore non tornare mai dalla città, poiché più il tempo passa più si rischia di perdere contatto con il senso di umanità, arrivando ad assomigliare sempre di più a delle macchine fredde e calcolatrici, impegnate solamente a produrre.

Voto:
5/5

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