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Recensione – V per Vendetta: il ballo della rivoluzione

V per vendetta, recensione del film tratto dalla graphic novel di Alan Moore, con Natalie Portman

Tratto dall’omonima graphic novel scritta da Alan Moore ed illustrata da David Lloyd, “V per Vendetta” è l’opera prima del regista australiano James McTeigue, con il ruolo dietro la macchina da presa che gli venne offerto direttamente dagli allora fratelli WachowskiDa grandi amanti dell’opera di Alan Moore, questi avevano infatti già iniziato a scrivere la sceneggiatura del film verso la metà degli anni ’90, per poi finire di revisionarla successivamente alla post-produzione del terzo capitolo della trilogia di Matrix.

 

Superando non pochi problemi produttivi, “V per Vendetta” è un cinecomic distopico che affronta di petto la questione socio-politica del totalitarismo (sempre più attuale) con una forte dose di spettacolarità action, che ha contribuito a rendere squisitamente pop il suo Simbolo principe: la maschera di Guy FawkesDi seguito viene offerta la recensione del debutto registico di James McTeigue con protagonisti Hugo Weaving e Natalie Portman.

 

La trama di V per Vendetta, opera prima di James McTeigue

In un futuro distopico martoriato da instabilità socio-politica, la Gran Bretagna viene governata dall’autoritario partito nazionalista del “Fuoco Norreno”. Guidato dall’Alto Cancelliere Adam Sutler, il nuovo regime dittatoriale e totalitario impone la sua legge col pugno di ferro, controllando i mass media, perseguitando gli oppositori politici e le minoranze sociali.

 

Questo per gran parte della società britannica risulta comunque un buon compromesso: protezione e pace sociale in cambio della perdita dei diritti individuali e della libertà di ognuno. Qualcuno ha deciso però di cambiare le cose e dire basta.

 

La sera del 4 novembre, sorpresa dalla polizia segreta dei Castigatori durante il coprifuoco, la giovane orfana Evey viene salvata da un uomo mascherato, che uccide le guardie intente a voler stuprare la ragazza. Questo misterioso individuo le rivela di chiamarsi V ed indossa la sorridente maschera di Guy Fawkes per incarnare lo spirito rivoluzionario nel contrastare il nuovo autoritarismo di Sutler.

 

I due stringeranno così un intenso rapporto, suggellato da un patto: vendicarsi dei torti subiti dal nuovo governo e liberare il popolo britannico dall’oppressione. Il sanguinoso piano di vendetta prevede anche e soprattutto di riuscire a realizzare l’Opera fallita da Guy Fawkes secoli prima: far saltare in aria il Parlamento inglese.

 

La Recensione di V per Vendetta: una rivoluzione senza un ballo è una rivoluzione che non vale la pena di fare

Decisamente ardito il progetto ideato, scritto e prodotto dagli allora fratelli Wachowski, quello di portare sul grande schermo nel 2005 un terrorista, un bombarolo, un anarchico, che non si fa troppi problemi nel far saltare in aria edifici del potere, quando ancora le ombre dell’11 settembre sono ben spesse ed opprimenti.


Un’audacia di “V per Vendetta” che però non solo è frutto anche di un continuo rimaneggiamento in sede di sceneggiatura – per rendere il prodotto finale il meno respingente possibile – ma sostanzialmente incarna il coraggio, lo spirito dirompente del suo personaggio protagonista. Quando il potere viene stretto dal guanto di ferro di un dittatore, dai chiari ed espliciti rimandi nazi-fascisti, un terrorista e vigilante mascherato diventa un personaggio epico, un eroe. Freschi dell’esperienza con Matrix infatti, i Wachowski continuano a proporre un cinema di forte impatto filosofico e socio-politico, soprattutto nel voler smuovere le masse, difendendo le proprie idee e combattendo un’autoritaria omologazione degradante per l’evoluzione umana.

 

La sceneggiatura tratta dall’omonima graphic novel di Alan Moore (molto più tormentata, critica e diretta nella sua versione originale cartacea, tanto che il suo autore finì – come spesso per gli altri film tratti dai suoi lavori – per disconoscere il risultato finale del lungometraggio) parte quindi con delle basi di cristallo: lucide e bellissime, ma che si possono rompere facilmente. I Wachowski riescono invece nell’impresa di strutturare quel cristallo con una storia epica, con una buona dose di lirico romanticismo e con un’esaltante componente action che facilita la fruizione d’intrattenimento senza divorarsi i sottotesti socio-politici.


Il connubio tra questi due elementi esalta il livello di un film nato come cinecomic, per poi trasformarsi in qualcosa di molto di più: un’idea, potentissima ed inscalfibile. I dialoghi incalzanti, le alte citazioni letterarie e la caratterizzazione di personaggi orwelliani contribuiscono a modellare dei volti, delle maschere, di raro carisma, risultando veramente difficile non pendere dalle loro taglienti parole.

 

La componente action – seppur di scarso minutaggio e di valenza meno incisiva dell’aspetto narrativo – contribuisce a spettacolarizzare la visione di “V per Vendetta”, aggiungendo sequenze di combattimento silentemente esplosive ed un’investigazione con non pochi colpi di scena. Un intrattenimento adrenalinico necessario, soprattutto per smorzare i toni di un messaggio di denuncia già chiaro di suo che avrebbe potuto, altrimenti, appesantire la visione, la quale si conclude con una delle sequenze più iconiche e mirabili viste sul grande schermo negli ultimi decenni.

 

La Recensione di V per Vendetta: una rosa con tante spine

Con esperienza cinematografica soprattutto nella collaborazione come aiuto-regista dei Wachowski per la trilogia di Matrix, l’opera prima rappresenta per James McTeigue un debutto a dir poco brillante e di grande impatto: un punto di non ritorno che non verrà mai più raggiunto nella successiva filmografia del regista australiano.
Il riflesso di questa fondamentale collaborazione si ha soprattutto durante le poche, ma significative, sequenze action, dirette da McTeigue con la giusta dose di fluidità e dinamismo, che irrompono anche con veemenza nei grandi tratti drammaturgici.

 

La cornice di “V per Vendetta” è poi quella squisitamente distopica: fortemente ancorata al reale, per meglio veicolare la denuncia socio-politica, ma con la presenza di diversi elementi innovativi. La fotografia di Adrian Biddle (“Alien – scontro finale” e “La storia infinita”) è particolarmente cupa ed opprimente, funzionale ad esaltare al punto giusto l’estetica della scenografia di Owen Paterson (“Matrix”, “Captain America: civil war”). Dall’impostazione visiva emerge la predominanza dell’opaco grigiore del “quotidiano”, inteso sia come giornale periodico sia soprattutto come omologata quotidianità, pronto ad accendersi con il rosso delicato di una rosa, sanguinolento del sacrificio o ardente dello spirito rivoluzionario sprigionato dal suo protagonista.


Colonna sonora affidata invece alle potenti note del Premio Oscar Dario Marianelli (“Espiazione”, “I fratelli Grimm e l’incantevole strega”, “L’ora più buia”), che assesta una composizione camaleontica per poi esaltare l’epica attraverso sacre composizioni classiche in Ouverture.

La Recensione di V per Vendetta: le idee sono a prova di proiettile

Oltre che per la sua componente tecnica capace di veicolare meglio che può messaggi imprescindibili, “V per Vendetta” è divenuto – soprattutto con il tempo – fortemente influente nella cultura cinematografica, pop e non solo, grazie anche e soprattutto ai suoi personaggi.


Sicuramente non di alto spessore il villain del film – tuttavia interpretato da un grandissimo John Hurt (tra le innumerevoli interpretazioni di spessore “Alien” e “The Elephant man”), non a caso già protagonista del film di Michael Radford “Orwell 1984” – così come gli altri personaggi secondari che, nonostante la loro semplicità, riescono comunque ad essere efficaci grazie anche alle interpretazioni di Stephen Rea e Stephen Fry.

 

Una rosa bianca dalle spine pungenti è però il personaggio di Evey, interpretato con grande potenza emotiva da Natalie Portman, prima che vincesse nel 2011 il Premio Oscar alla Miglior Attrice Protagonista per “il cigno nero”. Questo necessario e brillante personaggio rappresenta sostanzialmente il ruolo che viene chiesto al pubblico di interpretare: inizialmente soggiogata dall’oppressione autoritaria, Evey cresce di spessore grazie agli insegnamenti e all’influenza di chi marca con voce esplosiva la sua idea, spezzando le catene che limitavano una libertà umana onnipresente. Ormai di dominio pubblico la curiosità sul fatto che durante le riprese si sia realmente fatta rasare a zero la testa, la Portman riesce a conferire con la sua interpretazione una tenera delicatezza soprattutto per il suo background ed il particolare rapporto con il protagonista, senza farle mancare unghie e denti per ferire al momento più opportuno.

 

Tuttavia, è anche vero che “V per Vendetta” è debitore della maggior parte del successo appunto verso il suo personaggio protagonista. L’interpretazione del granitico Hugo Weaving (“Il signore degli anelli”, “Matrix”), con il personaggio di V, è di raro carisma e grande emotività, meritevole di un’Ouverture tutta per sé. L’ardente spirito rivoluzionario viene così incarnato da un antieroe tanto enigmatico quanto affascinante, capace di influenzare fortemente l’immaginario collettivo con la sua iconica maschera di Guy Fawkes. Nonostante venga mostrato sempre con il volto coperto da un pallido sorriso, Weaving riesce ad impostare al personaggio una presenza scenica di gran classe, forte del linguaggio del corpo – forte e raffinato – e della dominante voce (sicuramente di maggior vigore quella originale, ma anche il lavoro nel doppiaggio italiano fatto da Gabriele Lavia è notevole).

 

Voto
4.5/5
Andrea Barone
4/5
Paola Perri
4/5
Andrea Boggione
3.5/5
Alessio Minorenti
3.5/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Bruno Santini
3.5/5
Paolo Innocenti
3.5/5
Alessandro Di Lonardo
3/5