Articolo pubblicato il 14 Gennaio 2025 da Gabriele Maccauro
Passages è il nuovo film del regista statunitense Ira Sachs, presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival 2023, lo scorso gennaio, per poi approdare nella sezione Panorama della Berlinale, in febbraio. Sarà distribuito nelle sale italiane il prossimo 17 agosto da MUBI e Lucky Red.
La Trama di Passages, con Franz Rogowski, Adele Exarchopulos e Ben Wishaw
Thomas (Franz Rogowski) è un giovane regista tedesco alle prese con la lavorazione di un film, Passages. Vive con suo marito Martin (Ben Wishaw) a Parigi e, durante la festa di fine riprese, incontra Agathe (Adele Exarchopulos), un’affascinante insegnante con cui inizierà una storia d’amore che lo vedrà prossimo alla paternità . Thomas dovrà presto fare scelte importanti e capire quale rapporto lasciarsi alle spalle.

Passages: quando la ricerca di stile non compensa il vuoto enorme di un film non scritto
Per elencare i punti di forza di Passages è necessario soffermarsi unicamente sui tre interpreti principali: sono Rogowski, Wishaw ed Exarchopulos che tentano di plasmare dei personaggi che dovrebbero essere complessi e sfaccettati, a partire dalla sceneggiatura di Sachs e Mauricio Zacharias, ma non riescono in alcun modo. È indubbia la bravura del trio, il loro carisma attoriale, la mimica, il loro muoversi negli spazi, ma non è sufficiente per nascondere il vuoto contenutistico del testo di partenza.
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Si potrebbe pensare a Thomas come a un alter-ego di Sachs, poiché anche lui regista (e il film che sta dando alla luce si chiama proprio Passages, lo vediamo nel ciak battuto nella sequenza iniziale). Spesso, quando un cineasta è alle prese con un testo meta-cinematografico, lo fa con l’intento di illustrare luci e ombre della sua vita e del suo mestiere, le crisi creative, la difficile gestione dei rapporti interpersonali (8 e mezzo di Federico Fellini è il capostipite di questo filone legato all’autobiografismo nella Settima Arte).Â
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È lecito, quindi, aspettarsi una pellicola rischiosa, complessa, analizzabile sotto diversi punti di vista e il risultato polarizza spesso le opinioni del pubblico – si può citare l’ultima opera del Maestro Inarritu Bardo, la cronaca falsa di alcune verità . In Passages però, c’è unicamente forma, un’estetica scontata e derivativa, che sicuramente potrà soddisfare chi si ferma in superficie, ma nessun altro, sicuramente non chi ha fatto i conti con un certo Cinema d’Autore e riconosce facilmente il falso.Â
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Dov’è il background psicologico dei personaggi? In che modo possiamo considerare il protagonista se non come lo stereotipico regista egocentrico, egoista, fedifrago, che desidera per sé un uomo col quale consumare un rapporto sessuale e una donna con la quale dormire vicino, ad attenderlo nel mentre nella stanza adiacente? Come si può accedere ad una minima introspezione, come raggiungere un sottile strato di empatia che renda effettivamente rilevanti le vite di Thomas, Martin e Agathe, e dove rintracciare le motivazioni delle scelte che condizioneranno la loro esistenza? È così carente Passages, così vuoto, che sfuggono – a chi scrive – le ragioni delle ovazioni tributategli da parte della critica internazionale.
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L’ultima opera di Sachs non è solo deludente, ma anche pretenziosa, meritevole di antipatie. Affrontare una tematica importante e di così attuale rilevanza come la genitorialità e il desiderio di tale genitorialità da parte delle famiglie queer richiede uno sforzo in più, un tentativo di approfondimento. La gravidanza di Agathe e la fine della stessa, tramite aborto, non può essere appena accennata in un paio di dialoghi, tra la camera da letto e il tavolo di un bar, peraltro in modo così sommario e inefficiente. Sì, perché Passages non è altro che questo: un lavoro frettoloso, superficiale e inconcludente, un soggetto filmato e nulla più, che poteva, forse, limitarsi a essere un cortometraggio.
