Recensione – Black Panther: Wakanda Forever, diretto da Ryan Coogler

Di nuovo diretto da Ryan Coogler, il secondo film stand alone su Black Panther è il film che chiude la Fase 4 del MCU: qual è il risultato della pellicola?
La recensione di Black Panther: Wakanda Forever, 30esimo film del MCU

Articolo pubblicato il 30 Ottobre 2024 da Giovanni Urgnani

Distribuito nelle sale americane l’11 novembre 2022 mentre in quelle italiane il 9 novembre dello stesso anno, trentesimo capitolo cinematografico targato Marvel Cinematic Universe nonché settimo tassello della “Saga del Multiverso”, ultimo film al cinema della Fase 4 che sarà seguito dallo Speciale di Natale dei Guardiani della Galassia. Diretto e co-scritto da Ryan Coogler con la colonna sonora nuovamente firmata da Ludwig Göransson mentre il cast è composto da: Letitia Wright, Angela Basset, Tenoch Huerta, Danai Gurira, Lupita Nyong’o, Dominique Thorne, Winston Duke, Michael B. Jordan e Martin Freeman. Di seguito, tutto ciò che c’è da sapere a proposito della trama e della recensione di Black Panther: Wakanda Forever!

La trama di Black Panther: Wakanda Forever, diretto da Ryan Coogler

Di seguito la trama ufficiale di Black Panther – Wakanda Forever, diretto da Ryan Coogler:

 

Re T’Challa è stato colpito da un grave malore e la distruzione dell’erba a forma di cuore causata da Killmonger rende impossibile trovare per lui una cura. Un anno dopo la morte del sovrano, i vari Paesi del mondo si fanno sempre più aggressivi nel tentativo di entrare in possesso del prezioso e potente vibranio, che il Wakanda rifiuta di vendere. Viene scoperto un nuovo possibile giacimento del metallo sul fondo dell’Oceano Atlantico, ma la spedizione internazionale è sterminata da misteriosi uomini dalla pelle blu, capitanati da un re capace di volare: Namor. Questi ritiene che l’interesse dei Paesi di superficie per il suo regno sia colpa della politica del Wakanda, così pretende che siano i wakandiani a neutralizzare la scienziata che ha scoperto come trovare il rarissimo metallo.

La recensione di Black Panther: Wakanda Forever, ultimo film della “Fase 4” al cinema

ATTENZIONE! SPOILER!

 

In seguito alla dipartita dell’attore Chadwick Boseman, interprete del protagonista del primo film, si sono aperte diverse possibilità su come continuare a trasporre le avventure del supereroe targato Marvel Comics, la scelta è virata sul seppellire il personaggio insieme all’uomo che ne ha dato la fisionomia. La vita reale influenza in maniera profonda e radicale la favola, perciò tutto il tributo e l’omaggio iniziale, il dolore di tutti all’interno del racconto andava conseguenzialmente rappresentato. Decidere quindi di rinunciare ad un unico frontrunner della pellicola ci porta ad aver a che fare con un film caratterizzato da comprimari, un film collettivo in cui ognuno, in base al proprio ruolo, fa la sua parte. Una storia d’insieme legato insieme dalla fatica dell’elaborazione del lutto e dal pericolo di instabilità (emotiva e politica).

 

Il percorso di apertura al resto del mondo è lungo e difficile: la convivenza, la condivisione e la disponibilità sono traguardi che spesso ci paiono irraggiungibili. Un cammino tortuoso e sofferto che costa sudore e lacrime, arrivando addirittura a pensare di esserci sbagliati. Ma la chiusura alimenta sentimenti e condotte pericolose, genera personaggi come Namor a cui l’isolamento del suo regno non ha fatto altro che eliminare anche solo la considerazione del dialogo. Dialogo che pare compromesso dall’avidità e dalla necessità di risorse, leitmotiv di tutta la storia umana e dei suoi conflitti. Controllarle significa avere il potere, decidere del destino degli altri.

 

Una caratteristica ormai consolidata nell’universo Marvel è la fallibilità dei suoi eroi, poiché l’obiettivo è sempre ricordare agli spettatori che nonostante la loro eccezionalità, il loro essere fuori dal comune, resteranno sempre esseri umani. Shuri in particolare è travolta dal senso di colpa, il suo intelletto straordinario si è rivelato inefficace dinanzi alla morte, la forza più invincibile che esista in natura, a cui persino il minerale più prezioso al mondo deve piegarsi. La sua è un’identità smarrita che ha bisogno di ricominciare da capo, liberandosi del fardello dinastico sulle sue spalle. Un destino già segnato sulla carta che sembra inevitabile.

 

Eppure, la forza sta nel saper rinunciare, capire la propria strada e lasciare il compito di monarca a chi forse si è dimostrato più capace adatto. Una soluzione non scontata dato che sembrava una formalità la raccolta del testimone da parte del suddetto personaggio. Dinamica decisamente non nuova all’interno dello stesso filone, già con Thor infatti si è assistito alla conflittualità tra chi vogliamo essere e tra come gli altri si aspettano che dobbiamo essere. Va inoltre aggiunto che tutto l’arco evolutivo di Shuri è pressoché identico a quello di T’Challa in Captain America: Civil War.

Black Panther: Wakanda Forever, con un regista diverso si poteva fare meglio?

Un ruolo importante lo gioca sicuramente il ritmo del film, capace di essere incalzante rendendo il film scorrevole senza che la durata pesi in maniera negativa sul fattore intrattenimento. Con non poco dispiacere tocca constatare quanto invece la riuscita generale sarebbe stata maggiore qualora fosse stato assegnato il progetto ad un regista tecnicamente più dotato.

 

È evidente una grande difficoltà nel gestire le scene d’azione soprattutto riguardanti il corpo a corpo. Non appena la situazione si fa più movimentata la comprensione di ciò che accade si fa più difficoltosa dovuta ad una mancanza di coordinamento e di una coreografia adeguata. Mentre sulla questione durata è necessario ritornarci. Se a livello di percezione soggettivamente può risultare godibile, non significa giustificare la necessità di tale minutaggioLa sequenza principale del terzo atto in cui si assiste alla “comparsa” del costume di Black Panther, stride con tutto il discorso e con la scelta di rinunciare al protagonista principale. Un inserimento forzato e viziato dalla convenzione popolare e commerciale che questo tipo di lungometraggio è costretto a sottostare. È mancato il coraggio di arrivare fino in fondo.

Voto:
3.5/5
Andrea Barone
3.5/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Paolo Innocenti
4/5
Alessio Minorenti
3/5
Paola Perri
3.5/5
Bruno Santini
1/5
0,0
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Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

PRO