Realizzato con mezzi di fortuna e ben tre anni di produzione totale, La Casa di Sam Raimi rappresenta il vero e proprio esordio cinematografico del regista statunitense che, dopo aver realizzato It’s Murder! con 2000 dollari di budget, Super 8 e in assenza di una vera e propria distribuzione ufficiale, si è dedicato al progetto in questione dopo aver ottenuto i finanziamenti per La Casa grazie al suo cortometraggio Within the Woods. Nonostante le ristrettezze economiche e le difficoltà , la grande sapienza del regista ha permesso di realizzare un film dal grande successo globale che, ancora oggi, viene annoverato tra i cult più importanti del genere horror: di seguito, si indica la trama e la recensione di La Casa, di Sam Raimi.Â
La trama di La Casa, di Sam Raimi
Ash, Scott, Cheryl, Linda e Shelly sono cinque amici che decidono di trascorrere il weekend in uno chalet di montagna; nonostante il luogo apparentemente angusto e mal messo, i cinque non desistono rispetto all’iniziale obiettivo. Fin da subito, però, iniziano alcune manifestazioni sovrannaturali che minano il benessere dei cinque: Cheryl, ad esempio, viene posseduta mentre sta disegnando un orologio a pendolo e, non potendo controllare la sua mano, calca violentemente sul foglio disegnando una figura sinistra; più tardi, mentre i cinque cenano, un rumore spaventoso della botola li richiama, con Ash e Scott che scendono in cantina scoprendo un registratore a nastro.Â
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La voce che ascoltano è quella di un archeologo che, dopo aver scoperto un misterioso libro – il Naturon Demonto – nelle rovine del castello di Kandar, viene bersagliato dall’entità demoniaca definita, nell’adattamento italiano, Demone Kandariano. L’archeologo pronuncia la formula per risvegliare l’entità demoniaca e, nell’ascoltarla, i cinque ragazzi risvegliano il demone che li attaccherà . A seguito di una serie di scontri con il demone, che inizia a possedere tutti i suoi amici finché questi ultimi non verranno fatti a pezzi, Ash riuscirà finalmente a sconfiggere il demone, gettando il Naturon Demonto tra le fiamme. Tuttavia, il demone non sembra essere del tutto sconfitto.Â
La recensione del cult horror di Sam Raimi
Un progetto durato tre anni, portato avanti soltanto nei ritagli liberi di tempo e finanziato grazie al cortometraggio Within the Woods, che ha permesso a Sam Raimi di ottenere parte del budget complessivo (375mila dollari) per l’opera; a ciò si uniscono finanziamenti privati, aiuti economici di amici e parenti, oltre che la giovanissima età del poco più che ventenne Sam Raimi, che si confronta con un’opera che, nel corso della sua storia, è stata in grado di diventare un vero e proprio cult nel genere horror. Benché la sua carriera fosse partita con il tono e la passione per la commedia, le esigenze economiche hanno portato il regista a confrontarsi con una materia che l’ha poi rappresentato, tanto da creare quegli elementi distintivi che anche il recente Doctor Strange nel Multiverso della Follia hanno accolto.Â
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In effetti, è difficile – se non impossibile – guardare La Casa senza riuscire a percepire la sapiente mano di Sam Raimi, che diventa protagonista a partire dalla prima scena in soggettiva; è proprio la macchina da presa, gestita in maniera magistrale, a diventare il reale simbolo della pellicola, per mezzo di una perfetta personificazione che permette al demone, mai mostrato in volto, di essere percepito in prima persona grazie alle enormi (e già assolutamente palesi) qualità da parte del regista. Servendosi del formato in 16 mm, che soltanto con la distribuzione successiva sarà ampliato, Sam Raimi riesce a ricostruire una vera e propria epopea del terrore, con l’assenza dichiarata dell’obiettivo di far paura e con la finalità di creare un discorso cinematografico parallelo: l’interesse del regista statunitense è costituire e immediatamente destrutturare il legame tra i suoi personaggi, rendendo il male effimero e intangibile – per mezzo della scelta della location ma sapendo anche costruire un importante coinvolgimento dettato dalla natura circostante, anch’essa parte dell’orrore presentato sullo schermo – e, in ultima analisi, non dovendo mai realmente servirsi di un solo volto demoniaco o mostruoso (limitando all’osso anche il ricorso ai jumpscare) per spaventare lo spettatore.Â
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Pura e perfetta finzione, dunque, che hanno a che fare tanto con il discorso narrativo – la sceneggiatura è sicuramente uno degli elementi pregevoli del film – quanto con la regia; è diventata celebre non a caso la ormai iconica shakeycam, una variante della Steady costruita dal regista per ottenere le riprese in soggettiva in cui il demone, muovendosi in modo tremante, insegne i ragazzi protagonisti del film. Per sua natura, La Casa non è soltanto un film assolutamente riuscito, nonostante gli evidenti limiti di budget, ma anche un prodotto in cui Sam Raimi riesce a mostrare il suo talento in maniera pregevole, non essendo troppo lontano da una maestria che, con merito, gli è stata riconosciuta nel corso della sua carriera.
La Casa: come rivoluzionare il genere del terrore con pochi mezzi a disposizione
“Sono un visionario, vedo quello che non c’è”, canta(va) Ivano Fossati all’interno della sua La bottega di filosofia. Pur con pochissimi mezzi a disposizione, Sam Raimi ha dimostrato di saper vedere oltre il limite tecnico, agendo di solo concetto e riuscendo, con La Casa, a rivoluzionare il genere del terrore. Che piaccia o meno, Evil Dead è un prodotto estremamente citato in numerosi prodotti horror successivi, addirittura autocitato da parte dello stesso Sam Raimi che non ha mai fatto a meno di servirsi di alcuni dei suoi, rappresentativi, simboli. Per certi versi, chiaramente facendo riferimento al solo concetto. La Casa e l’atteggiamento del suo regista ricordano molto quanto fatto anche da Peter Jackson per Bad Taste, in un prodotto low budget di cui il regista è stato anche attore (per più personaggi), costumista, truccatore e produttore.
Senza troppa ipocrisia, molti degli elementi presenti all’interno del film appaiono estremamente artigianali: effetti speciali, trucco, costume, sangue, oltre che lo stesso liquido fuoriuscito dai corpi posseduti (latte diluito) sono parte di un prodotto in cui ogni componente non è certamente oggetto di un team creativo ma, nella maggior parte dei casi, viene ottenuta attraverso improvvisazione sul set. Eppure, il Sam Raimi appassionato di Lovecraft – il libro della morte è naturalmente un omaggio al Necronomicon – e consapevole di non avere i mezzi per creare un capolavoro horror dal punto di vista tecnico, sposta il raggio di interesse verso un altro obiettivo: rinunciare all’artificio tecnico e stilistico, privilegiando l’inventiva. In tal senso, la disintegrazione dei corpi in stop motion appare magistrale per un film che, tra gli altri elementi notevoli, posiziona perfettamente ogni elemento del terrore, muovendo i pezzi con sapienza e sapendo creare un prodotto in cui il legame tra i corpi appare già incredibilmente maturo.