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Recensione – Bleeder: Nicolas Winding Refn e la Cinefilia

Bleeder è il secondo film diretto da Nicolas Winding Refn e probabilmente il meno citato. Ma per quale motivo, il film merita di essere visto?
Bleeder, un film di Nicolas Winding Refn

Bleeder è il secondo film del regista danese Nicolas Winding Refn che, dopo il suo debutto nel 1996 con il cult Pusher, tre anni dopo torna a lavorare con la stessa crew, compresi i tre protagonisti Mads Mikkelsen, Kim Bodnia e Zlatko Buric per il suo nuovo lungometraggio. Si tratta molto probabilmente del film meno visto e chiacchierato del regista di Copenaghen ma, nonostante le imperfezioni, è un film che parla di cinema e che rappresenta un passo importante nella carriera di Refn. Di seguito, ecco la trama e la recensione di Bleeder.

La trama di Bleeder, il secondo lungometraggio di Nicolas Winding Refn

Iniziamo a parlare di Bleeder dal principio, ovvero dalla trama che, come spesso accade con Refn, è semplicissima: Seguiamo la storia di Leo e Louise, una giovane coppia che vive a Copenaghen in pessime condizioni e con grossi problemi economici. Leo non è soddisfatto della sua vita e non riesce a sopportare l’idea che Louise sia incinta, sfociando spesso in atti di violenza domestica. Per questo e per molti altri motivi, si trova in pessimi rapporti con il fratello, Louis, fino ad un tragico finale. Questo è il filone principale del film, ma vengono in realtà seguite parallelamente due storie. Oltre a quella tra Leo e Louise infatti, seguiamo le vicende di Lenny, commesso in una videoteca e grande cinefilo, che si innamora di Lea, cameriera di un fast food.

Bleeder, un film di Nicolas Winding Refn

La recensione di Bleeder: cinefilia e violenza nella seconda opera di Nicolas Winding Refn

Come detto in precedenza, la trama di Bleeder è ciò che di più essenziale possa esistere. È stato così anche con Pusher e sarà così per molti altri suoi film, che ad una prima occhiata potrebbero sembrare complessi, ma così non è. Ciò che fa la differenza nel cinema di Refn non è infatti la trama in sé, quanto il modo in cui essa viene messa in scena. D’altronde, non è forse ciò che fanno gli autori? Prendere una storia piuttosto semplice e normale, quasi banale, per poi trasformarla a proprio piacimento e renderla ciò che si vuole? Nicolas Winding Refn arriva a realizzare Bleeder a 29 anni, tre anni dopo il suo debutto cinematografico con Pusher cheappena uscito nelle sale, non ha avuto un enorme successo, ma col tempo e con il passaparola è riuscito pian piano a diventare un vero cult

 

Nel frattempo Refn decide di realizzare un film in cui mette tutta la sua passione ed il cuore, il cuore di un cinefilo che ha finalmente modo di realizzare film come lavoro e, dopo Pusher, decide di mettere in piedi un’opera assolutamente imperfetta, ma che trasuda amore per il cinema. D’altronde, il film ha al suo interno un monologo di più di un minuto in cui Lenny (Mads Mikkelsen), elenca nomi di registi di cui possiede la filmografia all’interno della sua videoteca ad un cliente. In un monologo così semplice si racchiude tutto Refn, che da Fritz Lang a Sergio Corbucci, da Martin Scorsese a Jack Hill, da Akira Kurosawa a Mario Bava, vuole trovare nello spettatore una sorta di amico con cui parlare dell’arte più bella del mondo, come se fosse lui stesso il videotecaro e lo spettatore fosse il cliente. Come il cliente entra in videoteca per scoprire qualcosa di nuovo, lo spettatore entra in sala senza sapere cosa vedrà e Refn, in un certo senso, gioca su questo elemento raccontando due storie parallele: da una parte la cinefilia, l’amore per l’arte da condividere con tutti coloro che sanno e vogliono amarla con lui, dall’altra però la violenza, il cinema Refniano che abbiamo già visto in Pusher e vedremo cristallizzarsi per poi esplodere nelle sue opere successive.

 

Refn non riesce ancora a mettere perfettamente in scena il film che desidera, ma sa bene qual è e sa bene che non sarà lo spettatore medio ad apprezzarlo, ma il cinefilo. Come può un film che parla di violenza, di periferia, di morte e di droga, di tradimenti e di marciume della società e che di tutto questo crea una vera e propria estetica, quasi per mostrarci la bellezza dell’orrido, la spaventosa meraviglia di un mondo tanto lontano quanto vicino, piacere allo spettatore casual? Sembra piuttosto impossibile ed infatti il film è stato un assoluto flop, ancora oggi viene citato pochissimo e viene unanimamente considerato il peggiore nella carriera del regista danese.

Perché Bleeder di Nicolas Winding Refn è un film da riscoprire

Bleeder è stato dunque un flop, un film visto da pochi e chiacchierato da pochissimi, un’opera imperfetta che, all’interno della filmografia di un autore come Nicolas Winding Refn, finisce per perdersi. Dunque, perché vederlo? Perché Bleeder è un film da recuperare e riscoprire? Per tutti i motivi sopracitati, Bleeder resta certamente uno dei film più imperfetti del regista danese, ma è anche uno di quelli realizzati con più amore, per il mezzo cinematografico e per tutta la cinefilia. Non è un arrivo ma è uno dei passi che Refn ha dovuto fare per arrivare ad essere il regista che è oggi, ovvero un autore che ha ormai raggiunto anche il grande pubblico con il successo di Drive al Festival di Cannes e che, adesso, è sempre sulla bocca di ogni cinefilo.

 

Il suo cinema è un cinema ricco, cosciente e che, attraverso le immagini, parla con lo spettatore. Lo ha fatto con Drive, lo ha fatto con The Neon Demon, ma lo ha fatto anche con Bleeder, che resta sì un’opera difettosa ma che rappresenta Nicolas Winding Refn al 100% ed ogni cinefilo o appassionato che intende capire appieno la genesi di uno dei registi più interessanti della nostra contemporaneità – ma anche per chi comprende ed apprezza gli elementi cardine del suo cinema ed intende vedere un bel film – dovrebbe recuperarlo. Non stiamo parlando di un capolavoro, non stiamo parlando di una pietra miliare nella storia del cinema, ma stiamo parlando di un film ingiustamente sottovalutato e dimenticato. Guai dunque a sottovalutare e dimenticare Nicolas Winding Refn.

Voto:
3.5/5