The Last of Us: gli elementi che non hanno funzionato

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The Last of Us, serie TV prodotta e distribuita da HBO Max da gennaio a marzo 2023, si è conclusa lo scorso 12 marzo. Riproducendo fedelmente l’omonimo videogioco da cui prende vita questa controparte seriale, The Last of Us ha destato stupore in tutto il mondo ed è stato uno dei prodotti più visti sulla piattaforma di HBO. In Italia è stata rilasciata in contemporanea con gli Stati Uniti su Sky Atlantic e NOW TV, alle 3 del mattino tra la domenica e il lunedì di ogni settimana. Lo scrittore è lo stesso del videogioco, ossia Neil Druckmann, in collaborazione con Craig Mazin. Ma nonostante abbia convinto i fan e gli spettatori, di seguito vengono indicati gli elementi che non hanno funzionato nella prima stagione di The Last of Us.

Ecco cosa non ha funzionato nella serie TV The Last of Us

The Last of Us: ecco cosa non ha funzionato nella prima stagione

La prima stagione di The Last of Us ha mostrato la potenza cinematografica e televisiva commistionando questi linguaggi a quello videoludico, lasciando emergere nell’immediato il prodotto per qualità estetica e narrativa. Quello che il videogioco ha preso in prestito viene qui restituito sotto forma di intuizioni visive generate dal montaggio − ad esempio le dissolvenze al nero indicano un salto temporale come quando nel gioco un personaggio va a dormire − e dagli elementi in scena quali la scenografia e una regia percettiva. È infatti capitato più volte di associare lo sguardo della macchina da presa a quello dei personaggi, immergendo lo spettatore nel racconto ed amplificando l’aspetto sensoriale dell’esperienza. Il taglio cinematografico asserisce perfettamente a tale scopo, dimostrando come l’arredamento malandato dei luoghi possano rispecchiare sinteticamente la nuova realtà post pandemia.

 

Tra l’altro, il fungo che ha piegato definitivamente l’umanità è in linea con la contemporaneità, e perciò assume connotati maggiormente inquietanti. La psicologica di Joel ed Ellie viene ampliata seminando informazioni e dettagli lungo il tragitto percorso dai due in nove episodi. I punti di vista dei personaggi differiscono e lo si evince distintamente dalle varie comunità in cui si dividono gli esseri umani sopravvissuti. Ma soprattutto, le diverse rappresentazioni e declinazioni umane sono essenziali per contrapporre e poi unire Joel ed Ellie, fornendo nuove sfaccettature che rendono più complesso e in un certo senso doloroso il finale. Ma se il ritratto psicologico della coppia protagonista collega magistralmente padre putativo e figlia, quali sono gli elementi che non funzionano in questa prima stagione di The Last of Us?

 

Innanzitutto l’azione. È abbastanza furbo ridurre gli infetti ad un mero espediente narrativo, siccome le ore di gameplay vengono qui tagliate a dismisura. Il vero conflitto è tra gli umani e i traumi servono ad Ellie per assumere la consapevolezza di sacrificare sé stessa pur di curare il mondo. Eppure disporre un maggior minutaggio per regalare agli spettatore attimi di tensione che non sia soltanto psicologica, ma anche fisica, avrebbe giovato parecchio. Il background dei personaggi si è delineato con dovizia, dunque offrire anche 10 o 15 minuti in più in alcuni episodi avrebbe giustificato la quasi totale assenza degli infetti negli ultimi 4 episodi. In alternativa, siccome il settimo episodio è dedicato esclusivamente al DLC del videogioco Left Behind, tratteggiando la caratterizzazione di Ellie anche sul piano seriale, si poteva inserire un decimo episodio nella prima stagione di The Last of Us. L’azione è troppo sacrificata, e persino nell’ultimo episodio il salvataggio di Joel è ridotto a una sequenza di montaggio musicato.

 

I tempi degli ultimi 2 episodi sono palesemente velocizzati, e alcuni colpi di scena risultano per la prima volta (in tutta la serie) forzati. Mantenendo un ritmo costante, si sarebbero curati alcuni passaggi come quello appena citato, o la frettolosa guarigione di Joel nell’ottavo episodio. Insomma, date le potenzialità della serie − visivamente sempre sul pezzo − era lecito aspettarsi una gestione dei tempi diversa alle battute finali e un’azione maggiore, rinvigorita da sequenza horror contro gli infetti. In conclusione, se la psicologia dei personaggi viene tratteggiata con cura a dir poco maniacale ampliando il bagaglio informativo del videogioco, in The Last of Us manca minutaggio agli infetti e all’azione, minando la tensione in alcuni punti negli episodi finali. Siccome le intuizioni visive ci sono state e gli episodi durano dai 45 ai 55 minuti, con l’eccezione del prologo che ne dura ben 80, sarebbe stato saggio optare per episodi da un’ora ciascuno o un ulteriore puntata per arrivare a 10 complessivamente. In tal modo, la qualità già ottima della prima stagione di The Last of Us sarebbe stata eccelsa come d’altronde è nei primi episodi.