Articolo pubblicato il 14 Febbraio 2025 da Giovanni Urgnani
L’inganno (The Beguiled) è un film thriller collocato in una cornice western, scritto e diretto da Sofia Coppola, qui al sesto lungometraggio. Si tratta di una trasposizione dell’omonimo romanzo del 1966, scritto da Thomas P. Cullinan. Tuttavia, esiste un precedente adattamento sul grande schermo: La notte brava del soldato Jonathan (1971) diretto da Don Siegel. L’inganno è stato distribuito al cinema nel 2017, anno in cui la Coppola vinse il Premio per la miglior regia al Festival di Cannes. La durata del film è di circa 94 minuti, mentre nel cast figurano Elle Fanning, Kirsten Dunst, Nicole Kidman, Colin Farrell, Angourie Rice, Wayne Pére, Oona Laurence, Emma Howard, Eric Ian. Di seguito la trama e la recensione di L’inganno, sesto film scritto e diretto da Sofia Coppola.
La trama di L’inganno, film scritto e diretto da Sofia Coppola
Ecco riportata la trama del film L’inganno, sesto in carriera per la regista Sofia Coppola, che lo ha scritto e diretto:
“Nel 1864 la Virginia è scossa dalla violenta Guerra di Secessione. A causa del conflitto, il collegio femminile diretto da Martha Farnsworth (Nicole Kidman) è rimasto completamente isolato e la donna si assicura che le sue studentesse siano sempre al sicuro dai malintenzionati, che si avventurano nel bosco circostante. Un giorno la piccola Amy (Oona Laurence) si imbatte nel Caporale nordista John McBurney (Colin Farrell), che vaga per la selva dopo essere stato gravemente ferito ad una gamba. Mossa a pietà, Amy conduce l’uomo nel collegio affinché venga curato. Nonostante lo sconosciuto rappresenti una minaccia, la direttrice e l’insegnate Edwina Morrow (Kristen Dust) ne rimangono profondamente affascinate e accettano di tenerlo al sicuro fino al momento della sua guarigione.
Deciso a fuggire dal campo di battaglia, John si avvale consapevolmente dell’ascendente che esercita sulle donne e tesse un’intricata rete di menzogne, sperando di poter soggiornare a lungo nello sperduto collegio. Edwina, stanca della sua vita morigerata, si innamora di John e, quando lui le confessa i suoi sentimenti, medita di fuggire lontano da quel luogo. Ma il colonnello ha ben altre intenzioni. Contemporaneamente, infatti, John seduce Martha e bacia l’adolescente studentessa Alicia (Elle Fanning). Quando Edwina sorprende Alicia e John insieme, l’ira l’acceca e la donna compie un gesto sconsiderato. Gli intrighi e le passioni, tuttavia, hanno un prezzo molto alto e le donne si riveleranno ben più abili del colonnello nello spietato gioco dell’inganno.”

La recensione di L’inganno: una rivisitazione in chiave femminista dove vige il contrasto tra la simmetria esterna e lo squilibrio interno
Nel 2017 la Coppola presenta a Cannes il suo sesto film: L’inganno, con un cast composto da volti noti e dalle comprovate abilità performative. D’altronde, per un film così claustrofobico e dall’atmosfera rarefatta, le prestazioni attoriali rappresentano uno dei fattori chiave per cui la tensione erotica e quella psicologica raggiungono l’apice durante il racconto. In L’inganno, la regista prende le distanze dalla più ampia visione mostrata da Don Siegel nella precedente versione, elimina la figura politica della domestica afroamericana, sostituisce i tratti gotici e onirici con un’elaborato strettamente contemporaneo, nonostante l’ambientazione western (Guerra di Secessione). L’inganno è un thriller in cui risaltano le simmetrie e si elevano i desideri interiori, generando un mirabolante contrasto sospeso nel tempo e nello spazio. Quest’ultimo è sempre stato un tratto distintivo del cinema della Coppola, che in tal caso spoglia il soggetto di base da una visione piuttosto estesa e complessa, scegliendo di vivisezionare con caparbietà le intimità individuali (ma anche di gruppo) delle ragazze/donne protagoniste. Infatti, se in La notte brava del soldato Jonathan (1971) c’è un ampio uso di flashback e sequenze oniriche che giustificano le azioni dei personaggi, qui tutto è mosso dal disordine innescato in un luogo chiuso alle vicende esterne, dove le figure femminili creano il loro rigido e sicuro mondo. Il Caporale John è colui che mette in subbuglio quanto strutturato con orgoglio da Miss Martha, personaggio a dir poco ambiguo. L’uomo adopera sin da subito le parole: “Selvaggio” e “Libero”, come a sottolineare lo spirito con cui approccia alla vita, a differenza del rigore uniforme vigente nella scuola femminile.
La Coppola, per far risaltare tale contrasto, mette in gioco una regia conforme al contenuto veicolato: la geometrie delle inquadrature sembrano trattenere schematicamente le sensazioni insite nelle protagoniste, le quali però non riescono a preservarsi quando entra in scena il Caporale. Basti pensare ai diversi campi lunghi, propri del western, come fungono esplicitamente da cornice; infatti, è in questi casi che è possibile osservare la distanza tra le donne e l’uomo, ma non sempre si riesce a mantenere il distacco. Il microcosmo di genere è palesato sin dall’incipit favolistico, quando un’innocente fanciulla trova l’uomo, ovvero il “lupo cattivo” pronto ad approfittarsi della benevolenza altrui. Inoltre, durante le lezioni di francese tenute da Edwina, si può notare come manchino i pronomi maschili sulla lavagna. La Storia insegna che il western è un genere ampiamente diffuso e utilizzato dai registi per poter rappresentare il proprio presente, la condizione sociale nella quale vertevano le rispettive vite, e la Coppola decide di avvalersene allo scopo di (di)mostrare quanto siano attuali certi meccanismi collegati allo scontro ideologico tra maschi e femmine, persino a distanza di circa 150 anni. La guerra, infatti, è rilegata in superficie, ma ciò non è da vedere come un difetto, bensì come un elemento rafforzativo. Il suono degli spari di cannone viene attutito, ma è possibile scorgere persino del fumo nero in cielo, senza dimenticare le ferite del Caporale, che in guerra c’è stato e in un atto di disperazione n’è uscito.
La regista lavora per sottrazione e ottimizza la percezione sublimando i dubbi, i presentimenti e i turbamenti esternati a ruota libera e a catena dai personaggi in scena, rendendo L’inganno un thriller dalla tensione crescente. Tutto ciò viene esaltato dalla presenza di colori fievoli e una fotografia crepuscolare, composta perlopiù dalla luce naturale (che la Coppola intendesse omaggiare Barry Lyndon era chiaro sin dal suo Marie Antoinette), con la nebbia diluita tra gli alberi, le tende della scuola e le candele nei freddi interni. A prevalere, come anticipato, è l’eros scatenato nei personaggi, quasi in un atto masturbatorio; basti pensare alla prima volta che Miss Martha tocca il corpo privo di sensi del Caporale, o alla giovane e pericolosamente seducente Alice. Davvero notevole come ogni ragazza e donna riesce ad approcciarsi a John, il quale instaura con ognuna di loro un rapporto proporzionato alla rispettiva età: con Jane c’è un silenzioso conflitto. Infatti, con Amy si punta tutto su quanto è speciale la loro amicizia; Alice intende autoaffermarsi, e i suoi sguardi, ammiccamenti ricchi di eros, seducono un colpevole uomo; Edwina è un’anima sola che desidera andar via con John, di cui si è innamorata; Martha è una donna risoluta che non seduce, ma viene sedotta con delle occhiate e delle parole ben elargite.
Il labile filo conduttore giocato sull’implosione e sull’esplosione dei sentimenti e delle differenti percezioni viene processato con arguzia, tanto che la contaminazione maschile verrà rigettata nel finale, quando un glaciale “bon appetit” di Miss Martha spegne definitivamente la fiamma ardente e perciò pericolosa. John voleva approfittarsene, desiderava prendere possesso delle decisioni interne alla scuola, si stava trasformando in un isterico soldato volto al patriarcato, affliggendo colpe alle donne per la sua gamba obbligatoriamente amputata. L’integrità viene così ristabilita, mentre l’uomo violento e sfruttatore, legato al mondo esterno, viene restituito a quest’ultimo, esponendo un segnale (fascia blu) sul cancello del territorio appartenente alle sole donne. Le protagoniste, precedentemente tramutate in ancelle che si sono prese cura di un uomo simbolo della seduzione, ritrovano sé stesse in una dimensione chiusa e isolata, come suggerisce il lento zoom-in nell’ultima inquadratura, stringendo il campo sui personaggi situati dietro la cancellata.
Edwina: un personaggio femminile strettamente figlio del cinema della Coppola
Kirsten Dunst riprende filologicamente quanto espresso da Sofia Coppola nella sua filmografia, e non è un caso, dato che l’attrice è qui al suo terzo film con la cineasta americana a seguito di Il giardino delle vergini suicide e Marie Antoinette. In entrambi i film appena citati, le ragazze sono schiave di un luogo che prende forma in quanto gabbia pudica, dove persino la libertà sessuale viene minata (dai genitori nel primo; dal delfino di Francia nel secondo). In L’inganno è la scuola a rappresentare una cesoia tra il “dover essere” e “l’essere”, mettendo i desideri intimi e interiori contro la malinconica realtà esterna. Tuttavia, va anche detto che Edwina è il personaggio che più subisce un cambiamento dovuto alla presenza deformante del Caporale John, in quanto vede in lui una via di fuga, specie nel momento in cui l’uomo si fa avanti confidandole il suo amore verso di lei. Ma proprio nel momento clou, quando ci si è detti la verità, John commette il brutale errore di accettare nel suo letto la giovane studentessa Alice, personaggio malizioso anche per vicissitudini legate all’età. In quell’istante c’è lo scontro tra John ed Edwina, la quale sperava finalmente di aver trovato l’occasione cominciare una nuova vita, lontana dalla tradizionale e gerarchica piccola società femminile, interna al microcosmo scolastico.
La solitudine, la mancanza di stimoli, presenti nel cinema della Coppola sin dal suo esordio, passando per Lost in Translation e Somewhere, sono sentimenti integrati perfettamente in Edwina, ma quest’ultima riserva una piacevole sorpresa: la sua immobilità è tutt’altro che passiva. Il suo ruolo non è assolutamente marginale, tanto meno transitorio, anzi, è colei che provoca la frustrazione e la rabbia del Caporale gettandolo giù per le scale dopo che lo ha beccato a letto con la giovane Alice, tradendo le sue rosee aspettative. Inoltre, Edwina è stata anche capace di riportare l’ordine mentale in John, affrontandolo e provocandolo a tal punto da soddisfare (anche aggressivamente) i rispettivi piaceri sessuali sul pavimento. Insomma, il personaggio della maestra è un vortice complesso, tutto da comprendere e perciò meravigliosamente sfaccettato.