Dal “Disney + day”: Pinocchio, di Robert Zemeckis

Articolo pubblicato il 17 Settembre 2022 da wp_13928789

Disponibile globalmente sulla piattaforma streaming Disney + dall’8 settembre 2022, diretto da Robert Zemeckis (anche nelle vesti di produttore) e co-scritto insieme a Chris Weitz, è il riadattamento dell’omonimo film d’animazione del 1940, la colonna sonora è composta da Alan Silvestri e il montaggio è curato da Jesse Goldsmith. Il cast è composto da: Tom Hanks, Cynthia Erivo, Luke Evans, Joseph-Gordon Levitt, Lorraine Bracco, Keegan-Michael Key, Benjiamin Evan Ainsworth e Giuseppe Battiston.

Il filone dei live-action Disney ha da sempre generato correnti di pensiero molto varie e spesso l’una contro l’altra: per i più refrattari non sono altro che un segnale di crisi creativa, la concretizzazione dell’inutilità o un riciclaggio con l’unico scopo di generare profitto (strano per il cinema commerciale, vero?), mentre con l’arrivo della piattaforma invece l’obiettivo diventa la voluminosità del catalogo; altri invece hanno visto realizzarsi il proprio sogno di vedere i classici animati sotto una veste inedita o si sono beati nel respirare quell’effetto nostalgia che ormai ci sta accompagnando da molti anni. La domanda regina circolata in merito a questi prodotti è stata: “Ma hanno senso?”. Tale quesito genera a sua volta altre due correnti di pensiero contrapposte: i sostenitori della fedeltà assoluta contro chi invece vorrebbe dei cambiamenti proprio per acquisire quella sensatezza che pare mancare. Una risposta definitiva non potrà esserci probabilmente, ma una cosa è certa: i prodotti fatti bene hanno sempre senso…bisogna farli bene però. Con i live-action precedenti ci sono state non poche difficoltà o comunque evidenti limiti riscontrabili anche in pellicole firmate da grandi autori. In questo caso?

A livello generale non cambia nulla rispetto ai suoi predecessori, è un’operazione commerciale pienamente inserita nel solco già tracciato, indirizzato ad uno specifico target rientrando quindi in determinati canoni. Anche la struttura è in linea con quanto già abbiamo visto: una storia in gran parte fedele all’originale con l’aggiunta di alcuni personaggi, di alcune canzoni e modifiche in alcuni risvolti narrativi. Sul fronte dei cambiamenti dal punto di vista della riuscita, si viaggia a corrente alternata: il più convincente riguarda il destino finale di Pinocchio, poiché riflette sul connubio verità-materia e se questa corrispondenza sia veramente importante nello stabilire cosa sia reale e cosa non lo è, se sia l’aspetto esteriore a conferire l’autenticità dell’essere; altri invece risultano fini a loro stessi o addirittura fuori luogo, in particolare sia il perché Geppetto fabbrichi Pinocchio sia la sequenza sulla spiaggia cadono in soluzioni che toccano il ricatto emotivo per la loro smaccata intenzione di muovere le corde emotive dello spettatore. Inevitabilmente bisognava aspettarsi un processo di edulcorazione dato che in ottantadue anni di storia, il pubblico, soprattutto infantile, è cambiato e insieme a lui è cambiato il sistema educativo e l’approccio ai prodotti audiovisivi. Ciò è comprovato nella sequenza del “paese dei balocchi”: Pinocchio fin da subito trasmette la sensazione di essere trascinato in quell’ambiente, non è lui a sceglierlo, manca quel senso di accondiscendenza che l’illusione del divertimento dovrebbe generare in lui. A farne le spese è il rapporto con Lucignolo, un legame superficiale, senza che in essi germogli il più piccolo segno di amicizia.

La discontinuità regna sovrana dal punto di vista degli effetti visivi, per quanto riguarda i personaggi non umani godono di un design digitale accattivante, interagiscono bene tra di loro e si muovono in maniera naturale. La qualità cala rovinosamente per quanto riguarda la questione asini e balena: la trasformazione di Lucignolo perde tutto il fascino orrorifico di partenza poiché la qualità tecnica non è assolutamente adeguata; perciò, la sequenza non può essere credibile; stesso esito per quanto riguarda tutto l’atto svoltosi all’interno del mostro marino e la conseguente fuga, il grave errore sta nella durata eccessiva dato che fotogramma dopo fotogramma emergono con sempre più evidenza la pochezza visiva. Per fortuna dietro la macchina da presa c’è un autore in grado di dare brio e slancio alla narrazione e al ritmo, dimostrando la sua capacità di inquadrare al meglio la “prospettiva dei più piccoli”: il Grillo Parlante è reso protagonista anche in questa maniera, come lo erano i topi de Le streghe o le bambole di Benvenuti a Marwen.

P.S.

Per chi si aspettava commenti o considerazioni sui cambi etnici ha sbagliato pagina, chi vi scrive vive nel 2022

Voto:
2.5/5
Andrea Barone
3.5/5
Andrea Boggione
0/5
Christian D'Avanzo
0/5
Carlo Iarossi
0/5
Paolo Innocenti
2/5
Carmine Marzano
1.5/5
Alessio Minorenti
0/5
Paola Perri
3/5
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