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“Il Grande Sonno”: il grande Noir

“Il Grande Sonno”, oltre ad essere un film del 1946, diretto da Howard Hawks, è quello che si dorme con la morte. E quando si dorme il grande sonno:

“non ci interessa più dove il nostro corpo sia sepolto e che cosa facciano gli altri”

dice il detective Philip Marlowe alla fine del romanzo di Raymond Chandler (da cui è tratto il film)

Ecco che l’eroe coraggioso e solo creato da Chandler è una delle figure più affascinanti della letteratura poliziesca, arricchita in questa interpretazione dal volto malinconico di Humphrey Bogart e dallo stile di Howard Hawks, che è il massimo maestro del cinema d’azione americano. Marlowe qui viene arruolato per un ricatto, ma poi decide di indagare per conto proprio su Sean Reagan, un giovane scomparso nel nulla, e scopre una rete intricatissima di ricatti, omicidi, droga, prostituzione, furti e bische clandestine. La storia, quasi incomprensibile dopo una prima visione, nasce dalla fusione di due racconti diversi che Chandler mescolò ottenendo uno straordinario intreccio, metafora del caos del mondo metropolitano moderno in cui tutto si mescola con tutto.

The Big Sleep (1946) Directed by Howard Hawks Shown: Lauren Bacall, Humphrey Bogart

L’azione nel film di Hawks non conosce un attimo di sosta, ma questo è un suo tratto caratteristico. Il montaggio trasparente (tipico del cinema classico) ci conduce da una scoperta all’altra, da un morto all’altro, senza un momento di tregua. Marlowe, con l’eterna sigaretta in bocca, indice della sua solitudine e della sua durezza, viene picchiato, legato, minacciato in tutti i modi, ma non lascia mai la presa e nell’ultima memorabile scena lo vediamo tremare di paura e di rabbia mentre sfida Eddie Mars, il capo del racket. Hawks è il regista della massima limpidezza e trasparenza, il suo cinema è talmente perfetto da essere invisibile e lasciare solo gli uomini e l’azione: sa coniugare la soggettiva con l’oggettiva nella misura esatta, sa passare da un’inquadratura all’altra fino alla fine senza mai allentare la tensione narrativa, evita i tempi morti, le battute inutili, riduce i dialoghi all’essenziale, limita i movimenti di macchina alla necessità narrativa. Tutte qualità da grande regista di cinema classico hollywoodiano (anche qui c’è la classica inquadratura hawksiana in cui Vivian tratta con aria sarcastica Marlowe: campo e controcampo, l’amore nasce come sfida tra i sessi), ma il suo virtuosismo lo porta a fare anche del cinema dentro il cinema, naturalmente in maniera nascosta, giocando con le ombre dei personaggi dall’inizio alla fine. Lo vediamo nel famoso incipit, dove due ombre, un uomo (Humphrey Bogart) e una donna (Lauren Bacall), proiettate su un vetro, compiono il gesto più mitico di tutto il film: accendere una sigaretta. Tra l’altro il titolo del film compare sopra le silhouettes dei due personaggi proprio mentre l’accendono, delineando subito l’atmosfera del genere noir, un mono di ombre, contrasti violenti, forte tensione (tutti elementi presenti poi nel film, ovviamente).

Altra scena in cui Hawks attua questo gioco di ombre, è l’uccisione del povero Jones, a cui Marlowe assiste da dietro una vetrata, guardando come noi le ombre della vittima e quella gigantesca dell’assassino. Qui, noi spettatori, siamo accanto a lui e guardiamo con i suoi occhi, ma nello stesso tempo ne siamo al di fuori e lo vediamo impaurito, mentre si nasconde. Quello appena descritto è anche sapiente utilizzo del narratore onnisciente, in quanto Bogart spia di nascosto il dialogo tra killer e vittima, poi la macchina da presa si sposta e ci permette di vedere quello che Bogart sospettava un attimo prima (Jones è stato avvelenato!).

Il finale è diventato iconico, soprattutto la scena in cui Marlowe costringe il viscido e ipocrita Eddie Mars a farsi uccidere dai suoi stessi complici. La trama-ragnatela viene sciolta, e noi spettatori potremmo ancora farci qualche domanda, poiché come si diceva prima, ad una prima visione difficilmente sarà tutto chiaro.. ma non è questo l’importante. La cosa fondamentale è che, “Il Grande Sonno”, per tutte queste ragioni, è tra i capisaldi del noir e del cinema classico, senza per forza badare troppo alla trama!

Christian D’Avanzo