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Recensione – The Pale Blue Eye, nuovo film Netflix con Christian Bale

The Pale Blue Eye recensione film Netflix con Christian Bale ed Edgar Allan Poe

The Pale Blue Eye è il nuovo film Netflix diretto da Scott Cooper e con Christian Bale nei panni del protagonista; terza collaborazione tra il regista e l’attore britannico, dopo Il fuoco della vendetta – Out of Fornace e Hostiles, il film è distribuito a partire dal 6 gennaio 2023 sulla piattaforma di streaming; il prodotto cinematografico in questione rappresenta un primo, grande, tassello di un 2023 particolarmente ricco, che vede numerosi film attesi e grandissimi ritorni di grandi registi al cinema. Sulla base di questi elementi, ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito della trama e della recensione di The Pale Blue Eye

La trama di The Pale Blue Eye

Augustus Landor (Christian Bale) è un vecchio detective che, dopo aver terminato la sua carriera, si ritira in un luogo piuttosto isolato, dove vivere la seconda parte della sua vita in compagnia della figlia. Quando un macabro omicidio sconvolge l’Accademia Militare Statunitense di West Point, il detective verrà richiamato per compiere un’ultima grande missione. Qui, alla ricerca di indizi e della verità sull’omicidio (e sulla conseguente asportazione del cuore in piena aderenza a un rito satanico), Landor fa la conoscenza di un giovane poeta: Edgar Allan Poe (Harry Melling). I due inizieranno un’insolita collaborazione, che si risolverà in una serie di incontri-scontri basati sulle numerose differenze che ci sono tra due animi apparentemente distanti. 

The Pale Blue Eye recensione film Netflix

La recensione di The Pale Blue Eye, nuovo film Netflix con Christian Bale

Un errore piuttosto comunque che potrebbe essere compiuto nell’osservare il nuovo film di Scott Cooper, The Pale Blue Eye, è quello di confondere l’etichetta di “orrore” a cui il film si iscrive, aspettandosi dei jumpscare macabri, del gore o una fitta presenza di corpi dilaniati; sotto questo punto di vista, il film di horror ha pochissimo, se non nulla, dal momento che tratta l’orrore in modo assolutamente diverso, trovando – nel riferimento letterario ad Edgar Allan Poe (presente nel film data l’interpretazione di Harry Melling) – un motivo di rappresentazione del “sovrumano” attraverso canoni estetici e narrativi differenti rispetto alla sola volontà di spaventare. 

 

 

The Pale Blue Eye raccoglie, così, l’eredità di più generi che sono compresenti sullo schermo, e dei quali gli elementi sono talvolta tratteggiati, in altri casi maggiormente enfatizzati nei loro contenuti: è certamente un film thriller, ma che non sa far vivere mai la grande palpitazione nello spettatore (anche per un certo elemento di fondo, dettato dalla conoscenza della biografia dei personaggi che rende impossibile colpi di scena); è un giallo, nella forma più convenzionale del termine, che però non trova nel mistero e nella volontà di smascherare quest’ultimo il suo senso d’essere. Appare chiaro che, in diversi momenti del lungometraggio, l’obiettivo fondamentale di Scott Cooper e del film sia quello di indirizzare lo spettatore verso il reale elemento verso cui tende il lungometraggio: superare la sola volontà di svelare il mistero, giungendo verso il contatto tra i due protagonisti della pellicola, interpretati da Christian Bale ed Harry Melling. 

 

 

Un contatto che, naturalmente, si fa portatore di tutti gli elementi più notevoli (dal punto di vista morale e narrativo) del film stesso, ma che avviene a seguito di una serie di espedienti retorici che fanno, del film, un intreccio quasi teatrale, pur nel macabro che rappresenta. I tempi qui presentati, infatti, sono estremamente dilatati nella sua forma: che si tratti di riprese aeree, di immagini statiche di un ghiacciaio o degli enormi silenzi che porta con sé, il film si prende tutto il tempo di cui ha bisogno, non perché abbia realmente l’esigenza di comunicare qualcosa in più, quanto più per una volontà di catturare lo spettatore – più che con una compartecipazione emotiva – attraverso l’immagine e la stimolazione sensoriale. Così, anche il macabro vive nei suoi giusti confini: si può ascoltare il suono di ossa che si spappolano o la carne che viene perfettamente dissezionata per estrarre un cuore, ma nulla eccede in nessun punto di vista, creando una narrazione costantemente composta e attenta in ognuno dei suoi elementi. Questo è un pregio, dal momento che non si percepisce mai la voglia di esagerazione estetica fine a se stessa, ma è anche un difetto, dal momento in cui il prodotto sembra non assumere mai una reale posizione.

 

 

Un film, dunque, di compresenza e commistione: il contatto tra Augustus Landor ed Edgar Allan Poe è contemporaneamente l’incontro tra razionalità e misticismo, tra realtà e sogno, tra follia e ancoraggio alla realtà; aspetti antitetici il cui confine sembra assottigliarsi sempre più, fino a generare l’incontro definitivo che annulla la dicotomia. L’apoteosi del film arriva, dunque, con le fiamme: si tratta del fuoco purificatore, che giunge a seguito di un percorso cristologico posto in essere dalla pellicola nel suo senso costante di predestinazione. Quando, dopo aver scoperto la verità, Edgar brucia la lettura che Augustus gli ha consegnato, di fronte allo sguardo del detective resta soltanto cenere: è il risultato biblicamente atteso, il fine ultimo verso il quale ogni uomo è destinato,. 

The Pale Blue Eye: un film anacronistico 

Al di là della componente soggettività e di quei giudizi che riguardano The Pale Blue Eye, non si può non sottolineare che il nuovo film di Scott Cooper vive di una serie di caratteristiche che sono sì proprie del regista stesso, ma che – allo stesso tempo – fanno anche riflettere a proposito dei grandi, e continui, anacronismi che vengono presentati sullo schermo (grande o piccolo che sia) ogni volta in cui ci si può rapportare a un film dell’attore e regista statunitense. 

 

 

Per certi versi, guardare The Pale Blue Eye riporta alla memoria quelle medesime sensazioni che erano state provate nell’osservazione di Hostiles: al di là del naturale punto di contatto attore-regista, che ritorna in questo film per la terza volta, il prodotto distribuito su Netflix riprende quei medesimi temi che erano stati propri anche della summenzionata pellicola e che si ascrivono a vera e propria rappresentazione tipica di Scott Cooper. Da un lato, l’enorme malinconia presente sullo schermo (non è un caso che Christian Bale ritorni così tanto spesso nei film di Cooper, sapendo perfettamente incarnare quello spirito apatico dei suoi personaggi); dall’altro, il senso costante di predestinazione a cui i personaggi in primis, lo spettatore poi sono sottoposti. Del resto, la chiave di lettura che permette di differenziare The Pale Blue Eye da un classico whodunit sta nell’enorme e compassata lentezza della sua narrazione: non un motivo necessariamente negativo, sia chiaro, né legato ad una trama inconsistente o vuota di contenuto. 

 

 

Per questo motivo, Scott Cooper si prende anche la licenza di giocare con lo spettatore: lo fa con la fotografia del prodotto che vive di costanti contrapposizioni tra colori cupi ed elementi di riflesso (come il bianco delle camicie), oltre che con quel ritmo di intrighi mai troppo serrato, che dà il tempo allo spettatore di intervenire nella vicenda: in tal senso, la scena della lettera – e della sua calligrafia – decifrata è l’estremizzazione di un gioco provocatorio, che svela tutta la verità pur lasciando una reticenza che lo spettatore è libero di cogliere. Il film è l’ennesimo tentativo di riprodurre un contenuto anacronistico nella sua forma e nel suo ritmo, che banalmente farebbero fatica a subentrare in un contesto di piattaforma e fruizione in streaming ma che, scendendo a compromessi (soprattutto nel senso estetico del lungometraggio) regalano comunque un’impronta notevole del regista che Scott Cooper è

Voto:
3.5/5
Andrea Boggione
0/5
Christian D'Avanzo
2.5/5
Gabriele Maccauro
0/5
Paola Perri
0/5
Vittorio Pigini
0/5
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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