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Recensione – Fire Of Love: il documentario candidato agli Oscar 2023

Recensione - Fire Of Love: il documentario candidato agli Oscar 2023

Fire Of Love è un documentario diretto da Sara Dosa e dedicato ai vulcanologi Katia e Maurice Krafft; il prodotto, incluso all’interno della piattaforma di streaming Disney Plus dopo l’uscita al cinema avvenuta il 6 luglio 2022 negli Stati Uniti, è stato nominato agli Oscar 2023 nella categoria di migliore documentario, insieme ai possibili candidati per la vittoria All the Beauty and the Bloodsheed (Leone d’oro al Festival di Venezia 2022) e Navalny (vincitore del BAFTA 2023 nella categoria di migliore documentario). Di seguito, viene presentata la trama e la recensione di Fire Of Love. 

La trama di Fire Of Love, documentario candidato agli Oscar 2023

Fire Of Love racconta la storia di Katia e Maurice Krafft, coppia di vulcanologi e cacciatori di vulcani che ha contribuito a cambiare considerevolmente il modo di rapportarsi ai vulcani e alle loro eruzioni; contemporaneamente, il documentario diretto da Sara Dosa sviluppa sia il tema della passione, che diventa il lavoro dei due coniugi, sia la storia di entrambi, che inevitabilmente incontrano numerose rinunce per dar fede a quello che diventa un vero e proprio modo di esistere per entrambi. 

 

Ricostruendo tutta la storia di Katia e Maurice sulla base dei loro filmati, dei film realizzati dal secondo e delle numerose interviste che i due hanno avuto nel corso degli anni, il documentario tenta di riscrivere totalmente una narrazione completa, non avendo come obiettivo la mitizzazione di Katia e Maurice Krafft ma offrendo, allo spettatore, una panoramica veritiera a proposito degli eventi che li hanno riguardati, spesso diventando più grandi di loro. I due hanno trovato la morte nel 1991, sul campo, uccisi da un’eruzione vulcanica: le ultime riprese che sono state realizzate da parte di alcuni giornalisti mostrano gli ultimi momenti dei coniugi insieme che, fino alla fine della loro vita, hanno cercato di condividere la loro passione non scappando dal pericolo ma trovandosi l’uno di fianco all’altro. 

Fire Of Love recensione del documentario candidato agli Oscar 2023

La recensione di Fire Of Love

La narrazione di Fire Of Love non è certamente l’unico elemento utile che si abbia per ricostruire la storia di Katia e Maurice Krafft: in primo luogo, perché l’arduo tentativo di Sara Dosa si basa sulle riprese che la coppia ha, costantemente e nel corso della propria carriera, avuto modo di realizzare: riprese che sono state incluse all’interno dei film di Maurice Krafft, spesso realizzati con un motivo pedagogico; in secondo luogo, Fire Of Love giunge nello stesso anno in cui Maurice Herzog decide di realizzare un’opera dedicata alla coppia, dal titolo di The Fire Within: Requiem for Katia and Maurice Krafft. Ed è proprio su questa base che si può identificare uno dei motivi sicuramente positivi di un prodotto che, pur non muovendo le mosse da un’idea originale, riesce a introdurre un motivo fondamentale, che poggia tanto nella presentazione della narrazione quanto nel linguaggio estetico di Fire Of Love: di ossessione, più che di mero amore, si parla all’interno del documentario in questione, che tenta di offrire non soltanto una panoramica delle scelte della coppia, ma anche una presentazione delle rinunce che sono state ad esse consequenziali. 

 

Fin da quando i due hanno modo di rapportarsi ai primi vulcani italiani, Etna e Stromboli, comprendono che la propria vita è destinata inevitabilmente al cambiamento: inseguendo una passione che risulta essere anche piuttosto unica, per il periodo storico in cui la esprimono, Katia e Maurice trasformano radicalmente la considerazione comune a proposito dei vulcani e dei loro effetti, dedicando ogni attimo della propria vita al proprio lavoro. Fire Of Love diventa, ben presto e così come le carriere della coppia, un documentario in grado di rappresentare quanto ogni istante della propria vita possa essere dedicato ad una causa, pur con la consapevolezza che quest’ultima non riuscirà mai ad essere portata a termine, nonostante ogni sforzo possibile; un tema tutto sommato romantico, che si esprime nei lapalissiani colori dell’attività vulcanica e che si sintetizza nella presa visione di una realtà naturale che, per quanto meravigliosa, circonda pericolosamente l’uomo: nell’immensità di ogni elemento che esiste al di là dell’azione umana, i due protagonisti del documentario sono percepiti in quanto infinitesimali, anche grazie ad un insieme di scelte di montaggio che sono in grado di mettere costantemente in primo piano l’enormità della natura rappresentata. 

 

Ogni scelta presuppone una rinuncia, è il senso di un documentario che sa rappresentare perfettamente il tema dell’ossessione, svestendolo della sua accezione negativa e presentandolo al pubblico per quello che è davvero: un atto di pura comprensione, dunque di estremo amore (“Capire è un altro nome dell’amore”, dice Maurice in uno dei suoi film) nei confronti di quella natura – leopardianamente arcigna – che, indipendentemente dai gesti che saranno realizzati, vivrà il suo corso, se necessario anche uccidendo. Per questo motivo, Maurice e Katia decidono di non avere figli, decidendo di offrire se stessi ai vulcani, trasformando la propria professione di vulcanologi in cacciatori di vulcani. Allo stesso modo, quando i due comprendono che il loro lavoro potrebbe avere un senso nel cercare di aiutare il prossimo, avviene un’estrema rinuncia: la coppia decide di non osservare più i vulcani rossi, un vero e proprio spettacolo per gli occhi che ha alimentato la loro passione fin dal primo istante, ma di dedicarsi ai vulcani grigi, pericolosi e assassini, che potrebbero provocare la fine tragica della propria azione. Fino all’ultimo istante della propria vita, Katia e Maurice condividono il teatro, mettendo in primo piano la contrapposizione dei propri caratteri, proprio come se si trattasse di un vulcano rosso e di un vulcano grigio: da un lato Katia, accorta e protettiva, che cerca di trarre ogni insegnamento dalla sua azione; dall’altro Maurice, che si spinge fin dentro i crateri, che precede sua moglie nei terreni pericolosi e che, in preda ad un carattere arrembante, rischia la propria vita in modo estremamente consapevole

 

Il frutto della loro collaborazione è la volontà di testimoniare, passo dopo passo, ogni azione e attività: in questo senso la coppia è estremamente moderna, così come il documentario vuole essere, nel cercare di catturare ogni frame e lasciando che il futuro possa raccogliere, anche attraverso una continua osservazione, i risultati della propria ricerca. Il reale difetto del documentario di Sara Dosa si incontra nel momento in cui quest’ultimo, che instaura un ritmo piuttosto cadenzato anche per mezzo della sua colonna sonora, spezza la tempistica della narrazione, in una parte centrale che perde inevitabilmente di intensità nel tentativo di ricostruire una componente più intima dei due protagonisti; è il reale senso del documentario, che vuole essere più di una semplice narrazione ma che in alcuni punti si perde in un meccanismo che la regista non è sempre in grado di padroneggiare al meglio. Un difetto che, in ogni caso, non annulla certamente il grande valore della storia raccontata e che, trascendendo la volontà di essere requiem, si fa estremo portatore di insegnamento per tutti coloro che, nell’ambito della propria vita, decideranno di dedicarsi ad una vera passione. 

Recensione di Fire Of Love documentario candidato agli Oscar 2023
Voto:
3.5/5
Christian D'Avanzo
0/5
Gabriele Maccauro
3.5/5
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

PRO