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Pinocchio al cinema: Enzo D’Alò (2013)

L’iconico racconto di Carlo Collodi trova una nuova trasposizione cinematografica grazie ad Enzo D’Alò. Quale nuova identità è riuscito a dare alla favola che tutto il mondo conosce?

Presentato alla sessantanovesima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione: “Giornate degli Autori” e distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 21 febbraio 2013. Diretto e co-scritto (insieme ad Umberto Marino) da Enzo D’Alò, la colonna sonora è firmata da Lucio Dalla con le performance canore di Leda Battisti, Nada e Marco Alemanno. Nel cast vocale come “guest stars” vi sono: Rocco Papaleo, Paolo Ruffini, Andy Luotto e lo stesso Lucio Dalla. La pellicola ha ottenuto una candidatura nella categoria Miglior film d’animazione all’European Film Awards.

La trama di Pinocchio, diretto da Enzo D’Alò

Di seguito la trama ufficiale di Pinocchio, diretto da Enzo D’Alò:

 

“Un giorno il povero fabbricante di giocattoli Geppetto trova un cappo di pino, con il quale scolpisce un burattino che chiama Pinocchio. Geppetto è assai felice quando il burattino prende improvvisamente vita, ma Pinocchio si rivela essere un “figliolo” capriccioso, scapestrato e dalle idee sconsiderate.”

 

 

 

 

La recensione di Pinocchio, con le voci di Rocco Papaleo e Paolo Ruffini

L’ennesima trasposizione di una storia ormai collaudata risulta interessante se la peculiarità nasce grazie all’autore che la realizza. Enzo D’Alò ancora una volta si dimostra capace di riadattare a modo suo un’altra opera per bambini e ragazzi, comprovando di essere a proprio agio con la materia della genitorialità, della diversità e della crescita, oltre ad essere l’ultimo baluardo italiano di una tecnica che ormai nel nostro paese è completamente estinta. Un discorso comune con i tre lungometraggi precedenti può cominciare dalla caratteristica di ogni protagonista: a tutti e quattro mancano le figure genitoriali, per un motivo o per un altro e nel compiere il loro percorso incontreranno una nuova figura adulta che diverrà una nuova riferimento, nel caso di Francesco è la Befana, per Fifì è Zorba, per Momo è l’anziano Beppo. Anche per Pinocchio può valere questo discorso perché il suo essere è già vivo, si muove solo finché non troverà un ciocco di legno in cui incarnarsi.

 

 

Vi è un comune denominatore anche nelle figure adulte sopracitate: Geppetto e gli altri non hanno mai rivestito il ruolo di genitore, una situazione nuova, quasi sempre inaspettata e non cercata, che stravolge completamente l’esistenza, il vestirsi di un ruolo nuovo cambia le priorità e il proprio stile di vita. Molto interessante è il profilo dei vari cattivi: sono tali perché il loro obiettivo non è dare ma togliere, sottrarre ciò che per le persone, ed i bambini in particolare, è di più prezioso. Scarafoni sta per togliere la speranza ai bambini poveri di ricevere un dono per l’Epifania, i Signori Grigi vogliono controllare il tempo, i topi vogliono privare alla gabbianella la vita stessa, così il Gatto e la Volpe vogliono rubare gli zecchini, che per Pinocchio significano il suo riscatto davanti al padre, mentre i padroni del “Paese dei balocchi” vogliono privare ai malcapitati fanciulli la loro libertà.

 

 

 

 

Le tematiche di Pinocchio, con le musiche di Lucio Dalla

Il lungometraggio dimostra grande personalità dal punto di vista realizzativo: le scenografie e il design dei personaggi sono accattivanti e coloratissimi, emanando vitalità e intensità; l’animazione è fluida e ben realizzata, garantendo briosità ed un ritmo incalzante; orecchiabili le canzoni originali (il pezzo rap in pseudo-latino è veramente spassoso!); riesce sapientemente a trovare un equilibrio tra fedeltà all’opera di riferimento e accorgimenti funzionali (come la sequenza onirica della morte della fatina), non rinunciando ad essere inquietante quando serve. Non riesce tuttavia a sviluppare tutti gli elementi, dato sicuramente il limite di budget che non ha potuto garantire una durata maggiore, nonostante ciò, gli ottantacinque minuti a disposizione sono sfruttati a pieno. Una trasposizione ben riuscita, passata colpevolmente sotto silenzio, nella errata convinzione che la tecnica animata sia solo materia per l’estremo occidente e l’estremo oriente e che ormai ogni rivisitazione di questo racconto sia inutile o superflua. Da recuperare!

Voto:
4/5