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Presentato in anteprima alla 75esima edizione del Festival di Cannes, Armageddon Time è il nuovo film di James Gray, composto da un cast stellare: Anthony Hopkins, Anne Hathaway, Jeremy Strong, Jessica Chastain, ma anche i suoi due giovanissimi protagonisti Banks Repeta e Jaylin Webb. Distribuito in Italia da Universal Pictures, il film si trova nelle sale italiane dal 23 marzo. Di seguito, trama e recensione di Armageddon Time.

La Trama Di Armageddon Time, Il Nuovo Film Di James Gray

Armageddon Time è un cosiddetto Coming Of Age, un film di formazione ambientato negli anni ’80 nel Queens, New York e che segue la vita ed il rapporto d’amicizia tra Paul (Banks Repeta)e Johnny (Jaylin Webb), il primo un ragazzo bianco ed ebreo, il secondo nero in un paese ancora fortemente razzista come gli Stati Uniti. Nonostante le ingiustizie e gli anni che sta vivendo il paese, con la presidenza Reagan di sfondo, Paul e Johnny sognano un futuro migliore e socialmente più elevato, uno come artista e l’altro alla NASA. Tutto cambia nel momento in cui i genitori di Paul, Irving ed Esther (Jeremy Strong ed Anne Hathaway), decidono di mandarlo in una scuola privata di soli bianchi. Paul sarà dunque obbligato a frequentarla, ma troverà forza e supporto dal nonno Aaron (Anthony Hopkins), che gli insegnerà l’importanza di credere nei propri ideali e difendere le persone a cui si tiene, fregandosene di quello che dice la gente.

Armageddon Time, il nuovo film di James Gray

La Recensione Di Armageddon Time: Molta Apparenza, Poca Sostanza

Questi ultimi anni, decenni addirittura, sono senz’altro caratterizzati da un dominio, in termini di audiovisivo, di piattaforme streaming, serie tv e prodotti come quelli del MCU (Marvel Cinematic Universe), ma se questa è una faccia della medaglia, l’altra è certamente quella del biopic, più o meno autobiografico che sia. Con Armageddon Time, James Gray segue una strada già percorsa in questi anni da Steven Spielberg, Paolo Sorrentino ed Alfonso Cuaron. Come se grandi autori del passato e della nostra contemporaneità, sentano adesso il bisogno di esprimersi, di tornare alle proprie radici e comprendere il vero motivo per cui fanno ciò che fanno, cos’è che li ha fatti innamorare del cinema e, perchè no, attraverso questo processo, riflettere sulla propria adolescenza con altri occhi, per capire e comprendersi meglio. Nel caso di James Gray, siamo negli anni ’80 nel Queens, New York. C’è una famiglia. C’è un’amicizia con un ragazzo nero in un paese sotto la presidenza Reagan

 

Gray vuole riflettere su ciò che fu per lui quel periodo e lo fa certamente con un taglio diverso rispetto ai sopracitati registi, perché non si tratta dell’ascesa del protagonista, di un ragazzo particolare e difficile che riesce però ad emergere e diventare un grande artista, bensì di una storia quasi lasciata a metà, con un finale aperto per una storia che poteva durare anche di più, paradossalmente proprio fino ai giorni nostri, con un sapore amaro lasciato nella bocca di ogni spettatore che, guardando questo film in sala, non avrà veri elementi per cui gioire ma anzi, sarà costretto a vedere le ingiustizie di una società ben lontana da quella che i loro padri potevano sognare da piccoli, quando magari sono emigrati negli Stati Uniti, cercando di realizzare il cosiddetto Sogno Americano. Emigrati come Aaron, il nonno del nostro protagonista, interpretato da Anthony Hopkins, che sa bene cos’ha passato e che tutto ciò che vuole è solamente che suo nipote Paul possa camminare sempre a testa alta e combattere contro le ingiustizie che, purtroppo, ci sono e ci saranno sempre. Nella sua struttura può certamente sembrare semplice ma, nonostante Gray sia un regista che nella sua carriera ha spaziato molto e giocato coi generi, questo è forse il suo film più difficile e lo è in primis perché si tratta di qualcosa di personale, qualcosa che lo tocca nel profondo e che può portarlo a perdere di vista elementi importanti del racconto a favore di altri, a perdere la bussola, che è poi quello che è effettivamente successo. 

 

Il film richiama in più occasioni I 400 Colpi di Francois Truffaut, vorrebbe avere – nonostante tratti un lasso di tempo ben più limitato – la forza di La Famiglia di Ettore Scola, eppure perde di vista ogni elemento che riguardi il contesto in cui questa famiglia vive: la critica alla società americana ed alla presidenza Reagan è solamente abbozzata, come lo è anche il contesto in cui avvengono i fatti, un film che si regge più sulle cene in famiglia e sulle scene all’interno della scuola, quindi in interni, piuttosto che l’esterno, il Queens, che in una storia come questa magari avrebbe meritato più spazio. La forza del film, il suo cuore, quello che lo avrebbe dovuto e potuto spingere avanti fino ad essere, nonostante tutto, un grande film, è proprio il nucleo familiare, eppure anche questo elemento sembra riuscito solo a metà.

La Recitazione In Armageddon Time

Come detto, in un film come questo ed in cui, più per errore che per volontà, l’esterno del mondo viene facilmente tralasciato, quello che davvero doveva rappresentare il nucleo ed il cuore del film è l’interno, la casa, la famiglia ed i suoi membri. In questo senso, il film si regge certamente sull’interpretazione dei suoi attori, ma basta per salvarlo? Anthony Hopkins, nel ruolo del nonno Aaron, è meraviglioso, come sempre d’altronde. Un attore incredibile che dimostra, non solo in ogni scena ma, più in generale in ogni film che realizza, di come sia una spanna sopra gli altri. Una grande interpretazione in un ruolo che, però, sembra già visto: il ruolo di Aaron infatti, non è poi così lontano dai ruoli che Hopkins ha ricoperto nei film di Florian Zeller, The Father e The Son e, nonostante degli elementi divergenti, per lo spettatore non avrà un impatto così esageratamente forte, perché avrà il sapore di già visto. Anne Hathaway è un’altra delle note liete di questo film, perché ci regala una performance eccezionale e dimostra, dopo anni di appannamento, di essere una grande attrice. 

 

Tolte queste due performance però, il film fa fatica a reggersi sui suoi interpreti perché sì, Jeremy Strong fa quello che gli viene richiesto ma non spicca come poteva magari aver fatto nella serie tv Succession, mentre Banks Repeta e Jaylin Webb, i due giovani protagonisti del film, sono appunto ragazzini e, nonostante siano bravi, sembrano anche difficili da giudicare fino in fondo. Detto questo però, in queste cene di famiglia sono presenti diversi altri personaggi, dal fratello di Paul ai suoi zii, eppure sono solamente abbozzati, non danno nulla allo spettatore ed avrebbero certamente meritato più spazio, magari con un annesso aumento di minutaggio del film, per poter arrivare poi alla realizzazione esatta del film che Gray voleva. Detto questo poi, parlando di grandi celebrità, il ruolo di Jessica Chastain appare totalmente inutile, una sorta di cameo per cui non sembrava necessaria una bravissima attrice come la Chastain che quindi, in una fantomatica pagella, prenderebbe il classico s.v.

Voto:
2.5/5
Alessio Minorenti
2.5/5

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