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Recensione – Le Pupille, il cortometraggio di Alice Rohrwacher candidato agli Oscar 2023

Recensione di Le Pupille, cortometraggio di Alice Rohrwacher candidato ai Premi Oscar 2023

Le Pupille è un cortometraggio scritto e diretto da Alice Rohrwacher, prodotto – tra gli altri – da Alfonso Cuarón e distribuito sulla piattaforma di streaming Disney Plus. In virtù della candidatura nella categoria di miglior cortometraggio live action, dove è favorito, l’Italia può dirsi sicuramente molto soddisfatta della scelta dell’Academy, che ha estromesso dalla corsa alla shortlist del miglior film straniero Nostalgia di Mario Martone. Si tratta, inoltre, del primo cortometraggio su Disney Plus ad essere stato nominato agli Oscar: ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito della trama e della recensione di Le Pupille.

La trama di Le Pupille, cortometraggio di Alice Rohrwacher candidato agli Oscar 2023

Le Pupille prende le mosse da una lettera che Elsa Morante ha spedito al suo amico Goffredo Fofi, raccontando di un orfanotrofio all’interno del quale la  Madre Superiore (Alba Rohrwacher) gestisce un gruppo di bambine orfane, in un clima di grande instabilità politica – si tratta degli anni della guerra, come viene fatto intendere dal comunicato giornaliero che descrive la situazione dell’Italia durante la seconda guerra mondiale – e di povertà. Durante il periodo di Natale, le orfanelle vengono preparate alla recita della natività, che serve per raccogliere le offerte dei fedeli. Tra queste, si distingue Serafina, una bambina definita come “cattiva” e che decide di rompere le righe rispetto ai rigidi, e religiosi, atteggiamenti imposti alle orfane. 

Alice Rohrwacher, recensione del cortometraggio Le Pupille

La recensione di Le Pupille con Alba Rohrwacher, presente su Disney Plus

In poco meno di 40 minuti di durata, Alice Rohrwacher conferma il grande talento che l’ha portata ad essere fortemente apprezzata per un’opera come Lazzaro Felice, qui coadiuvata (in termini di produzione) da un Alfonso Cuarón che l’ha definita – non a caso – una delle registe più importanti nel panorama cinematografico contemporaneo. Benché nella durata e nelle intenzioni sia un cortometraggio, Le Pupille è un film a tutti gli effetti, sia per la potenza evocativa espressa dalle immagini, sia per le intelligentissime scelte di regia che permettono di conferire grande valore ad un’opera che meritatamente ha ottenuto la sua candidatura agli Oscar 2023


Poiché di elementi, più che di narrazione, si parla, Le Pupille vive attraverso una serie di distorsioni e di intromissioni (nella maggior parte delle volte sonore) che permettono di tenere alto il registro dell’opera, riuscendo – pur in una durata esigua, che però definisce il grande potere di un prodotto che, forse, difficilmente avrebbe saputo regalare lo stesso impatto con una durata maggiore – a restituire un “non racconto”. Il cortometraggio, in effetti e come da sua stessa ammissione, non vuole parlare di nulla e vuole insegnare ancor meno, mostrando il semplice fotogramma di una piccola ma significativa realtà. Oggetto della rappresentazione ambivalente è, infatti, da un lato la rigidità della religione che si compone di schemi dogmatici, insegnamenti programmatici e rigore, dall’altro la realtà della guerra; lo spettatore viene così immerso in una realtà storica fino a quel momento soltanto vagheggiata per mezzo dell’elemento diegetico della radio, attraverso la quale è possibile ascoltare il comunicato propagandistico relativo alla situazione dell’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale. 

 

In un clima di costante rigidità, sottolineata anche visivamente dalla postura che le orfanelle devono mantenere nell’ascoltare i comunicati del regime, è la distorsione di Serafina che – quasi magicamente – interrompe la narrazione fascista, sostituendola con un brano “impuro” come Baciami Piccina. Un elemento intrusivo che si fa serpeggiante e che, prima ancora che possa fuoriuscire e concretizzarsi in forma di parola, ha già conquistato la mente della piccola orfana, per questo motivo colpevole al pari (se non di più) delle altre bambine. Ed è in questo contesto che si inserisce l’elemento più importante del cortometraggio: la zuppa inglese, che viene donata da una ricca donna impellicciata per convincere le orfanelle affinché preghino meglio: un dolce che, dal suo nome, contrasta le fettuccine di grano autarchico tipiche dell’alimentazione italica imposta; allo stesso tempo, una preparazione che contrasta ogni volontà di risparmio, per mezzo delle 70 uova incluse all’interno della sua ricetta. È, allo stesso tempo, anche il dolce che vorrebbe essere oggetto al vescovo da parte della Madre Superiore: una rinuncia che le orfane (a cui il dolce spetta di diritto) dovrebbero effettuare facendo un fioretto a Gesù, che si tramuta – allo stesso tempo – nella volontà di addolcire il vescovo di una comunità ormai dimenticata. Zuppa inglese che diventerà, dopo il rifiuto di Serafina a rinunciare al dolce (perché “bambina cattiva”), l’unico elemento per consolare uno spazzacamino insoddisfatto per la sua paga. 

Le Pupille e la libertà sotto forma di dolce 

Se Le Pupille sa ricostruire, pur attraverso un racconto che non si fida estremamente dell’istituzione che intende raccontare, la realtà religiosa che vive nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale, è proprio l’elemento di distorsione a generare un parallelo, in grado di determinare il senso puro del cortometraggio. È ancora una volta il dolce ad essere protagonista evocativo del racconto: a partire dal suo colore rosso, che suggerisce la dimensione della passionalità negata alle orfane di Le Pupille, fino al suono che accompagna (quasi come si trattasse di un elemento estremamente anacronistico rispetto alla patina del cortometraggio) ognuna delle sue rappresentazioni. 

 

 

Una zuppa inglese che viene accettata da Serafina, unica a deturpare l’aspetto complessivo del dolce, nonostante il dolce non le piaccia e se ne riempia le mani per cibare un cane randagio e tutte le sue compagne: peccato di gola, si direbbe, ma anche estrema liberazione di senso, che si configura attraverso un atto di ribellione attraverso il dolce. Ognuna delle orfane che si alza, per fare voto a Gesù, non crede nel senso dell’istituzione religiosa, così come non condivide la concentrazione per la preghiera a cui è tenuta nell’atto della recita. Per fortuna, allora, che Serafina è una bambina cattiva; è nella cornice di una pellicola volutamente sgranata, ottenuta per mezzo dei 35 mm e Super 16, oltre che in virtù della fotografia di Hélène Louvart, che si evidenzia tutto il rimando storico ed ideologico del cortometraggio, in grado di portare con sé una piccola e magica de-costruzione di un’epoca, con una delicatezza e un tatto che tanti altri racconti politici non avrebbero saputo avere. 

Voto:
4/5
Gabriele Maccauro
4/5
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

PRO