Articolo pubblicato il 10 Ottobre 2022 da Paolo Innocenti
Dal 2021 in poi è iniziato il periodo del “Multiverso“, con più pellicole di casa Marvel pronte a farci conoscere dimensioni inesplorate, e svariate versioni di personaggi che già amavamo. Kevin Faige ha annunciato in pompa magna che per diversi anni ancora, fino al termine della “Fase 6“, si avrà a che fare con tale argomento. Sembra assurdo, ma nemmeno un anno dopo l’ottimo “Doctor Strange nel Multiverso della Follia“, di Sam Raimi, nelle sale cinematografiche può essere osservato “Everything Everywhere All at Once“, di Daniel Kwan e Daniel Scheinert, in arte i “The Daniels“, che esplora il tema del Multiverso al di là dei canoni supereroistici. Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Jonathan Ke Quan, Jenny Slate e Jamie Lee Curtis, sono alcuni dei protagonisti del film, mentre come produttori esecutivi – tornando a far riferimento al M.C.U – si possono trovare i Fratelli Russo. Ecco tutto ciò che c’è da sapere a proposito della recensione di Everywhere All at Once.

Trama di Everything All at Once, dei The Daniels
Nel grande successo al botteghino Everything All at Once ci sono diversi elementi che meritano di essere presi in considerazione nel dettaglio, a parte dalla trama del film. Nell’ambito della pellicola, ci si i sofferma sulla difficile vita travagliata di Evelyn, proprietaria di una lavanderia, ma sommersa da tasse e debiti da pagare, in procinto di divorziare per scelta dello stravagante marito, e con problemi relazionali con la figlia omosessuale, Joy, sempre oppressa da pensieri e pregiudizi.
Un giorno come tanti, durante una discussione con un’esattrice delle tasse, la protagonista assiste ad una spaccatura dimensionale improvvisa, vedendosi arrivare incontro una variante del marito proveniente da un’altra Terra, e sentendosi dire che il Mondo, per come lo si conosce, è in serio pericolo per una terribile minaccia, e che quindi lei sia l’unica in grado di ostacolarla, salvando vite e, soprattutto, il Multiverso stesso.
Il soggetto di Everything All at Once e gli errori del film

Nel periodo in cui nelle sale si può vedere come tratti l’amore Hirokazu Kore’Eda col suo splendido “Le Buone stelle – Broker“, risulta mal digeribile un polpettone indigesto e forzatamente derivativo e citazionistico come “Everything Everywhere All At Once” – già brutto e prolisso dal titolo – che si adopera per regalare continuamente un effetto wow, ma provocando invece sonori sbadigli.
I The Daniels promossi o bocciati?
La certezza è che come pellicola ha già diviso e continuerà a farlo, tra accaniti sostenitori e detrattori. Nel cinema – secondo chi scrive – non c’è niente di più brutto di un film che si autocompiace e che invece di sfruttare la semplicità dell’efficacia narrativa, si erge a innovativo, quando l’unica cosa che rinnova è la conferma della piattezza di idee. Meglio un film brutto che ci prova non riuscendoci, che una pellicola esosa ed estenuante che avrebbe tutte le carte in tavola per risultare bellissima, ma che gioca l’asso del narcisismo.