Articolo pubblicato il 4 Ottobre 2022 da Giovanni Urgnani
Piccola ma grande rivelazione del Sundance 2002, dove vinse un apposito premio creato per l’occasione dal regista anti-conformista John Waters, Secretary di Steven Shainberg (2002), è una commedia sentimentale che mira a spiazzare lo spettatore, facendo saltare tutti gli schemi e rompendo ogni tabù in materia di sessualità. Nel raggiungere tale scopo, si giova dell’ottima scelta di casting, in merito ai due interpreti nei ruoli principali; il navigato James Spader e la nuova rivelazione Maggie Gyllenhaal. Ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito del film di Steven Shainberg con Maggie Gyllenhall.
La Trama di Secretary di Steven Shainberg
Primo elemento da prendere in considerazione, naturalmente, riguarda la trama di Secretary di Steven Shainberg. Appena uscita da un istituto psichiatrico, la giovane Lee Holloway (Maggie Gyllenhall), affetta da manie autolesioniste; decide di sfruttare il diploma in dattilografia ottenuto, per divenire un membro produttivo della società, rispondendo all’annuncio di un avvocato alla ricerca di una segretaria.
Ottenuto il lavoro, si rende conto di aver trovato nel sadico E. Edward Grey (James Spader) – che la rimprovera aspramente e la sculaccia – una personalità ammaliante, capace di procurarle un piacere terapeutico nel dolore, nonché una probabile figura di uomo ideale.

La Recensione di Secretay: La Commedia Nera Anti-moralista di Steven Shainberg
Tutti hanno le proprie perversioni personali; ovviamente, si fa di tutto per evitare di metterle alla luce del sole, per via della ritrosia nel mostrare al mondo cosa si è veramente, poiché si teme il giudizio e la conseguente riprovazione morale.
Le pratiche sadomaso sono cosa nota da secoli, eppure la recente trilogia letteraria e poi filmica di Cinquanta Sfumature, ha generato molto seguito e chiacchiericcio, probabilmente dovuto al fatto che il modo in cui si vive la sessualità, viene percepito ancora come un tabù da parte della società. Perché si sappia; si è tutti casa, chiesa e famiglia, eppure nel privato si diventa il peggio del peggio di ciò che pubblicamente – da cari moralisti da strapazzo – si condanna al prossimo.
Certe volte però dalla spazzatura si riesce a scovare il fiore nascosto, così tra i tanti film consigliati in quel particolare ambito tematico, nei tanti elenchi fatti, ci si imbatte spesso nel titolo Secretary.
Per carità, qualsiasi confronto tra la saga di Cinquanta Sfumature e la suddetta opera, sarebbe eccessivamente umiliante per il primo, anche perché Secretary risulta in tutto e per tutto un film indipendente costato appena 4 milioni, riportando un incasso di meno di 10; quindi una pellicola molto di nicchia, la quale però affronta le pratiche del mobbing sul lavoro, dominazione, sottomissione, BDSM con fare schietto, irriverente e senza fastidiosi moralismi di fondo.
Il tono prediletto dal film è quello della commedia satirico-nera, procedendo con una trattazione semi-seria sull’argomento, che con il finisce giovare fortemente al film in questione, per evitare di scadere in sequenze di comicità involontaria. Le tematiche alla base comunque sono delicate ed affrontate con una certa profondità, a partire dalla triste vicenda della giovane protagonista Lee Holloway affetta da pratiche autolesioniste, che derivano dalla sua incapacità nello gestire lo stress, generato da una situazione familiare allo scatafascio, per via di un padre alcolista ed una madre ossessiva quanto asfissiante nei suoi confronti.
Non c’è spettacolarizzazione o spirito finto alternativo in ciò; i danni che la ragazza si auto-infligge sono ben visibili sulla pelle, arrivando ad un punto di non ritorno. Restare tutto il giorno in quella casa non le porterà altro che ad un autolesionismo autodistruttivo, che troverà una sana valvola di sfogo positiva, nella contorta relazione instaurata con il suo capo ed avvocato Edward Grey. La cosa più rimarchevole di questo film, concerne l’uso “terapeutico” delle pratiche di sottomissione e BDSM. Lee entrerà sempre più in contatto intimo con l’avvocato Grey (quello serio e non il budellone di Cinquanta Sfumature), il quale nonostante la sua indole perversa e lunatica, sarà a tutti gli effetti l’unica persona a comprendere il trauma interiore della ragazza.

La Recensione di Secretary: Il Piacere Erotico del Dolore nel Film di Steven Shainberg
Il dolore che sperimenterà Lee durante queste pratiche di sottomissione e dominazione, poteranno la ragazza a maturare in una donna auto-consapevole di sé stessa, nonché a godere eroticamente del dolore, in quanto frutto di piacere, abbandonandosi con gioia alle proprie pulsioni sessuali anti-conformiste.
Lo studio dell’avvocato è tutto un altro mondo rispetto al moralismo asfissiante imperante nel mondo esterno, intriso di un sensazionalismo “vetero-borghese” contro ogni cosa che vada contro il sentire comune; basta vedere il parallelismo tra Grey ed il fidanzato di Lee, Peter ex compagno di liceo della protagonista, timido e di buona famiglia, perfetto rappresentante di una normalità monotona, che a lungo andare uccide la persona facendola diventare un mero ingranaggio del sistema.
Grey è altrettanto introverso, però pur possedendo una personalità contorta essendo divisa tra l’indole yuppie in pubblico ed il sadismo nel privato, gli si riconosce una certa schiettezza, che manca sempre più nella società odierna, poiché ha il coraggio di dire quello che pensa, mettendo in pratica sfacciatamente la sua vera natura, innanzi alle donne incontrate.
Da antologia del genere, la sequenza della prima sculacciata “punitiva” ad una confusa e sbadata Lee, la quale ne trae sentito piacere come testimoniano i suoi multipli orgasmi, così come la successiva masturbazione della ragazza, che sfocia in una sequenza visionaria di piacere dove finalmente Lee riesce ad avere una prima consapevolezza sessuale di sé.
Sorretto da due interpreti in stato di grazia, un enigmatico James Spader, con una faccia che racchiude un insieme di emozioni stratificate (altro che il suo Ultron di spazzatura) ed una sensualissima Maggie Gyllenhaal, capace di andare oltre i suoi lineamenti non proprio aggraziati, sfoggiando un’aura sexy, tramite quei rossetti dai colori saturi e quelle calze valorizzano le sue magnifiche gambe, appena celate da una gonna, contenente a fatica le sue rotondità, rendendo a livello recitativo, credibile il suo personaggio in tutte le fasi della sua maturazione, sino a giungere ad uno sguardo di sfida lanciata rivolto allo spettatore, sfondando in modo sovversivo la quarta parete.
Una pellicola anti-moralista e che affronta l’argomento con sincerità, dando a tali pratiche un valore addirittura “curativo”; Secretary pur nei suoi scompensi ed i troppi finali che si affastellano, si pone come una pellicola sovversiva nei confronti della normalità borghese, per affrontare argomenti interessanti e su cui c’è ancora dopo 20 anni dalla sua uscita, un’ipocrita tabù moralista.
Efficace satira sulla moralità in materia sessuale o una provocazione troppo calcolata che mantiene meno di quello che promette? Il giudizio in proposito spetta al libero arbitrio del singolo spettatore, fatto sta che Secretary, si pone sicuramente tra i prodotti più interessanti usciti dal panorama indipendente americano del nuovo millennio.