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Recensione – Akira, il capolavoro di Katsuhiro Ōtomo compie 35 anni

La recensione di Akira

Distribuito nelle sale cinematografiche giapponesi il 16 luglio 1988 mentre in quelle italiane il 20 marzo 1992. Diretto da Katsuhiro Ōtomo e coscritto insieme a Izō Hashimoto, basato sull’omonimo manga curato dallo stesso autore, la colonna sonora è composta da Shoji Yamashiro. Il cast vocale è composto da: Mitsuo Iwata, Nozomu Sasaki, Takeshi Kusao, Masaaki Ôkura, Tarō Ishida, Mami Koyama, Tesshō Genda, Mizuho Suzuki e Yuriko Fuchizaki.

 

 

La trama di Akira, diretto da Katsuhiro Ōtomo

Di seguito la trama ufficiale di Akira, diretto da Katsuhiro Otomo:

 

In un 2019 post Terza Guerra Mondiale la città di Neo Tokyo è decrepita, piena di violenza, senza un governo stabile, in preda al caos: la legge è impotente, il pericolo di insurrezione popolare è altissimo, gruppi di terroristi e ribelli si organizzano per far fronte alla situazione devastante e capi di fanatiche sette religiose aizzano le masse promettendo la seconda venuta del leggendario Akira. Come se non bastasse, bande di motociclisti imperversano per le strade della metropoli sfidandosi in corse all’ultimo sangue.

 

 

 

 

La recensione di Akira, film del 1988

Il vecchio sistema è ormai definitivamente collassato, la vecchia classe dirigente è inadeguata nell’amministrare e iniqua nel tentare di rimettere ordine in un caos desolatamente incontrollato. Una forma mentis che continua a privilegiare l’arricchimento dell’assetto bellico, una mentalità che persevera nel mettere in proporzione la forza di uno stato con la potenza militare ignorando colpevolmente il vero significato di nazione e di potere con quest’ultimo esercitato nel modo più barbaro e tirannico possibile, poiché quando si spara sulla propria gente si perde ogni frammento di legittimità e autorità. Il cambiamento è insito nella natura, ogni cosa non rimane mai uguale a se stessa e nel corso delle ere l’evoluzione ha sempre accompagnato tutte le forme di vita. L’essere umano non è esente da tale situazione, la fisionomia di oggi è il risultato di un lunghissimo processo e prima o poi è destinato a cambiare, non resterà così per sempre. Nemmeno la sua presenza sulla Terra deve considerarsi perpetua, come è capitato ad altre specie prima di lui rimaste vittime di un ciclo continuo di distruzione-rigenerazione che inesorabilmente si ripete permettendo di salvarsi a chi è in grado di adattarsi.

 

 

“Il potere logora chi non ce l’ha” disse un famoso uomo di stato, ma questa pellicola dimostra l’esatto contrario: Tetsuo è una persona arrabbiata con la vita, crescendo col sentimento dell’invidia e del rancore non accettando quello che è, non piacendosi, desiderando dentro di sé di vestire i panni di qualcun altro. L’acquisizione di tali doti straordinarie gli apre la possibilità di vendicarsi, accecato dal dolore e dal complesso di inferiorità, dimostrandosi inadeguato a gestire un’immensità di dominio. Una distruzione apocalittica causata ancora una volta da un’educazione distorta e una cultura gretta, in cui l’affermazione si consolida con la sopraffazione e la supremazia si ottiene mediante la prepotenza. Scaturisce così una sete spasmodica di rivincita, una sete insaziabile di diventare qualcuno, di contare finalmente qualcosa, senza rendersi conto veramente del baratro in cui si sta cadendo.

 

 

 

 

Le tematiche di Akira, tratto dall’omonimo manga

È praticamente la prassi assistere alle avventure di un/a protagonista a maggior ragione se il suo nome compone il titolo della pellicola. Così non è in questo caso: Akira non è presente fisicamente in nessuna sequenza (se non per pochi secondi in un flashback), la storia raccontata riguarda la vicenda di altri individui, sono loro che gli spettatori imparano a conoscere, ad amare, ad odiare, a provare compassione. Ma nonostante Akira non sia da nessuna parte in realtà è dappertutto. Riesce ad essere onnipresente nonostante la sua mancata tangibilità, la sua essenza è percepita nei dialoghi e nella messa in scena, si comprende fin dal primo istante il peso specifico di questo personaggio. Il fatto che non lo si veda gli garantisce un alone mistico preponderante. Un punto di svolta a cui l’uomo non potrà sottrarsi o da cui non tornerà indietro.

 

 

Egli concentra su di sé molteplici significati e simbologie: a livello narrativo la più semplice è essere il primo atto di un’ulteriore evoluzione dell’homo sapiens, un livello superiore; la potenza e la forza che l’umanità ha sempre tentato di creare e controllare fallendo miseramente nell’intento; una seconda venuta del Messia, non a caso sono organizzate sette religiose votate al suo culto. La grandezza di Akira sta proprio nel fatto che nello stesso momento può raffigurare tutti questi significati insieme, solo uno di questi o addirittura nessuno. È l’uomo che tenta di stabilire quale sia la sua identità e il suo ruolo, a decidere chi debba essere o cosa debba rappresentare seguendo i propri bisogni, affannandosi a comprendere ciò che non potrà mai essere compreso.

Voto:
5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Gabriele Maccauro
5/5
Matteo Pelli
5/5
Bruno Santini
5/5
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