Articolo pubblicato il 4 Aprile 2023 da Bruno Santini
Nel 1996 arriva il debutto cinematografico di un giovane regista danese di nome Nicolas Winding Refn. Il film in questione è Pusher, primo di una trilogia diventata ormai culto in tutto il mondo e che ha dato il via alla carriera di uno dei registi più interessanti degli ultimi decenni, autore dallo stile estremamente riconoscibile ma che ha certamente avuto bisogno di alcuni film per poter arrivare alla massima espressione di esso. Il suo debutto è un film ancora acerbo ma pieno di energia e che già sottolinea un tono crudo e cinico che ritroveremo quasi sempre nel suo cinema. Dunque, ecco la trama e la recensione di Pusher, l’esordio cinematografico di Nicolas Winding Refn.
La trama di Pusher, l’esordio alla regia di Nicolas Winding Refn
Iniziamo a parlare di Pusher partendo, banalmente, dalla sua trama. Frank è uno spacciatore cocainomane che si guadagna da vivere con piccoli furti e traffici di eroina, sempre in compagnia di alcuni amici che, come lui, vivono di illeciti e criminalità. Un giorno però, Frank chiede a Milo, un trafficante serbo, un grande quantità di eroina, promettendogli di pagarlo il giorno seguente. Il colpo non riesce e Frank viene fermato dalla polizia proprio nel momento in cui stava portando a termine la vendita della merce e, pur riuscendo a liberarsi della droga prima di venire fermato dalle forze dell’ordine, viene arrestato e passa una notte in prigione. Nonostante venga rilasciato, Frank si trova in un guaio ancora più grande della polizia, perchè non sa come ridare i soldi a Milo, che ovviamente inizia a spazientirsi. Frank è disperato, arriva addirittura a chiedere denaro a sua madre, ma la cifra non basta per ripagare il debito e, dunque, decide di comprare una pistola, per chiudere per sempre questa vicenda e lasciare il paese insieme alla sua compagna.

La recensione Pusher: la nascita di un cult e l’estetica della violenza
A questo punto, nel considerare la recensione di Pusher, non si può che partire da un dato di fatto: òa nascita di Pusher è a dir poco peculiare. Infatti, inizialmente doveva trattarsi di un cortometraggio della durata di 10 minuti con protagonista lo stesso Nicolas Winding Refn. Il regista danese, dopo essere stato espulso dall’American Academy of Dramatic Arts per intemperanze comportamentali, decide di frequentare la scuola di cinema e fa ritorno in patria. Ad attenderlo c’è però un’offerta da un milione di dollari per realizzare un lungometraggio ed il regista, ancora indeciso su cosa fare della propria vita e carriera, segue il consiglio dello zio e decide di accettare l’offerta. Decide dunque di realizzare un film da un milione di budget, senza aver però ancora le capacità e nozioni necessarie, confidando però nel fatto di poter imparare direttamente sul set. Questa è la genesi di Pusher, un film estremamente acerbo ma che, con gli anni, diverrà un vero e proprio cult, sia in patria che all’estero.
Come detto, Pusher è un film acerbo, derivativo e da un plot certamente semplice e che non spicca per originalità ma Refn, giovane ed inesperto regista alla sua prima vera opportunità dietro la macchina da presa, riesce ad imprimere nel film una potenza unica, dimostrando di avere le idee chiare su cosa vuole realizzare e senza paura di sbagliare. Pusher è un film crudo perchè crudo e brutale è il mondo in cui viviamo, iperrealistico e con inserti sarcastici e divertenti perché così sono i personaggi, perché nonostante un uomo possa essere un trafficante o uno spacciatore, allo stesso tempo può benissimo essere divertente o avere dei valori. Refn gioca dunque su quelle che possono sembrare contraddizioni ma che contraddizioni non sono, con elementi che sono in realtà tipici del cinema orientale, che tende sempre a non vedere le cose bianche o nere ma con diverse sfumature di grigio, dove i buoni nascondono sempre qualcosa ed i cattivi hanno degli elementi per cui empatizzare con loro. Refn lavora su questo, non elogia il loro operato ma li presenta allo spettatore esattamente per quello che sono, rendendo il film addirittura intimo.
Nicolas Winding Refn non si limita però a questo, non si limita a lavorare sui personaggi ma gli costruisce attorno un mondo che diventa più protagonista dei protagonista stessi, per il modo in cui ci viene raccontata la periferia e quelle zone urbane spesso abbandonate a se stesse e che la gente vede male, perchè popolate da persone poco raccomandabili, perchè c’è criminalità. Refn non giustifica, non esalta il crimine o la violenza, ma la sfrutta per lavorare sulle immagini e sull’estetica delle stesse, con una fotografia naturalistica e fredda – che vedrà poi una vera e propria esplosione con le sue opere successive – come freddo è quel mondo, dove non sembra esserci spazio per l’amore o per veri e propri rapporti umani. Paradossalmente, sembra esserne Refn l’unico in grado, per il modo in cui segue morbosamente i suoi personaggi, in special modo con delle bellissime riprese camera a mano che sembrano veri e propri pedinamenti.
Esordio acerbo ma dalle idee chiare: l’inizio della carriera di Nicolas Winding Refn
Ad oggi, considerando a che punto della carriera si trova, è evidente come Pusher non possa essere considerato uno dei migliori film di Nicolas Winding Refn, ma ha comunque un’importanza capitale. In Pusher ci sono già moltissimi elementi che ritroveremo spesso nella carriera del regista danese, in primis il modo in cui viene fotografata la violenza sia esplicita che interna agli stessi personaggi, corrotti dal mondo stesso in cui vivono. Con i suoi due film successivi, Bleeder e soprattutto Fear X, Refn inizia immediatamente a tirar fuori, ancor più di quanto fatto con Pusher, tutti questi elementi, ma senza riscuotere un grande successo e sarà lo stesso Pusher a tornare prepotentemente nella sua vita e nella sua mente di regista perché, nonostante non abbia ottenuto un grande successo alla sua uscita, è divenuto un cult enorme negli anni, tanto da spingere i produttori a volerne di più.
Refn tornerà dunque in questo mondo con i due sequel, Pusher II – Il Sangue sulle mie Mani e Pusher III – L’angelo della Morte, ma lo farà con molte più consapevolezze ed esperienza, tanto da riuscire a creare due ottimi sequel che lo porteranno ad avere finalmente l’autonomia che desiderava con Bronson e Valhalla Rising, fino al boom di Drive e all’assoluta maturità con Solo Dio Perdona e The Neon Demon.