Cerca
Close this search box.

Amadeus: La musica e il cinema

La musica è da sempre stata legata al cinema e ne è sempre stata parte integrante. Perfino prima dell’avvento del sonoro le pellicole erano comunque accompagnate da un’orchestra, o un pianista che suonavano dal vivo. Sarà anche per questo che i film che parlano di musica hanno, e avranno sempre, un fascino particolare, ed “Amadeus” è senza dubbio uno degli apici del genere.

Uscito nel 1984 e Tratto dall’omonima opera teatrale di Peter Shaffer (Anche sceneggiatore), con la regia dell’allora già premio Oscar per “Qualcuno volò sul nido de cuculo” Milos Forman, “Amadeus” segue la vita del compositore Wolfgang Amadeus Mozart ed in particolare della sua rivalità, presunta nella finzione letteraria, con il compositore legnaghese Antonio Salieri.

La pellicola, sebbene si prenda notevoli licenze e non brilli certo per attendibilità storica, si costituisce come un Biopic a tutto tondo, strutturato e completo. Un approfondito trattato sulle due figure storiche al centro della pellicola, sulla loro psicologia, sulle loro personalità e sul loro rapporto.

Fondamentale sarà l’apporto dei due attori protagonisti. Tom Hulce, che non a caso aveva recentemente preso parte ad “Animal House”, si cala in un Mozart scalmanato e dissacrante. Una vera e propria rockstar settecentesca, tormentata, viziosa e depravata, che brilla di un talento innato e sconfinato. Mentre F. Murray Abraham di contro, ci porta un Salieri rigoroso e austero che fa del duro lavoro la fonte del suo successo, simbolo dello status quo del mondo della musica che Mozart è venuto a sconvolgere. È una dinamica da scontro generazionale quella che si istaura tra i due, tra forma e anticonformismo, amplificata dalla forte componente religiosa di Salieri, costantemente tormentato dal suo riconoscere nel talento innato del rivale una evidente volontà divina che diventa motivo inevitabile di contrasto con quel Dio che sembra quasi prendersi gioco di lui. Sarà proprio dal suo racconto, intriso di rancore e disperazione, che prenderanno forma le immagini della nostra vicenda e saranno proprio i suoi monologhi da narratore a regalarci i momenti più emozionanti, significativi e ricchi di pathos della pellicola.

Forman con una regia pulita e rigorosa ci accompagna per quasi tre ore di film. Le scenografie, i costumi e il trucco sono curati alla perfezione, come ogni Biopic settecentesco che si rispetti, e l’uso di sole luci naturali donano alla pellicola un’atmosfera che non si vedeva dai tempi del “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick. Fondamentale l’apporto del montaggio che alterna sapientemente il racconto di Salieri, dai cui prende parte la storia, alle scene in flashback della vita dei due musicisti.

Ovviamente, però, la grande protagonista è la musica. L’intera pellicola è accompagnata da una ricercata scelta di opere di Mozart che a volte scorrono come semplice colonna sonora, a volte diventano parte integrante della storia e il cui susseguirsi da il ritmo e il tono a tutto il film.

C’è però una scena in particolare, di cui non si può non parlare, il climax di tutto, l’apice di “Amadeus” e una delle sequenze (mi prendo tutto l’onere di dirlo) più significative della storia del cinema: è la scena in cui Mozart, sul letto di morte, aiutato dal rivale Salieri, compone il Confutatis del suo Requiem e noi sentiamo comporsi quell’immenso capolavoro pezzo pezzo con le nostre orecchie come si sta formando nelle loro menti. Tutto è perfetto, la regia, l’uso delle luci, il montaggio, le due incredibili prove attoriali e il montaggio sonoro. Una sequenza che diventa la quinta essenza stessa del cinema e del suo rapporto indissolubile con la musica.

Carlo Iarossi