Leggero, frizzante e ironico ma al tempo stesso innovativo, avventuroso e completamente folle.
L’Armata delle Tenebre ha compiuto 30 anni e se li porta benissimo. Nell’avventurarsi con la recensione del terzo capitolo della trilogia de La Casa, vale la pena riproporre la storia dell’intero progetto, a partire dal primo grande successo nel 1981.
Sam Raimi e il suo primo film: La Casa, 1981
Un tranquillo weekend di paura. No, non è un riferimento al film del 1972 di John Boorman con Burt Reynolds bensì l’esperienza delirante e da incubo che il placido commesso Ash Williams (Bruce Campbell) e la fidanzata Linda affronteranno durante una normalissima vacanza in uno chalet di montagna. In quel luogo di villeggiatura Ash e la sua ragazza trovano il Necronomicon Ex-Mortis, un antico manufatto rilegato in pelle umana e scritto col sangue, capace di risvegliare un entità maligna: il Demone Kandariano. Dopo aver ucciso Linda, il Demone si rivolta contro Ash che, molto coraggiosamente, cerca di tenergli testa ma invano: l’entità maligna apre un misterioso portale e Williams viene risucchiato al suo interno, venendo di colpo catapultato nel XIV secolo.
Da solo contro tutti, Williams dovrà cavarsela non solo contro l’ignoranza medievale dell’epoca ma anche contro un imminente minaccia: l’Armata delle Tenebre. Sam Raimi è un regista che oggi non ha bisogno di troppe presentazioni, eppure negli anni 80 era considerato un giovane di belle speranze ma niente di più.
Uscito nel 1981, La Casa (The Evil Dead) fu un caso mediatico (o un colpo di fortuna, per i critici dell’epoca): costato solamente 350.000 dollari, il film del ventenne Raimi si portò a casa 2,5 milioni di dollari di incassi, un discreto risultato che fece alzare le orecchie al nostrano Dino De Laurentiis, produttore sempre molto lungimirante per quanto riguarda le giovani promesse.
Il secondo capitolo de La Casa
De Laurentiis, sei anni dopo, stanziò 4 milioni per il budget de La Casa 2 e con un simile tesoretto per Raimi fu un gioco da ragazzi confezionare il film, che in realtà funge più da soft-remake del primo capitolo più che un seguito vero e proprio. Una rampa di lancio non indifferente per Sam che dopo aver diretto il meraviglioso Darkman (1990) e forte di una fama ormai consolidata, torna sulla sua creatura originale deciso a dare una conclusione alle avventure di Ash, con un’idea tanto malsana quanto originale: spedire l’eroe inconsapevole di Evil Dead direttamente nel Medioevo.
Il terzo film del franchise: L’Armata delle Tenebre
Spostando tutto il setting dell’avventura nel Medioevo, Raimi si prese parecchie libertà creative affidandosi completamente all’estro attoriale di un Bruce Campbell più in forma che mai. L’attore, da sempre feticcio di Raimi in quasi tutti i suoi film, diventa un tutt’uno col personaggio di Ash, rendendolo spaesato e vittima delle circostanze nel primo atto, trasformandolo in eroe senza macchina nella seconda metà della pellicola con un connubio di comicità slapstick e movenze da cartone animato degne tanto di Buster Keaton quanto dei Looney Toones.
La formula vincente de L’Armata delle Tenebre infatti è tutta qui: non prendersi mai troppo sul serio. Un horror movie che va a braccetto con l’ironia più sfrenata, contestualizzata perfettamente dallo script dei fratelli Ivan e Sam Raimi in una sceneggiatura frizzante, goliardica e giocherellona, adagiata perfettamente sulle gargantuesche spalle di Campbell che ne sorregge il dolce peso rivelandosi mattatore assoluto di un’ora e mezza di puro divertimento.
Dal combattimento con il mostro nel pozzo (e l’esagerato schizzo di sangue che ne consegue), passando al confronto nel mulino con i minions che generano l’Ash malvagio, finendo con lo showdown finale e la strega nel supermercato: il regista originario di Detroit gestisce perfettamente i tempi comici di un divertito Campbell, riuscendo a dare il senso di epicità necessario che la pellicola richiede nonostante l’assurdità degli eventi narrati nel film.
La recensione di L’Armata delle Tenebre: un flop che divenne cult
Uno spettacolo a colpi di motosega, gag e mostri di varia natura in un film derivativo ma non didascalico, figlio di una cinematografia senza tempo tanto cara al regista di Spider-Man.
L’omaggio a Gli Argonauti con la stop motion degli scheletri, le parole Klatuu Verata Nikto (che Ash puntualmente sbaglia a pronunciare) di Ultimatum alla Terra, il look bellico del protagonista che ricorda molto Mad Max, fino all’avventura più sfrenata degna del miglior Indiana Jones. Non c’è nulla fuori posto nel terzo film del franchise de La Casa, risultando un prodotto altamente bilanciato nel ritmo e nella messa in scena che però non venne apprezzato all’epoca.
La pellicola costò 13 milioni di dollari alla Universal che ne incassò poco più di 21, tornando praticamente in pari con le spese, un vero e proprio fiasco per la major californiana. Fortunatamente grazie al mercato home video e il conseguente passaparola, L’Armata delle Tenebre divenne oggetto di culto per i cinefili di tutto il mondo. Un film che tutt’oggi, a distanza di 30 anni, si può considerare per quello che realmente è: un capolavoro.